Condominio

Condominio, la rivoluzione del giudice di pace

di Augusto Cirla, Cristiano Dell’Oste e Saverio Fossati

Dalla nomina del nuovo amministratore alla contestazione di lavori che danneggiano il decoro dell’edificio, il contenzioso condominiale è destinato a traslocare dal tribunale al giudice di pace. Spesso senza neppure il discrimine basato sul valore della lite, che oggi riguarda molte cause, come ad esempio l’impugnazione delle delibere assunte dall’assemblea.

Lo schema di decreto legislativo attuativo della legge delega 57/2016 – adottato in prima lettura lo scorso 5 maggio dal Consiglio dei ministri – scarica sui magistrati onorari un numero imprecisato (ma comunque a cinque zeri) di cause condominiali. E le polemiche tra gli operatori si sono accese subito, anche se il testo prevede che la nuova competenza si applicherà solamente ai procedimenti civili contenziosi e di volontaria giurisdizione introdotti dal 30 ottobre 2021.

La norma, che ha dato corpo a una disposizione piuttosto breve e generica (di un paio di righe), stabilisce che i tribunali non dovranno più occuparsi delle cause attinenti agli articoli del Codice civile (1117-1139) e delle disposizioni di attuazione (61-72) espressamente dedicati al condominio.

Ci saranno quattro anni per adattarsi e digerire il contenzioso, ma il nuovo carico di lavoro non mancherà di creare problemi. Soprattutto per le cause contrassegnate dall’urgenza, piuttosto frequenti in ambito condominiale. E proprio dall’urgenza si può partire per una prima considerazione: il frequente ricorso all’articolo 700 del Codice di procedura civile nel contenzioso condominiale resterà in capo ai tribunali, che quindi dovranno sempre essere dotati di magistrati preparati in materia (per uno schema riassuntivo di vecchie enuove competenze cliccare qui).

Ma il primo, grosso scoglio su cui potrebbe arenarsi la riforma, che almeno nelle intenzioni vorrebbe rendere più snello l’iter della giustizia in un settore tanto “popolare” e diffuso, sarà proprio quello delle competenze. Il mondo del condominio, infatti, ruota intorno a problemi molto reali, che di regola si connettono a questioni trattate in altre parti del Codice civile, come appalti, contratti in generale, locazioni, diritti reali, servitù. Che non sempre toccheranno ai giudici di pace, neppure dopo la riforma. Senza dimenticare le cause di vicinato che non coinvolgono direttamente - o magari non da subito - il condominio, come la richiesta di risarcimento da un condomino a un altro in occasione di lavori in un appartamento: dal 2021 si continuerà a finire davanti al giudice di pace o al tribunale a seconda del valore della lite, anche se la soglia passerà da 5mila a 30mila euro.

Più chiari appaiono invece i confini quando il condominio, per così dire, è evidentemente “prevalente”. Ad esempio, se oggi il condomino che si è distaccato dall’impianto di riscaldamento centralizzato non paga le spese per la sua conservazione, ci si deve rivolgere al giudice di pace per importi fino a 5mila euro e al tribunale per cifre superiori. Con la riforma, si andrà sempre dal giudice di pace, e così pure per l’impugnazione delle delibere e il risarcimento dei danni da infiltrazioni da un piano all’altro.

Purtroppo questa architettura, come in un disegno di Escher, minaccia di attorcigliarsi nella spirale delle competenze: perché è evidente che alla prima occasione la strategia processuale del convenuto mirerà a porre in dubbio la competenza del giudice di pace, o all’occorrenza anche quella del tribunale, rallentando così il contenzioso e impegnando altri magistrati. Il che è esattamente l’opposto dello scopo della legge 57/2016.

Sullo schema di decreto dovranno ora esprimere parere non vincolante il Csm e le commissioni del Senato e della Camera (entro il 10 giugno), poi il Consiglio dei ministri dovrà adottare il decreto in via definitiva entro il 13 luglio. Dopodiché, nei due anni successivi all’entrata in vigore del decreto attuativo, il Governo potrà eventualmente intervenire con un correttivo, seguendo lo stesso iter.

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