Condominio

I poteri dell’amministratore: quando può stare in giudizio a nome del condominio

di Enrico Morello

Da tempo si discute sui limiti dei poteri dell'amministratore di condominio di agire in giudizio, in difesa dei diritti del condominio, senza prima aver ottenuto il parere favorevole della assemblea.
In proposito la Cassazione (sentenza 3044/2009) aveva già fissato molto chiaramente il seguente principio: l'amministratore di condominio ai sensi dell'art. 1131 c.c. ha rappresentanza processuale (e quindi non deve adire precedentemente l'assemblea) quando si tratti di azioni che non esulino dagli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio, rientranti tra le attribuzioni dell'amministratore ai sensi dell'art. 1130 c.c..
Nel caso specifico esaminato in quella occasione dalla Corte, in virtù di tale principio si era infatti ritenuto che l'amministratore potesse agire in giudizio (come effettivamente aveva fatto) senza previo parere dell'assemblea in quanto l'azione proposta era relativa allo stato di godimento della cosa comune e non importava una possibile disposizione della stessa, «non trattandosi né di azione petitoria in senso stretto, né di di actio negatoria servitutis.».
In sostanza l'amministratore può agire in giudizio per tutelare il miglior utilizzo del diritto condominiale, ma non può viceversa non richiedere il parere vincolante dell'assemblea quando si tratti di giudizi nei quali la stessa esistenza di questo diritto è posta in discussione.
Identico principio di diritto è stato ribadito molto più recentemente dalla cassazione con sentenza 23890/2016, ove è stata giudicata corretta l'iniziativa processuale intrapresa, senza preventivo parere dell'assemblea, dall'amministratore richiedendo al tribunale la condanna alla rimozione di un manufatto posto da un singolo condomino sulle parti comuni.
In questo caso, la Corte ha osservato come trattandosi di instaurare un giudizio per la rimozione delle opere «la previa delibera autorizzativa ad litem da parte dell'assemblea condominiale non era necessaria» in quanto tale atto “è diretto alla conservazione dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edifico.
A questo punto dovrebbero essere ancora più chiari i limiti, secondo la Cassazione, entro i quali l'amministratore può “muoversi” in giudizio, sia come parte (il condominio, ndr) attrice che come parte convenuta, di propria iniziativa e senza prima adire apposita assemblea.
Con altra sentenza molto recente (decisione n.° 16260/2016), nel circoscrivere ancor più chiaramente il proprio orientamento, la Suprema corte aveva (si trattava di un opposizione a decreto ingiuntivo proposta dall'amministratore nei confronti di un decreto di condanna verso il condominio a pagare una determinata somma) precisato che «è corretto …sostenere che l'amministratore di condominio può proporre opposizione a decreto ingiuntivo, e altresì impugnare la relativa decisione del giudice di primo grado, senza necessità di autorizzazione o ratifica dell'assemblea, nelle controversie aventi ad oggetto il pagamento preteso nei confronti del condominio dal terzo creditore in adempimento di obbligazione assunta dal medesimo amministratore nell'esercizio delle sue attribuzioni in rappresentanza dei partecipanti, ovvero dando esecuzione a deliberazione dell'assemblea o erogando le spese occorrenti per la manutenzione delle parti comuni o per l'esercizio dei servizi condominiali, e quindi nei limi di cui all'art.1130 c.c.».
Del resto, come ben ricordato dalla Cassazione nella sentenza da ultimo citata, l'amministratore non è titolare di una legittimazione ex lege passiva illimitata nei confronti del condominio dal quale riceve mandato. Il che significa che egli potrà agire in giudizio senza delega assembleare solo ed esclusivamente nei limiti delle sue attribuzioni così come delimitate dall'art. 1130 c.c.
Per completezza, si ricorda anche come la previsione di cui all'art. 1131 c.c. (che riguarda la possibilità di convenire in giudizio il solo amministratore per qualunque azione concernente le parti comuni dell'edificio), viceversa, ha lo scopo di facilitare i terzi nell'evocazione in giudizio del condominio, consentendo loro di notificare al solo amministratore l'atto di citazione. L'amministratore, una volta ricevuto tale atto, necessiterà della autorizzazione (o della ratifica assemblare) per la costituzione in giudizio solo per quanto riguarda le cause che esorbitano dalla sue attribuzioni ai sensi dell'art. 1131 c.c. commi 2 e 3.

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