Condominio

Carburante nel box? Va denunciato ai vigili del fuoco

di Luana Tagliolini

Commette il reato di cui all'articolo 679 codice penale per «omessa denuncia di materie esplodenti» chi detiene carburante nel garage situato all'interno di un condominio senza le dovute autorizzazioni dei vigili del fuoco.
Il principio è stato applicato di recente dalla Corte di Cassazione (sentenza n. 13201/2017) la quale respingeva il ricorso di un condòmino che era stato condannato dal Tribunale per violazione dell'articolo 679 codice penale e dell'articolo 20 del d. lgs. n. 139/2006.
Il ricorrente, infatti, aveva installato una cisterna di gasolio agricolo per autotrazione all'interno di una autorimessa situata in uno stabile condominiale, senza aver preventivamente denunciato, ai vigili del fuoco, la detenzione del materiale infiammabile e pericoloso e richiesto ed ottenuto il certificato di prevenzione incendi.
Sosteneva il ricorrente che anche qualora la capienza della cisterna fosse superiore al limite legale non sussisterebbe per il detentore del liquido infiammabile l'obbligo di munirsi del CPI potendosi applicare la procedura semplificata dell'autocertificazione secondo il modello c.d. “SCIA”.
La Corte Suprema sosteneva, invece, che era stato dimostrato che la capienza della cisterna era necessariamente essere superiore al limite stabilito dalla legge e precisava che, stante l'inapplicabilità del DPR n. 151/2011 perché non ancora in vigore al momento del condotta ascritta al ricorrente, era di dovere richiamare l'articolo 20 del d. lgs n. 136/2006 il quale dispone «che chiunque, in qualità di titolare di una delle attività soggette al rilascio del certificato di prevenzione incendi, ometta di richiedere il rilascio o il rinnovo del certificato medesimo è punito con l'arresto o con l'ammenda … quando si tratta di attività che comportano la detenzione e l'impiego di prodotti infiammabili incendiabili o esplodenti, da cui derivano in caso di incendio gravi pericoli per l'incolumità della vita e dei beni, (...)».
Ora, poiché il condomino necessitava del CPI di cui risultava sprovvisto e, in realtà, non era mai richiesto, respingeva il suo ricorso e lo condannava alla refusione delle spese in favore del condominio.
La fattispecie in esame non ha solo un rilievo penale ma anche un rilievo civilistico.
Anche nella normativa condominiale sussistono limiti all'uso dei beni privati al fine di evitare che un uso sregolato possa causare danni agli altri condomini, ai rispettivi beni privati o alle parti comuni, rilevanti non solo sotto l'aspetto estetico e statico ma anche, e soprattutto, sotto il profilo della sicurezza.
L'articolo 1122 codice civile dispone che il condomino, nell'unità immobiliare di sua proprietà ovvero nelle parti normalmente destinate all'uso comune, che siano state attribuite in proprietà esclusiva o destinate all'uso individuale, «non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni ovvero determinino pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell'edificio».

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