Condominio

Così la «staffetta» tra i professionisti

di Marco Panzarella e Silvio Rezzonico

Fra i motivi che determinano la cessazione del ruolo di amministratore vi è anche quello del mancato rinnovo del contratto di mandato. Ciò non significa, però, che alla scadenza dell’accordo l’amministratore debba abbandonare immediatamente il suo ruolo. Al contrario, continua a svolgere le sue funzioni fino al momento in cui l’assemblea o il giudice non procedano con la nomina di un nuovo professionista. Questo periodo, definito prorogatio, in certi casi può dilatarsi nel tempo, soprattutto nei supercondomini, dove il computo delle maggioranze necessarie per la nomina, la riconferma o la revoca è piuttosto complicato o nei condomìni di seconde case, dove abitualmente i proprietari risiedono in posti lontani rispetto al luogo in cui è situato l’immobile. In casi simili, l’amministratore uscente resta in carica finché non si trova il sostituto, mantenendo tutti le sue funzioni. Su quest’ultimo punto, in passato, la Cassazione ha più volte ribadito che l’amministratore in carica pro tempore mantiene le stesse responsabilità e gli stessi poteri attribuiti al professionista regolarmente eletto, compreso quello di gestire gli appalti per opere straordinarie in condominio o di rappresentarlo in giudizio.

A questo proposito, dopo la riforma del condominio, il novellato articolo 1129, comma 8, del Codice civile, prevede che alla cessazione dell’incarico l’amministratore debba consegnare tutta la documentazione in suo possesso afferente al condominio e ai singoli condomini ed eseguire le attività urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni, senza diritto ad ulteriori compensi. Questa nuova disposizione ha indotto alcuni a ritenere che in regime di prorogatio l’amministratore non sia più dotato di poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione, ma debba limitarsi a compiere quelle attività che, secondo il criterio del buon padre di famiglia sancito dalle norme sul mandato, si rivelino urgenti e improrogabili ai fini della conservazione della cosa comune.

La prorogatio dell’amministratore non è comunque inevitabile; al contrario, l’assemblea può deliberare l’esonero immediato di ogni obbligo e responsabilità, fissando il termine entro il quale il professionista deve consegnare gli atti e i documenti di gestione.

Una volta nominato il nuovo amministratore, quello uscente è tenuto a consegnare al successore, a titolo gratuito, tutta la documentazione afferente il condominio. Lo stabilisce l’articolo 1129 ma anche le regole sul mandato, in particolare l’articolo 1713 del Codice civile, secondo cui «il mandatario deve rendere al mandante il conto del suo operato e rimettergli tutto ciò che ha ricevuto a causa del mandato»”.

Può accadere, però, soprattutto quando il rapporto tra il condominio e l’amministratore si sia chiuso bruscamente, che il professionista, per indolenza o altri motivi, non consegni tutta la documentazione al suo successore. In tal caso, il nuovo amministratore può agire giudizialmente, senza l’autorizzazione dell’assemblea, anche in sede di urgenza, essendo la documentazione condominiale un presupposto necessario per l’espletamento del suo mandato. La Cassazione (sentenza 3 dicembre 1999, n. 13504) ha tra l’altro precisato che l’ex amministratore non può trattenere i documenti anche nel caso in cui non sia stato ancora rimborsato delle somme anticipate per conto del condominio, in quanto non vi è alcuna corrispettività o interdipendenza tra le prestazioni, originate da titoli diversi.

Oltre all’elenco dei condòmini, l’ex amministratore deve consegnare al successore il regolamento condominiale, l’inventario dei beni comuni, la pianta dell’edificio, gli atti relativi alla convocazione dell’assemblea, il registro dei verbali, i documenti contabili (libro cassa, libro spese, libro spese individuali), i contratti e le certificazioni aggiornate degli impianti comuni.

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