Condominio

Ascensori, verifiche più attente

di Saverio Fossati

Per l’utente non cambia nulla ma per committenti, proprietari e imprese cambia qualcosa dopo l’entrata in vigore, giovedì scorso, del nuovo Dpr ascensori (23/2017, pubblicato sulla «Gazzetta Ufficiale »del 15 marzo 2017). I principali aspetti per gli ascensori installati ante 1999 sono stati chiariti al convegno svoltosi a Padova il 6 marzo e organizzato da Anaci Padova. Vediamone alcuni.

Il primo cambiamento è sull’accordo fornitore-committente (impresa o amministratore che installa nuovo ascensore): prima c’era solo uno scambio d’informazioni generico, ora c’è un’elencazione precisa. Per esempio, condizioni ambientali (prima senza specificazioni): temperature, umidità, condizioni di sole e vento.

Altra cosa importante è lo «sbarco» in parti private; adesso (norma 81/20) è chiarito che se l’accesso avviene attraverso spazi privati va previsto l’accesso permanente di persone del soccorso, 24 ore al giorno. La norma 81/20 non dice come fare; al convegno viene suggerito che quando si va a formalizzare questo aspetto va affidata la custodia chiavi alla società che fa vigilanza. Nel caso, l’operatore telefona e si fa dare le chiavi (previ controlli), entra nell’appartamento e poi interviene. Ma se il proprietario dello spazio privato non dà la disponibilità all’accesso è possibile il fermo dell’ascensore, perché il rischio di mancato soccorso non viene eliminato.

Affrontata anche la spinosa questione della fermata al piano. Il dislivello, è stato spiegato, dipende da caldo-freddo, da quanta gente viene trasportata, dall’usura. I l rischio è tra quelli previsti dalla norma europea 81/80 (che individua e classifica i rischi), come la presenza della chiamata d’emergenza bidirezionale in cabina.

Si tratta di quegli aspetti che gli organismi di verificati rilevano, per esempio, nelle casa vacanza, poco usate, suggerendo che l’assemblea condominiale possa decidere di installare la chiamata. Costa 5-600 euro, più altri 30-40 euro l’anno.

Anche la luce d’emergenza, non obbligatoria per le installazioni ante 1999, è però importante per il panico o anche solo per evitare di restare al buio; e la mancanza è oggetto di segnalazione nelle verifiche, soprattutto dove ci sono anziani o dove comunque l’utenza va tutelata in modo speciale.

In ogni caso, gli organismi notificati mandano le segnalazioni all’amministratore e alla ditta di manutenzione, mentre la richiesta di fermo impianti viene mandata al Comune, unico a decidere.

Il salvataggio, poi, può essere fatto solo da persona sia competente che autorizzata. Quindi è anche possibile (ma non troppo consigliabile) che un volonteroso condòmino vada istruito dalla ditta e poi autorizzato, per iscritto.

L’Anacam segnala poi che per poter eseguire la manutenzione degli ascensori è necessario, sin dal 1951, possedere un’abilitazione rilasciata dalla Prefettura (Dpr 162/99). Tale obbligo è stato confermato dal recente Dpr 23/2017.

Tuttavia il Dl 95/2012 aveva soppresso proprio le commissioni di esame per manutentori di ascensori e montacarichi, istituite presso le prefetture (costo medio annuo per il bilancio dello Stato: 20mila euro!). Quindi, da oltre tre anni le prefetture non rilasciano più le abilitazioni, conosciute come “patentini” per ascensoristi. E le imprese di manutenzione sono oggi in grave difficoltà nel reperire personale abilitato.

Perciò, nello schema iniziale del Dpr 23/2017 era prevista la riattivazione delle commissioni, poi sparita nella versione finale. Sarà ora necessario, dice Anacam, che le commissioni prefettizie vengano riattivate attraverso un aatto avente forza di legge, perché le imprese del settore rischiano di non poter più eseguire la manutenzione degli impianti con la necessaria forza lavoro.

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