Condominio

Il condominio non può essere costretto a mantenere la rete idrica in cambio di un permesso

di Donato Palombella


Il Tar Sardegna bacchetta il Comune: il condominio che chiede all'amministrazione l'autorizzazione per installare delle sbarre necessarie a regolamentare l'accesso alla proprietà condominiale non può essere costretto, in ca,mbio dell’agognato permesso, ad assumersi gli oneri di manutenzione delle reti di distribuzione idrica e raccolta fognaria all'interno delle strade private della lottizzazione, oltre agli oneri di raccolta dei rifiuti solidi urbani.
La seconda sezione del Tar Sardegna, con la sentenza dell'8 marzo 2017 n. 168, ha dato torto al Comune chiarendo i rapporti nascenti dalla convenzione tra il Comune ed i lottizzanti. Il giudice amministrativo ricorda che dalla convenzione di lottizzazione derivano una serie di obblighi reciproci a favore ed a carico delle parti ovvero dell'amministrazione e del soggetto lottizzante. Quest'ultimo ha l'onere di realizzare le opere di urbanizzazione e di cederle gratuitamente al Comune; una volta che le opere siano state collaudate con esito favorevole e prese in carico dall'amministrazione, spettano a quest'ultima gli oneri di manutenzione.
La legge detta gli obblighi reciproci
Il Tar, richiamando alcuni precedenti giurisprudenziali ricorda «che -a i sensi dell'art. 28 della legge n. 1150/1942 - (…) l'acquisizione delle opere e delle relative aree è per il Comune obbligatoria quanto lo è la cessione delle stesse per la società lottizzante e ciò in quanto, oltre ad essere tassativamente previsto dalla legge nei termini sopra descritti, detto trasferimento è condizione necessaria affinché possa concretamente realizzarsi l'assetto del territorio cui sovrintende l'attività di pianificazione ed è, altresì, presupposto necessario affinché possano poi concretamente operare le norme nazionali e regionali vigenti in materia di corretta gestione dei servizi pubblici correlati alle opere di urbanizzazione, la cui titolarità il legislatore espressamente affida all'autorità amministrativa. (…) Del resto, la necessaria appartenenza alla mano pubblica delle opere di urbanizzazione (e delle aree su cui esse insistono), secondo il regime del patrimonio indisponibile (perché destinato a pubblico servizio, secondo lo schema di cui all'art. 826, comma 3, del codice civile), è principio assolutamente consolidato in giurisprudenza (TAR Sardegna, Sez. II, n.880/2011; ex multis, TAR Calabria, Catanzaro, Sez. I, 3 maggio 2011, n. 606; conformi TAR Puglia Bari, Sez. II, 1 luglio 2010, n. 2815; TAR Sardegna, Sez. II, 19 febbraio 2010, n. 187 e Sez. II, 21 agosto 2009, n. 1464; TAR Venezia, sentenza n. 1373/2004; Consiglio Stato, Sez. V, 15 marzo 2001, n. 1514) (...)».
I servizi pubblici ricadono nella competenza del Comune
Le opere di urbanizzazione (strade, pubblica illuminazione, acqua, fogna ecc) servono per rendere fruibili i beni ricadenti nel Piano di Lottizzazione; il costo della loro realizzazione, per ovvi motivi, deve essere posto a carico dei lottizzanti ovvero dei soggetti che, più degli altri, traggono utilità dalla realizzazione delle opere. Una volta che tali opere siano state realizzate, queste vengono ceduta al Comune su cui grava istituzionalmente il compito di garantire il corretto utilizzo di tutti i pubblici servizi in favore dei propri cittadini. La gestione dei pubblici servizi non può essere lasciata ai privati che, per forza di cose, agirebbero in chiave imprenditoriale e, spinti dalla necessità di generare utili e massimizzare i profitti, finirebbero per fornire al pubblico servizi di qualità inaccettabile o addirittura tali da mettere a repentaglio i diritti fondamentali dei cittadini. Il TAR, al riguardo, fornisce l'esempio della gestione del servizio idrico che, se affidato ai privati, potrebbe non garantire la potabilità delle acque. Per farla breve, le urbanizzazioni devono essere realizzate dai privati lottizzanti ed essere poi cedute al Comune che deve provvedere alla relativa gestione.
Gli effetti della cessione
Il Tar sottolinea un altro punto fondamentale. Una volta che le urbanizzazioni siano state realizzate, queste vengono collaudate e cedute gratuitamente al Comune. A seguito dell'intervenuta cessione, le opere vengono acquisite al patrimonio dell'Ente Locale, per cui è ovvio che debba essere l'amministrazione comunale a provvedere alla relativa manutenzione. Nel caso in esame, poi, la cessione in favore dell'amministrazione è intervenuta da oltre un ventennio cosicché i danni derivanti dall'omessa o insufficiente manutenzione non potrebbero che gravare sullo stesso Comune. Peraltro non si vede in base a quale titolo i ricorrenti potrebbero essere obbligati a sostenere gli oneri per la manutenzione di beni che non gli appartengono essendo entrati a far parte del patrimonio comunale.
Cambiando prospettiva le conclusioni possono cambiare
Abbiano appena visto che, per una serie di motivi, a seguito dell'intervenuta cessione delle opere in favore del Comune, queste entrano a far parte del patrimonio immobiliare dell'amministrazione per cui, conseguentemente, il privato non può essere obbligato a provvedere alla loro gestione. Nel caso in esame la lite viene innescata dalla domanda con cui ilcCondominio chiede al Comune di apporre delle sbarre di accesso per impedire che estranei entrino all'interno dell'area recintata. A questo punto, a modestissimo parere di chi scrive, la richiesta del Comune di subordinare l'autorizzazione all'onere di provvedere alla gestione delle urbanizzazioni, potrebbe avere un certo fondamento. Cerchiamo di chiarire il concetto. In linea di principio è certamente condivisibile la tesi che pone a carico dell'amministrazione comunale l'onere di provvedere alla gestione delle urbanizzazioni purché, queste, siano di uso pubblico. Nel momento in cui il Condominio nato dalla realizzazione dell'originario Piano di Lottizzazione diventa totalmente recintato e le aree rimangono ad esclusivo beneficio dei residenti, con esclusione i tutti gli altri cittadini, di fatto, tali aree cambiano la loro natura trasformandosi in “aree comuni private” e non più in “aree pubbliche”. In tale prospettiva, quindi, diventa ammissibile che la manutenzione delle infrastrutture sia addebitata esclusivamente ai soggetti che, in modo altrettanto esclusivo, traggono un vantaggio. Abbiamo anche un ulteriore elemento da porre sul piatto della bilancia. Il Condominio chiede di “sbarrare il passo” agli estranei. Apponendo delle sbarre per regolamentare l'accesso al complesso, ci si chiede come i mezzi comunali possano accedere alla proprietà recintata di uso esclusivo dei privati anche per le operazioni più comuni quali, per esempio, la raccolta dei rifiuti solidi urbani.
In conclusione, è vero che il Tar ha respinto la tesi avanzata dal Comune ma è altrettanto vero che i giudici conoscono solo quello che le parti sottopongono al loro giudizio. Ciò non vuol dire che, cambiando prospettiva e domanda, non si possa addivenire a soluzioni diametralmente opposte.

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