Condominio

Due criteri per il rischio sismico

di Dario Aquaro

Dal 1° marzo sono operativi i nuovi criteri di classificazione del rischio sismico degli edifici che rendono operativi i nuovi maxibonus fiscali per gli interventi antisismici. Il Dm firmato il 28 febbraio scorso dal ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio riporta le linee guida «per la classificazione del rischio sismico delle costruzioni» dando così attuazione alla legge di Bilancio 2017 (legge 232/2016, articolo 1, comma 2, lettera c). I maxibonus dal 70 all’85%, infatti, si ottengono solo se l’intervento che beneficia della detrazione permette di migliorare la classe di rischio di una o due posizioni. Come precisa lo stesso Dm (articolo 5, comma 2) le norme sono in vigore dal giorno seguente alla loro pubblicazione sul sito del ministero, cioè dal 1° marzo scorso.

Mutuando la scala dal sistema di certificazione energetica, il decreto individua otto classi di rischio che vanno da A+ (massima) a G (minima). Per determinare il livello di un edificio si possono seguire due metodi alternativi:

convenzionale;

semplificato (applicabile solo agli edifici in muratura).

Il metodo convenzionale può essere usato su qualsiasi edificio, si svolge secondo i normali criteri di analisi delle Norme tecniche di costruzione e consente di valutare la classe di rischio «sia nello stato di fatto sia nello stato conseguente all’eventuale intervento».

La classe sismica viene assegnata in funzione di due parametri:

l’indice di sicurezza della struttura (o anche indice di rischio, IS-V);

la Perdita annuale media attesa (Pam), che corrisponde al costo di riparazione dei danni provocati dagli eventi sismici durante la vita dell’edificio, diviso annualmente ed espresso in percentuale rispetto al costo di ricostruzione.

Una volta inquadrati i parametri Pam e IS-V in cui ricade l’edificio, la classe di rischio si individua prendendo la peggiore delle due: anche se – si legge nelle linee guida – tale livello non offre una rappresentazione corretta, «specie se i valori dei parametri che definiscono le due tipologie di classi (…) cadono in prossimità degli estremi degli intervalli».

La classe di rischio della singola unità immobiliare coincide con quella dell’intero edificio. Negli aggregati edilizi dove «l’individuazione dell’unità strutturale è più complessa», è però consentito far riferimento al metodo semplificato.

Il metodo semplificato si fonda su una classificazione macrosismica dell’edificio ed è indicato «per una valutazione speditiva della classe di rischio dei soli edifici in muratura». Può essere usato sia per una diagnosi preliminare indicativa, sia per attribuire la classe «in relazione all’adozione di interventi di tipo locale» (l’elenco è compreso nelle linee guida).

La classe di rischio assegnata in via semplificata rappresenta comunque una stima attendibile ma non sempre coerente con quella ottenuta con il metodo convenzionale.

Con il calcolo semplificato, la classe di rischio si determina a partire dalla Scala macrosimica europea (Ems), che individua sette tipologie di edifici in muratura e per ognuna fissa la classe di vulnerabilità (ce ne sono sei, da non confondersi con quelle di rischio).

Per definire la classe di rischio bisogna incrociare la classe di vulnerabilità con la «pericolosità del sito in cui è localizzato l’edificio», cioè la zona sismica di appartenenza(ex Ordinanza della presidenza del Consiglio dei ministri 3274 del 20 marzo 2003) sulla base della griglia riportata nelle linee guida.

Per mitigare il rischio sismico, i professionisti devono progettare interventi (con effetti sulla Pam e sull’indice IS-V) che possono interessare elementi strutturali e non. Quando si segue il metodo convenzionale, non è previsto alcun limite ai passaggi di classe dell’immobile.

Al contrario, con il metodo semplificato - impiegabile solo se si tratta di interventi di rafforzamento locale, riferiti alle murature (e indicati nel Dm) – è ammesso il “salto” di una sola classe. Indipendentemente da come si inquadrano le opere all’interno delle Norme tecniche (adeguamento, miglioramento o intervento locale), occorre sempre valutare il comportamento globale della costruzione. Anche se si eseguono lavori di rafforzamento locale, dunque, la verifica globale va comunque svolta, «senza in alcun modo incidere sulle procedure amministrative previste per tali interventi»: in questo caso, si potranno eseguire meno indagini rispetto a quelle previste dalle Norme tecniche.

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