Condominio

Se il bene non è «comune» ma in comunione l’amministratore che se ne occupa deve avere il sì di tutti

di Federico Ciaccafava

Il contratto con il quale l'amministratore di condominio intenda assumere l'obbligo dei partecipanti allo stesso di sostenere le spese relative ad un bene non rientrante tra le parti comuni (come un cancello elettrico in comunione tra tutti ma non facente parte delle parti comuni), oggetto della proprietà dei titolari delle singole unità immobiliari, a norma dell'art. 1117 cod. civ., suppone uno speciale mandato conferito all'amministratore da ciascuno dei condomini, ovvero la ratifica effettuata da ciascuno.
Lo ha ribadito la Corte di cassazione in una recente ordinanza (cfr., Cass. civ., Sez. VI, ordinanza 8 marzo 2016, n. 5833, Pres. Petitti, Relatore Antonio Scarpa). Infatti, specifica la decisione in esame, a norma dell'art. 1131 cod. civ., l'amministratore ha la rappresentanza dei condomini nei limiti delle sue attribuzioni stabilite dall'art. 1130 cod. civ. o dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condominio. Il limite della rappresentanza sostanziale dell'amministratore di condominio è pertanto costituito dall'inerenza dell'affare alle “parti comuni” dell'edificio.
Nel caso di specie, il giudice di legittimità, accogliendo il ricorso di un condominio, ha cassato con rinvio la pronuncia impugnata con la quale il tribunale di Bologna, in parziale riforma della sentenza pronunciata in primo grado dal giudice di pace, ritenuto il condominio inadempiente rispetto ad un accordo perfezionatosi in forma di comportamento concludente con una società a responsabilità limitata, lo aveva condannato al pagamento di una somma pari ad euro 468,91 oltre interessi. Tale somma veniva riconosciuta come dovuta dal condominio, a titolo di concorso, in proporzione di 5/11, nelle spese di manutenzione del cancello elettrico di accesso ad un vicolo, parzialmente coperto, di proprietà della società ed avente sbocco su una piazza utilizzato dai condomini del ricorrente condominio.
Secondo la Cassazione, il concorso dei condòmini agli oneri di manutenzione di un cancello elettrico utilizzato dai condomini medesimi per il transito su di un area di proprietà esclusiva di un terzo esige pertanto uno speciale mandato conferito all'amministratore condominiale da ciascuno dei condòmini, ovvero la ratifica del pari effettuata da ciascuno. Irrilevante si rivela invece la spendita della qualità di amministratore condominiale, trattandosi di verificare la sussistenza di un potere di rappresentanza convenzionale estraneo all'ambito di operatività degli artt. 1130 e 1131 cod. civ., disposizioni che, come è noto contengono la disciplina delle attribuzioni e della rappresentanza dell'amministratore condominiale.
In punto di rappresentanza processuale, ritenendo infondata l'eccezione di inammissibilità del ricorso formulata dalla difesa della società controricorrente, la decisione ha anche il pregio di ribadire il principio, già enunciato di recente (cfr., Cass. civ. n. 16260/2016), secondo il quale l'amministratore di condominio, senza necessità di autorizzazione o ratifica dell'assemblea, può costituirsi in giudizio, nonché impugnare le decisioni che vedano soccombente il condominio, per tutte le controversie che rientrino nell'ambito delle sue attribuzioni ex art. 1130 cod. civ., quali quelle aventi ad oggetto il pagamento preteso nei confronti del condominio da un terzo creditore in adempimento di un'obbligazione assunta dal medesimo amministratore per conto dei partecipanti, ovvero per dare esecuzione a delibere assembleari, erogare le spese occorrenti ai fini della manutenzione delle parti comuni o l'esercizio dei servizi condominiali.
Cassazione civile, Sez. VI, ordinanza 8 marzo 2017, n. 5823

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