Condominio

Partecipa alle assemblee il proprietario dei locali non censiti nelle tabelle millesimali

di Paolo Accoti


Può partecipare alle assemblee anche il proprietario dei locali non censiti nelle tabelle millesimali.
La qualità di condomino si assume nel momento in cui si diviene comproprietari di una delle parti comuni del fabbricato a prescindere dalla esistenza, o meno, delle tabelle millesimali che, pertanto, non risultano condizione necessaria per la legittima partecipazione alle assemblee di condominio.
Infatti le tabelle millesimali fungono da mero parametro per la quantificazione dell'obbligo di contribuzione alle spese che, tuttavia, sorge indipendentemente dalla presenza delle stesse in virtù dell'art. 1123 Cc a mente del quale, ciascun condominio è tenuto a contribuire alle spese in misura proporzionale al valore della rispettiva proprietà, salvo diversa convenzione adottata con il regolamento contrattuale di condominio.
Le tabelle millesimali, quindi, non costituiscono ragione diretta dell'obbligo contributivo del condomino – rinvenibile esclusivamente dalla legge – ed anche se agevolano lo svolgimento dell'assemblea condominiale, di certo non rappresentano un requisito di validità della stessa, le cui maggioranze, peraltro, sono sempre valutabili <<a posteriori>>.
Tanto ha stabilito la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4844, pubblicata in data 24 febbraio 2017, che ha ritenuto legittima la partecipazione all'assemblea condominiale del proprietario della mansarda ubicata nell'edificio condominiale non inclusa nelle tabelle millesimali.
Alcuni condòmini impugnavano la delibera assembleare di nomina dell'amministratore ritenendo non legittima la partecipazione, e l'esercizio del diritto di voto, del proprietario di un locale sottotetto successivamente trasformato in mansarda, previo cambio di destinazione d'uso, che non risultava censita nelle tabelle millesimali.
La domanda veniva accolta in primo grado ma sul gravame proposto dal condominio la Corte d'Appello di Torino riformava la sentenza, ritenendo valida la delibera assembleare in virtù del fatto che la qualità di condomino si acquisisce già con la proprietà di una unità immobiliare del fabbricato e, quindi, delle parti comuni.
La Suprema Corte, successivamente adita dai condòmini, condivide l'assunto della Corte di merito e, conseguentemente, rigetta il ricorso, pur apportando alcune correzioni alla motivazione della sentenza impugnata.
Conferma la stessa come <<la qualità di condomino si acquista nel momento in cui si diviene proprietari di parti comuni del fabbricato, a prescindere dall'esistenza o meno di una tabella millesimale, la cui natura ricognitiva ormai è fuori dubbio (v. per tutte Sez. U, Sentenza n. 18477 del 09/08/2010 Rv. 614401 che, nello stabilire la possibilità di approvare o sottoporre a revisione le tabelle millesimali a maggioranza qualificata di cui all'art. 1136, secondo comma, cod. civ ha precisato, tra l'altro, che la deliberazione di approvazione delle tabelle millesimali non si pone come fonte diretta dell'obbligo contributivo del condomino, che è nella legge prevista, ma solo come parametro di quantificazione dell'obbligo, determinato in base ad un valutazione tecnica)>>.
Evidenzia, così come già precisato dalla giurisprudenza di legittimità <<che il criterio di identificazione delle quote di partecipazione al condominio, derivando dal rapporto tra il valore dell'intero edificio e quello relativo alla proprietà del singolo, esiste prima ed indipendentemente dalla formazione della tabella dei millesimi - la cui esistenza, pertanto, non costituisce requisito di validità delle delibere assembleari - e consente sempre di valutare anche “a posteriori” in giudizio se le maggioranze richieste per la validità della costituzione dell'assemblea e delle relative deliberazioni siano state raggiunte, in quanto la tabella anzidetta agevola, ma non condiziona i lo svolgimento dell'assemblea e, in genere, la gestione del condominio (v. tra le varie, Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 17115 del 09/08/2011 Rv. 618924; Sez. 2, Sentenza n. 3264 del 17/02/2005 Rv. 579547)>>.
Ecco che allora, ritornando allo specifico caso, appare <<evidente che la mancata inclusione, allo stato, dell'unità mansardata del (… omissis …) nella tabella millesimale in vigore (situazione certamente singolare ma a cui ben poteva - e ben può - agevolmente porsi rimedio con lo strumento della revisione) non lo priva dei diritti a lui spettanti quale condomino tra cui, ovviamente e per quanto oggi interessa, quello di concorrere alla scelta dell'amministratore dell'edificio, né lo esonera di fatto dal contribuire alle spese di gestione o dal regolarizzare la sua posizione per il pregresso>>.
Non esiste, infatti, alcun connubio tra l'obbligo di contribuire alle spese comuni – in relazione a quanto stabilito nelle tabelle millesimali – e l'esercizio del diritto di voto, considerato che un tale obbligo è imposto dall'art. 1123 Cc, come altrettanto vera è la circostanza per cui non può applicarsi retroattivamente l'eventuale sentenza di revisione o modifica della tabella millesimale indispensabile, in caso di disaccordo, per includere nella stessa la mansarda di nuova costituzione e, conseguentemente, chiedere in virtù della medesima sentenza il versamento delle quote pregresse.
Tuttavia, i condòmini possono sempre ottenere la restituzione delle somme anticipate in precedenza a titolo di oneri condominiali nei confronti del proprietario della mansarda, ricorrendo all'istituto dell'indebito arricchimento previsto dall'art. 2041 Cc.

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