Condominio

Fonti di energia rinnovabile private ma sulle parti comuni

di Francesco Schena

La legge n. 220/2012 che ha novellato l'istituto del condominio, ha introdotto il nuovo art. 1122-bis dedicato, tra le altre cose, ai casi di installazione di impianti privati di produzione di energia da fonti rinnovabili sulle parti comuni del condominio.
Anche se l'argomento, per la sua rarità applicativa non ha ancora guadagnato gli onori di quella che gli addetti ai lavori chiamano “giurisprudenza consolidata”, proviamo a fare un'analisi circa l'applicazione in concreto della novità.
Da subito è rilevante registrare come la novella introduca il diritto del singolo all'installazione dell'impianto sulle parti comuni senza che al riguardo sia richiesto alcuna preventiva autorizzazione da parte del condominio, diritto, tuttavia, ben contemperato con altre e precise esigenze. Dunque, una delibera di diniego dovrà risultare adeguatamente motivata a tutela di un preciso interesse preminente della collettività condominiale.
Sul piano concreto la norma stabilisce come la superficie comune destinata ad alloggiare l'impianto debba essere munita di una idoneità – evidentemente tecnica – all'uso e dunque si tratterà per lo più di lastrici solari e tetti.
Inoltre, nel caso l'installazione dovesse richiedere la modificazione di parti comuni, l'interessato deve darne preventiva comunicazione all'Amministratore, precisando il contenuto specifico delle modificazioni necessarie e le relative modalità di esecuzione. A questo punto l'Amministratore ne informerà l'assemblea che potrà deliberare, con il voto della maggioranza degli intervenuti rappresentanti almeno i 2/3 del valore dell'edificio, la prescrizione di modalità alternative di esecuzione o imporre cautele al fine di evitare pregiudizi alla sicurezza e stabilità dell'edificio o lesioni al decoro architettonico.
Altro aspetto di interesse risiede nel potere dell'assemblea di procedere con la ripartizione degli spazi proprio per consentirne l'uso ai singoli interessati ed a sommesso avviso di chi scrive, questo è uno dei temi più difficili da attuarsi. La ripartizione degli spazi, infatti, deve tenere conto e salvaguardare le loro precedenti diverse forme di utilizzo previste dal regolamento o comunque semplicemente in atto dal comportamento continuo dei condòmini.
Ma c'è un ulteriore profilo di applicabilità della norma che non può sfuggire che è quello dato dal contemperamento dei principi di cui all'art. 1102 del codice civile.
Infatti, appare evidente che la ripartizione degli spazi – che vengono di fatto assegnati in uso esclusivo – debbano essere tali non solo da preservare gli usi in corso o previsti e salvaguardare le esigenze tecniche e di sicurezza degli impianti stessi, ma dovranno risultare possibili in un umero tale da consentire a tutti gli aventi diritto l'esercizio del pari diritto ed allo stesso modo. Una tale impossibilità, ovvero l'individuazione di spazi solo per alcuni a danno di altri parrebbe, pertanto, in palese contrasto con il parimenti uso di cui all'art. 1102 c.c..
Infine, ricordiamo come l'assemblea possa anche deliberare che l'interessato rilasci idonea garanzia per i danni che potrebbero eventualmente derivare dall'impianto esclusivo, garanzie, quindi, come una polizza di responsabilità civile.

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