Condominio

Tra soletta e travi lo spazio non è comune

di Augusto Cirla

Lo spazio tra le travi e la soletta non è comune : il proprietario di un’unità immobiliare non può occupare con propri manufatti la parte sottostante la sua soletta ed invadere lo spazio vuoto esistente tra questa e le travi lignee che la sorreggono. Questo spazio infatti non fa parte integrante del solaio e dunque non è in comunione tra i due appartamenti, l’uno sovrastante all’altro.

Così hanno deciso i giudici supremi della Cassazione con la sentenza n. 3893 pubblicata il 14 febbraio, stabilendo che detto spazio è una volumetria che può essere utilizzata solo da parte del proprietario del piano sottostante: così come il pavimento che si poggia sul solaio appartiene esclusivamente al proprietario dell’abitazione sovrastante, che lo può utilizzare come meglio crede, il volume invece esistente tra le travi e la soletta è parte del soffitto dell’unità sottostante e può dunque essere liberamente utilizzato dal proprietario di questa.

Era successo che a seguito di importanti lavori di ristrutturazione eseguiti in un appartamento, consistiti anche nella sostituzione dell’esistente solaio in legno con altro in latero-cemento, si era abbassato il livello del soffitto del locale sottostante. Il che aveva comportato l’invasione degli spazi vuoti tra l’originario solaio e le travi a vista su cui questo gravava.

S u tale presupposto i giudici di primo e secondo grado, pur riconoscendo l’avvenuto abbassamento della soletta, avevano escluso che ciò avesse comportato una diminuzione della volumetria del locale sottostante in quanto il nuovo solaio aveva occupato il solo comune spazio tra le travi lignee e lo spazio vuoto tra una trave e l’altra.

Di diverso avviso la Cassazione, che ha affermato che la comunione della soletta tra le due unità immobiliari, mentre si estende alle travi aventi la funzione di sostegno e che fanno parte della struttura portante del solaio, non va invece ad interessare lo spazio ricompreso tra queste ed il solaio stesso, che resta pertanto nella piena disponibilità del piano sottostante. Alla riduzione della volumetria del locale corrisponde naturalmente il diritto del suo proprietario di vedersi risarcito il danno, anche in relazione alla riduzione del valore del locale.

La questione risolta dalla Suprema Corte è di frequente ricorrenza nei casi in cui, nel procedere alla ristrutturazione delle cosiddette “abitazioni di ringhiera”, si ricavano all’interno di esse i servizi igienici dapprima esistenti solo in comune con altre abitazioni. Il minimo spessore delle solette in legno non lascia spazio alla posa di tubature, talché queste vengono spesso posizionate nell’intercapedine che si crea tra la soletta e la controsoffittatura che il proprietario della sottostante unità ha ben fissato sulle travi portanti. I problemi sorgono quando si decide di portare a vista la travatura che caratterizza il soffitto ed ecco che riappare tutto ciò che arbitrariamente è stato posizionato al di sotto della comune soletta. Da qui la decisione della Cassazione .

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