Condominio

Chiamarsi fuori dalle liti inutili

di Massimo Ginesi

L’intera vita condominiale si fonda sul principio espresso dall’articolo 1137 , 1° comma del Codice civile, che prevede l’obbligatorietà delle delibere assembleari per tutti i condomini.

Si tratta di norma che consente a una collettività di esprimere una volontà rappresentativa idonea a gestire unitariamente gli interessi comuni su base maggioritaria.

Il principio vede due sole eccezioni, l’una in tema di innovazioni (articolo 1121 del Codice civile ) e l’altra in tema di liti (articolo 1132 del Codice civile ). In tali casi il legislatore ha ritenuto di accordare la possibilità ai dissenzienti di sottrarsi al potere vincolante della delibera.

L’articolo 1132 del Codice civile prevede che il condomino, esprimendo dissenso da comunicare entro trenta giorni dalla delibera che decide di promuoverla o di resistervi, può separare la propria responsabilità da quella degli altri condomini in caso di soccombenza.

Il dissenso è atto recettizio che deve essere inviato all’amministratore ed è qualcosa in più rispetto al semplice voto contrario in assemblea, che ne è presupposto logico e giuridico ma che da solo non produce effetto dissociativo.

Le sentenza giurisprudenza hanno affermato che il dissenso non richiede la forma solenne che sembra richiamare la norma (notificazione) ma può essere espresso dall’assente e dal dissenziente entro trenta giorni dalla delibera, con comunicazione all’amministratore idonea a rendere incontrovertibile termine e contenuto (raccomandata, pec, consegna a mani).

La Cassazione (sentenza 13885/2014) ha anche affermato che il dissenso può trovare applicazione solo nelle cause che vedano quali parti il condominio e un terzo, non in quelle interne (ovvero fra condominio e uno o più condòmini); tra gli studiosi è invece diffusa la tesi che il dissenso possa riguardare anche queste ultime.

Una volta esercitato legittimamente il dissenso, la delibera che ponga a carico del dissenziente le spese di lite è affetta da nullità e non da semplice annullabilità (Cassazione, sentenza 11126/2006).

È ormai pacifico che il dissenso possa essere esercitato solo per quelle liti che vedano una deliberazione antecedente (o di successiva ratifica) e che, alla luce della sentenza della Cassazione 18331/2010 e della nuova formulazione dell’articolo 1131 del Codice civile, comprendono le controversie che esulano dai poteri dell’amministratore individuati dall’articolo 1130 del Codice civile, mentre per queste ultime può agire senza necessità di avallo assembleare.

Del resto lo stesso articolo 1132 del Codice civile lega il termine iniziale per esprimere il dissenso alla data della delibera e quindi la possibilità di esercitare il dissenso pare necessariamente ancorata alla sussistenza di una volontà assemblare espressa. Appare comunque ragionevole estendere tale facoltà anche a quelle liti che, pur rientrando nei poteri dell’amministratore, abbiano visto comunque una delibera legittimante.

I giudici hanno invece ritenuto non applicabile la norma se la lite venga conclusa da transazione, che vincolerà anche il dissenziente (Cassazione, sentenza 821/2014)

Resta invece notevolmente controversa la portata dello “scudo” predisposto dalla norma. La Cassazione ha sempre sostenuto la solaa rilevanza “interna” della norma (ossia l’impossibilità di opporre il dissenso direttamente al creditore, limitando i suoi effetti al diritto di regresso verso gli altri condomini), affermando che la stessa norma preservi solo dalle spese che il condominio è tenuto a pagare alla controparte, lasciando intatto l’obbligo per le spese sostenute dal condomino stesso per la propria difesa.

Le Sezioni Unite della Cassazione (sentenza 9138/2008) hanno però evidenziato anche la rilevanza “esterna” nei confronti del creditore dei criteri di riparto, rilevanza che sembra sussistere anche ora con il meccanismo di escussione previsto dal nuovo articolo 63 delle Disposizioni di attuazione del Codice civile. Per cui non vi sarebbe ragione per non riconoscere tale valenza anche all’articolo 1132 del Codice civile.

Allo stesso modo, se lo scopo della norma è quello di consentire al dissenziente di sottrarsi agli obblighi derivanti da una delibera che non condivide, tale esonero dovrebbe riguardare tutti gli obblighi derivanti da quella delibera e non solo le spese liquidate alla parte vittoriosa.

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