Condominio

Spese urgenti, la differenza tra comunione condominio

di Paolo Accoti

Per comprendere le differenze esistenti in relazione alle spese anticipate dal singolo partecipante alla comunione rispetto quelle anticipate dal partecipante al condominio, occorre fare riferimento a due norme del codice civile che disciplinano appunto le diverse fattispecie.
In materia di comunione la norma di riferimento è quella dettata dall'art. 1110 Cc, per il quale <<il partecipante che, in caso di trascuranza degli altri partecipanti o dell'amministratore, ha sostenuto spese necessarie per la conservazione della cosa comune, ha diritto al rimborso>>.
Pertanto, in tale ipotesi il diritto al rimborso delle spese sostenute dal singolo partecipante per la cosa comune, sorge nel momento in cui queste risultano necessitate dalla semplice <<trascuranza>> degli altri partecipanti alla comunione ovvero dell'amministratore della stessa.
Ecco che allora, la mera negligenza degli altri partecipanti alla comunione, legittima il comunista più diligente a prendersi cura del bene comune e, nel caso, ad ottenere dagli altri il rimborso delle spese effettuate in favore della comunione.
Viceversa, in ambito condominiale, la norma di riferimento è quella dettata dall'art. 1134 Cc, per cui <<il condomino che ha assunto la gestione delle parti comuni senza autorizzazione dell'amministratore o dell'assemblea non ha diritto al rimborso, salvo che si tratti di spesa urgente>>.
La suddetta norma, che impone una deroga alla prescrizione dell'art. 1130 Cc, prevede quindi una condizione aggiuntiva alla semplice <<trascuratezza>>: il consenso dell'amministratore ovvero dell'assemblea che, infatti, prima dell'eventuale anticipazione di spesa deve essere debitamente informata, fatta salva l'urgenza ovvero la necessità indifferibile nell'esecuzione delle opere di conservazione del bene comune.
Tanto ha stabilito la Corte di Cassazione in due sentenze gemelle, la n. 19022 e la n. 19023, entrambe pubblicate in data 27 settembre 2016.
Il giudice di legittimità è stato chiamato a decidere le sorti di due giudizi afferenti altrettante opposizioni a decreto ingiuntivo, emessi per il pagamento di somme di denaro che l'intimante riferiva di aver sostenuto per la manutenzione ordinaria e straordinaria di parti ed impianti comuni compresi in un complesso immobiliare costituito in condominio.
In virtù di ciò, pertanto, chiedeva il pagamento pro quota nei confronti di alcuni condòmini, i quali non ci stavano e proponevano opposizione avverso i predetti decreti ingiuntivi eccependo la mancata preventiva autorizzazione dell'amministratore o dell'assemblea e, comunque, la mancanza di urgenza nell'esecuzione dei lavori di manutenzione sulle parti comuni.
Le opposizioni veniva respinte sia in primo che secondo grado e, conseguentemente, dei giudizi veniva investita la Suprema Corte adita dagli opponenti che, tra l‘altro, eccepivano la violazione dell'art. 1134 Cc e il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Deducevano, infatti, come le parti comuni interessate ai lavori di manutenzione erano di fatto esclusivamente utilizzate dalla medesima società ingiungente esercente attività alberghiera e che, pertanto, le spese sostenute dalla società per il suo esclusivo godimento delle parti comuni, quali le spese di pulizia, sorveglianza, piccola manutenzione, acqua, energia elettrica, non erano perciò rimborsabili. A prescindere da ciò, le Corti di merito avrebbero comunque errato nel ritenere sussistente il requisito dell'urgenza della spesa, non necessitata da un evento improvviso, imprevedibile e gravemente dannoso per la cosa comune, per il quale quindi non sussisteva una facoltà di intervento diretto da parte del singolo condomino, ma solo un dovere di esortare l'assemblea per porre rimedio alla situazione creatasi.
La Corte di Cassazione accogli entrambi i ricorsi, cassando le relative sentenze e rinviando le cause, anche per la regolazione delle spese di giudizio, dinnanzi al Tribunale di Sassari, in persona di diverso giudicante.
Per motivare le anzidette decisioni la Suprema Corte rileva come la vicenda giudiziaria risulta analoga a quella già decisa dalla medesima con sentenza n. 20151/13.
Afferma quindi come <<in ordine alla rilevanza delle spese anticipate dal singolo condomino, l'art. 1134 c.c. fissa criteri particolari, in deroga al disposto dell'art. 1110 c.c., dettato in tema di comunione, che riconosce il diritto al rimborso in favore del comunista il quale ha anticipato le spese necessarie per la cosa comune nel caso di “trascuranza degli altri partecipanti e dell'amministratore”>>.
Tuttavia, allorquando ci si trova dinnanzi ad un condominio regolarmente costituito, occorre una condizione aggiuntiva atteso che <<la “trascuranza” degli altri partecipanti e dell'amministratore non è sufficiente. Il condomino non può, senza interpellare gli altri condomini e l'amministratore e, quindi, senza il loro consenso, provvedere alle spese per le cose comuni, salvo che si tratti di “spese urgenti” (Cass., Sez. Un,, 31 gennaio 2006, n. 2046; Cass., Sez. 2, 12 ottobre 2011, n. 21015)>>.
La Corte, quindi, va oltre dando una definizione di spese urgenti, vale a dire quelle che appaiono improrogabili e, comunque, necessarie ad evitare un potenziale pericolo per il bene comune, secondo la percezione e la diligenza tipica dell'uomo medio, tanto è vero che la stessa giunge ad affermare che <<il divieto per i singoli condomini di eseguire di propria iniziativa opere relative alle cose comuni cessa quando si tratta di opere urgenti, per tali intendendosi quelle che, secondo il criterio del buon padre di famiglia, appaiano indifferibili allo scopo di evitare un possibile, anche se non certo, nocumento alla cosa comune (Cass., Sez. 2, 6 dicembre 1984, n. 6400; Cass., Sez. 2, 26 marzo 2001, n. 4364), l'urgenza dovendo essere commisurata alla necessità di evitare che la cosa comune arrechi a sé o a terzi o alla stabilità dell'edificio un danno ragionevolmente imminente, ovvero alla necessità di restituire alla cosa comune la sua piena ed effettiva funzionalità (Cass., Sez. 2, 19 dicembre 2011, n. 27519; Cass., Sez. 6-2, 19 marzo 2012, n. 4330)>>.
Il giudice di legittimità, quindi, spiega anche la ratio dell'art. 1134 Cc, che è quella di reprimere sovrapposizioni tra i singoli condòmini e l'assemblea e, quindi, di evitare ingerenze dei primi nei compiti normativamente demandati all'organo collegiale interferenze che, magari, potrebbero portare ad abusi di spesa, considerato che peraltro esiste una specifica norma della comunione, chiaramente applicabile anche alla materia condominiale per l'esplicito richiamo operato dall'art. 1139 Cc, per cui per tutto quello non espressamente previsto dalle norme del condominio si rimanda alle norme della comunione in generale.
Ed infatti l'art. 1105 comma IV Cc, prevede che, in caso di inerzia o in difetto delle maggioranze necessarie ovvero nel caso di mancata esecuzione dei provvedimenti collegiali, ciascun partecipante può ricorrere all'autorità giudiziaria.
Tanto è vero che, sostiene la Corte di Cassazione, <<la disposizione dell'art. 1134 c.c., invero, è diretta ad impedire indebite e non strettamente indispensabili interferenze dei singoli partecipanti alla gestione del fabbricato riservata agli organi del condominio, essendo previsti dalle norme processuali strumenti alternativi (art. 1105 c.c., comma 4) al fine di ovviare alla inerzia nella adozione o nella esecuzione di provvedimenti non urgenti, ma tuttavia necessari per la conservazione ed il godimento dell'edificio (Cass., Sez. 2, 26 maggio 1993, n. 5914). Il diritto al rimborso in seguito all'attività gestoria, svolta dal singolo condomino in deroga alla competenza dell'assemblea e dell'amministratore, si giustifica, quindi, soltanto in ragione dell'urgenza delle spese (Cass., Sez. 2, 27 ottobre 1995, n. 11197; Cass., Sez. 6-2, 19 marzo 2012, n. 4330)>>.
Anche la giurisprudenza di merito è attestata sulla stessa lunghezza d'onda, atteso che che è invalso il principio per cui <<il divieto per i singoli condomini di eseguire di propria iniziativa opere relative alle cose comuni cessa quando si tratta di opere urgenti, intendendosi quelle la cui erogazione non può essere differita senza danno o pericolo di danno, secondo il criterio del buon padre di famiglia>> (Trib. Firenze, 19/09/2014; Trib. Genova, 22/05/2012; Trib. Monza, 10/04/2012).
Fermo restando il necessario carattere d'urgenza che devono rivestire i lavori di conservazione dei beni comuni, nel senso sopra visto, vi è da chiedersi quali sono le opere per cui, ai singoli condòmini – stante l'immanenza delle condizioni appena descritte – è consentita l'anticipazione delle spese.
La giurisprudenza ritiene che la nozione di spese urgenti, a cui l'art. 1134 Cc fa esplicito riferimento, deve interpretarsi in maniera elastica e con una certa larghezza, ricomprendendovi tutte le spese che comunque appaiono, secondo il criterio appena riferito del <<buon padre di famiglia>>, improcrastinabili, non fosse altro già allo scopo di evitare un possibile pericolo (Cass. 13418/2014).
Ecco che allora sono state ritenute legittime le spese urgenti sostenute dal singolo condòmini per l'eliminazione delle cause delle infiltrazioni prodotte dal deterioramento del pozzetto condominiale di raccolta delle acque piovane (Trib. Milano, 20/11/2012), per l'opera di consolidamento del fabbricato condominiale (Cass. 9743/2010), per il solaio insistente tra l'appartamento del piano superiore e quello del piano inferiore (Trib. Genova, 13/01/2009), per il rifacimento del tetto e dei solai (Cass. 5298/1998).
Fermo restando che l'assemblea, in relazione alle generali attribuzioni in materia di gestione del condominio conferite dalla legge e al suo innegabile potere di spesa, può sempre decidere di ratificare la spesa sostenuta senza preventiva autorizzazione dal singolo condomino, o anche dallo stesso amministratore, per i lavori eseguiti sulle parti comuni, ancorché gli stessi non rivestano quel carattere di indifferibilità ed urgenza sopra detto, sempre però con le maggioranze indicate dall'art. 1136 Cc.

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