Condominio

Informativa puntuale all’amministratore per le ristrutturazioni

di Marco Panzarella e Silvio Rezzonico

Da “Opere sulle parti dell’edificio di proprietà comune” a “Opere su parti di proprietà o uso individuale”. Un cambiamento sostanziale, a partire dalla rubrica, è stato apportato all’articolo 1122 del Codice civile dalla legge di riforma del condominio, n. 220/2012, in vigore dal 18 giugno 2013.

Nella nuova formulazione, l’articolo sembra affrontare con maggiore decisione la delicata questione dei lavori eseguiti dal singolo condomino all’interno della sua proprietà o sulle parti comuni che ha in uso esclusivo, estendendo la propria efficacia, oltre che alle parti di proprietà esclusive, anche a quelle «normalmente destinate all’uso comune che siano state attribuite in proprietà esclusiva o destinate all’uso individuale».

La notizia «preventiv

Secondo il Codice civile, «...il condomino non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni ovvero determinino pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell’edificio. In ogni caso, è data preventiva notizia all’amministratore che ne riferisce all’assemblea”.

Prima di entrare nel cuore della questione, è opportuno precisare che, in presenza di un regolamento contrattuale condominiale, valgono sempre le regole riportate in tale ultimo documento. Questo significa che se il testo vieta, ad esempio, le tende da sole sul balcone, l’unico modo per procedere con l’intervento è che tutti i condòmini si esprimano favorevolmente in assemblea o fuori dall’assemblea.

Detto ciò, in assenza di un regolamento contrattuale, o se lo stesso non pone specifici divieti, nel rispetto dei limiti ex articolo 1122 del Codice civile, il condomino è libero di eseguire le opere senza passare dall’assemblea, ma è tenuto a informare l’amministratore, che a sua volta riferirà agli altri condòmini. Quest’ultimo passaggio introdotto dal legislatore non è ben definito e lascia spazio a diverse interpretazioni. A creare confusione è soprattutto l’incipit dell’ultimo capoverso della norma, “in ogni caso”, che non chiarisce in quali situazioni sia davvero necessario avvisare l’amministratore. Applicando il buon senso, la comunicazione dovrebbe ritenersi superflua per gli interventi nelle proprietà esclusive che non rechino danno alle parti comuni e alle proprietà individuali di ciascun condomino. Ma la definizione di “danno”, soprattutto se riferita al decoro architettonico, non è univoca e quindi, per evitare problemi, è preferibile avvisare “in ogni caso” l’amministratore.

Altrettanto complicato è valutare cosa si intenda per “preventiva notizia”. Una semplice comunicazione orale o un rapporto dettagliato e comprensivo di documentazione? Anche qui la norma è carente e ci si deve affidare al buon senso. Così, se l’intervento implica un mutamento delle parti comuni, ad esempio l’apertura di un vano finestra, è consigliabile fornire all’amministratore più dati possibili, affinché possa riferire all’assemblea in maniera esaustiva. In tal modo, a lavori conclusi, si riducono le possibilità che un qualsiasi condomino possa ritenere l’opera inappropriata o pregiudizievole. La questione finirebbe dinanzi al giudice e questi potrebbe dar ragione al condomino dissenziente, obbligando chi ha eseguito l’intervento a ripristinare la situazione precedente, con un grave danno economico.

La trasformazione

Un caso controverso, che si può prendere a esempio, è quello della trasformazione del balcone in veranda. L’intervento, che consiste nel chiudere il volume compreso tra il piano di calpestio del balcone e la cornice sovrastante, è stato più volte ritenuto non lesivo del decoro dello stabile, non rappresentando una rilevante alterazione delle linee e dei volumi della facciata e delle sue caratteristiche architettoniche (Tribunale Milano 2 maggio 2002, n. 5203, e Cassazione 17 maggio 2001, n. 5365). La realizzazione della veranda rientra, fra l’altro, nei casi ipotizzati dall’articolo 1102 del Codice civile, secondo cui «...ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa».

Il vero ostacolo all’esecuzione dell’intervento riguarda spesso l’alterazione del decoro architettonico, che si configurerebbe qualora la veranda fosse realizzata in uno stile dissimile a quello dell’edificio. Anche in questo caso è preferibile, per chi esegue l’intervento, informare dettagliatamente l’amministratore.

Inoltre – anche se non è necessario ai fini della realizzazione dell’opera – per scongiurare problemi futuri, il condomino può chiedere all’amministratore di sottoporre la questione all’assemblea. Quest’ultima - salvo quanto disposto dall’articolo 1120, ultimo comma, del Codice civile, dettato in tema di innovazioni vietate - con la maggioranza ordinaria lo metterebbe al sicuro da eventuali ripensamenti di chi ha votato a favore. Resta il fatto che la trasformazione dev’essere compatibile con la normativa edilizia vigente nel Comune.

Un ultimo aspetto riguarda le responsabilità dell’amministratore, che, una volta ricevuta la comunicazione dal condomino, deve riferire in assemblea. Qualora ciò non avvenga, se l’intervento lede i diritti dei condòmini sulle parti comuni o sulle proprietà individuali di ciascun proprietario, è possibile addebitargli una grave irregolarità (a norma dell’articolo 1129 del Codice civile) e, comunque, una responsabilità contrattuale per violazione degli obblighi di mandato.

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