Condominio

Spazio agli orti «individuali» nel condominio

di Donato Palombella

Sarà la crisi, sarà il bisogno inconscio di ritrovare la naturalizza dei cibi sani, sta di fatto che gli orti si fanno sempre più strada in città e nei condomini, a dispetto delle campagne che vengono abbandonate. Volendo affrontare il problema degli orti in condominio, in linea di massima potremmo avere due possibilità: il caso in cui il singolo proprietario si crei un piccolo orto sul balcone o sul terrazzo ovvero il caso in cui un condòmino voglia gestire uno spazio in cui coltivare le verdure di stagione.
In primo luogo bisogna sfatare una diceria: per fa crescere i nostri ortaggi e aromi preferiti non occorrono necessariamente grandi estensioni, secondo gli esperti, il trucco consiste nel saper scegliere evitando le piante che richiedono ampi spazi (come le patate), concentrandosi su quelle più “risparmiose”. Carote, piselli, lattuga e fragole possono benissimo essere coltivati in un semplice vaso sul balcone. Le erbe aromatiche come basilico, salvia, menta e prezzemolo, poi, possono trovare posto sul davanzale o su una mensola della cucina unendo l'utile al dilettevole: non solo arredano, ma è comodissimo averle a portata di mano quando si cucina. Basta tagliare un ciuffetto di foglie a settimana per rinforzare le pianticelle e farle crescere folte e compatte.

Il giardino rientra tra i beni condominiali
Molti condomini hanno un giardino nel cortile interno o nello spazio tra la facciata e la pubblica via; questi spazi, normalmente, sono condominiali. Nella maggior parte dei casi i giardini condominiali sono ben curati e mantenuti, altre volte, per incuria, per la necessità di tagliare le spese o per altre ragioni, gli spazi comuni vengono trascurati e rimangono incolti.
L'articolo 1117 del codice civile, riscritto dalla recente riforma del condominio, contiene un elenco dei beni condominiali. Pur non trovando in questo elenco i giardini, essi rientrano certamente tra i beni comuni, si pensi che la Cassazione, anche ante riforma, riteneva che «…nel termine cortile possono ritenersi compresi anche i vari spazi liberi disposti esternamente alle facciate dell'edificio – quali gli spazi verdi – che, sebbene non menzionati espressamente nell'articolo 1117 del codice civile, vanno ritenuti comuni a norma della suddetta disposizione» (Cassazione, sentenza n. 7889 del 9 giugno 2000) con ciò equiparando il cortile condominiale al giardino.
Secondo l'articolo 1102 del codice civile – che disciplina l'uso della cosa comune – salvo diversa disciplina contenuta nel regolamento di condominio o nei titoli di acquisto, il singolo condòmino può utilizzare i beni comuni (e quindi anche il giardino) nel modo che ritiene più opportuno purché non ne alteri la destinazione d'uso e non impedisca agli altri condomini un eguale utilizzo.

L'orto modifica la destinazione d'uso
Possiamo realizzare un orto personale nel giardino condominiale? A questo punto la situazione si fa delicata e rispondere al quesito potrebbe non essere tanto semplice come sembra. Se il regolamento di condominio non fornisce alcuna indicazione su cosa coltivare nel “verde condominiale”, si ritiene che il singolo condòmino possa piantare, a propria cura e spesa, le piante che ritiene e, ipoteticamente, potrebbe anche ottenere dall'assemblea il riconoscimento delle spese sostenute ed anticipate. Ipoteticamente, quindi, il condòmino potrebbe decidere di piantare un salice piangente, un pino austriaco e, perché no, anche pomodori e radicchio. Sta di fatto, peraltro, che l'assemblea potrebbe apprezzare le piante ornamentali che abbelliscono il condomìnio ma potrebbe ritenere che gli ortaggi deturpino l'estetica del fabbricato. E' ovvio che vedere una magnolia che fa bella mostra si se nel cortile non è come vedere dei carciofi. Trasformare il giardino in un orto, inoltre, potrebbe essere interpretato come una modifica (vietata) nella destinazione d'uso. E allora come risolviamo il problema? Per evitare inutili attriti in condominio, che potrebbero sfociare nell'uso della carta bollata (peraltro estremamente costosa) la cosa migliore da fare è parlarne con l'amministratore di condominio, affrontare l'assemblea e chiedere l'autorizzazione preventiva. Non è detto che l'idea non venga apprezzata e che i vicini si lascino sfuggire di mano l'occasione di avere un po' di verdura di stagione fresca e senza antiparassitari.

Vietato utilizzare l'acqua potabile per innaffiare l'orto
Prima di installare un orto è opportuno informarsi sulla possibilità di utilizzare l'acqua potabile per uso irriguo. Potrebbero esserci dei precisi divieti in tal senso derivanti da norme comunali o di portata regionale. L'acqua è un bene pubblico esauribile il cui uso è assoggettato a regolamentazioni e a limitazioni per salvaguardare il pubblico interesse. I divieti scattano per far fronte alla sensibile riduzione della portata dei pozzi che alimentano i serbatoi d'accumulo dell'acquedotto comunale ed al rilevante incremento del normale consumo di acqua potabile nel periodo estivo. Così numerosi comuni corrono ai ripari ed emettono specifiche ordinanze che vietano “l'uso improprio” dell'acqua potabile, il che vuol dire che è vietato utilizzare l'acqua potabile per uso irriguo di orti e giardini privati, per lavare la macchina, per lavare aree private, riempire vasche e piscine private e per ogni altro utilizzo diverso dalle normali necessità domestiche.

Attenzione al contratto di fornitura dell'acqua
Volendo utilizzare l'acqua erogata dall'acquedotto per innaffiare l'orticello, occorre prestare attenzione per non cadere in un trabocchetto. I contratti di fornitura dell'acqua, in genere, mettono sotto controllo due elementi: il consumo dell'acqua e le quantità destinate ad essere riversate in fogna. Il consumo dell'acqua, in particolare, viene fatturato in base ai metri cubi consumati ed all'utilizzo dichiarato al momento di concludere il contratto. Se il condomìnio ha dichiarato che il consumo è per uso domestico, l'acqua non potrà essere utilizzata per usi diversi, sarà vietato, quindi, l'utilizzo da parte del locale a piano terra che, per esempio, eserciti l'attività di lavanderia e che dovrà dotarsi di un apposito contratto di fornitura e, per lo stesso motivo, sarà vietato l'uso irriguo. Altro problema da non sottovalutare è ciò che finisce in fogna o in falda. Nel caso in cui l'orticello venga installato su una superficie non permeabile come un terrazzo, occorre stabilire con precisione dove confluisca l'acqua di dilavamento evitando accuratamente di far confluire in fogna elementi vietati. Facciamo un esempio chiarificatore. Se concimiamo il nostro orticello o utilizziamo degli anticrittogramici (per esempio per eliminare la cocciniglia), tali elementi finiscono nel terreno. Innaffiando le pianticelle, una parte dell'acqua potrebbe riversarsi sulla pavimentazione del terrazzo e, per percolamento, andrà a finire in fogna trasportando residui vietati. Per risolvere il problema sarebbe necessario dotare i chiusini posti sul terrazzo di particolari accorgimenti (disabbiatore-disoleatore ecc) che, però, possono risultare particolarmente costosi. Quindi, prima di mettere le pianticelle sul terrazzo, occorre apprestare le dovute cautele.
La cosa non cambia se l'orticello viene coltivato in piena terra, anzi, in tale ipotesi la situazione si complica. Attraverso il percolamento, l'acqua finisce in falda per cui è possibile che le norme locali rendano necessaria una dichiarazione/asseverazione di un tecnico abilitato (geologo) che attesti, sotto la propria responsabilità, che l'orticello non crea problemi alla falda acquifera.

Configurabile l'ipotesi di furto ai danni del condominio?
Pensare di poter utilizzare l'acqua condominiale per irrigare l'orto potrebbe costare caro in quanto il condomìnio potrebbe ritenere che sia configurabile una ipotesi di “furto aggravato, continuato, di acqua potabile” ai propri danni. Non stiamo parlando di fantascienza, un caso simile è finito addirittura in cassazione (Cassazione civile, Sezione II, sent. n. 4623 del 22 febbraio 2013) per cui appare assurdo correre dei rischi simili e, prima di utilizzare le risorse idriche del condominio, bisogna necessariamente chiedere una esplicita autorizzazione all'assemblea e regolamentare me modalità di ripartizione delle spese.

Ancora sulla carta gli incentivi fiscali
Il regime fascista, promuovendo l'autarchia, spinse sull'acceleratore della produzione di grano che venne seminato nei posti più impensabili. Il nostro Governo, spinto da obiettivi certamente diversi, ha pensato di incentivare la realizzazione di giardini e orti privati utilizzando la leva fiscale. Il disegno di legge n. 1896 del 23 giugno 2015 “Misure di agevolazione fiscale per interventi di «sistemazione a verde» di aree scoperte di pertinenza delle unità immobiliari di proprietà privata” vorrebbe estendere i benefici fiscali sulle ristrutturazioni alla realizzazione di orti condominiali. L'idea di rendere detraibile (entro una certa fascia) i costi per chi cura e mantiene un giardino – spazio verde o orto – privato o per la gestione del verde condominiale, però, è rimasta sulla carta e non sembra aver avuto sviluppi. Evidentemente i concetti ispiratori del progetto che considera il verde privato quale “fattore essenziale di sviluppo e di miglioramento della qualità della vita“, e mira ad “incentivare la partecipazione dei cittadini alla cura e alla valorizzazione paesaggistica”, “combattere, nell'interesse collettivo, il degrado urbano e la deturpazione del paesaggio”, favorendo la progettazione del territorio urbano sembrano non essere destinati a fare breccia nel mondo politico.

USA e Giappone insegnano
Michelle Obama, moglie del Presidente USA, cavalcando il tema dell'EXPO 2015 ha lanciato la campagna “Let's Move!” che promuove l'utilizzo di cibo sano e nutriente da parte delle famiglie americane. Così va a finire che nel giardino della Casa Bianca spunta un orticello. In effetti, le indiscrezioni parlano di una coltivazione avviata dalla first lady nel 2009 per poi essere “promossa” in occasione dell'EXPO. A prescindere dalle strategie politiche, sta di fatto che viene lanciato un segnale forte. Occorre tener presente che anche il Giappone non scherza, per abituare la popolazione all'utilizzo di cibi sani e nutrienti, le mense delle scuole elementari servono prodotti a “chilometro zero”, spesso prodotti direttamente nell'orto della scuola. A questo punto, ci si chiede, perché noi italiani dovremmo essere da meno? In effetti anche nel Bel Paese le cose si muovono.

L'esperienza romana
A Roma la trasformazione di aree abbandonate, incolte o di risulta in “orti urbani” ha preso sempre più piede; si parla di oltre 150 aree trasformate dai cittadini che ne curano la realizzazione e manutenzione. Il punto distintivo dell'iniziativa è costituito dalla condivisione della gestione da parte di comuni cittadini o di associazioni. A San Lorenzo, quartiere abbastanza centrale, tre associazioni hanno realizzato un parco giochi, un orto e spazi per la convivialità. Alla Garbatella è stata recuperata un'area nelle vicinanze della sede della Regione per realizzare gli orti urbani comunitari. Sull'Ardeatina gli orti comunitari di EutOrto sono gestiti dai lavorati ex-Eutelia. A Prato Fiorito, una cooperativa sociale ha installato una vigna, i ricavi vengono investiti per sostenere progetti nei paesi del terzo mondo. All'Acrobax è stato realizzato un orto sinergico che funge da palestra per gli studenti del corso di giardinaggio.
Ma perché il fenomeno a Roma è così spinto? Le motivazioni potrebbero essere di origine diversa. In primo luogo occorre tener presente che molte aree sono in stato di abbandono per motivi di bilancio; Roma capitale spende, per la gestione del verte, un quarto di quanto viene stanziato dal comune di Parigi. L'area metropolitana romana è dotata di grandi aree verdi che si incuneano nel cuore della città. Molti cittadini dell'urbe arrivano dalla campagna, ormai in età di pensione vorrebbero tornare al paesello ma non è facile fare marcia indietro per cui cercano di ricreare intorno a loro l'ambiente della gioventù. Abbiamo poi questioni di tipo sociale, un piccolo spazio condiviso costituisce un polo di aggregazione e lo spunto per la realizzazione di numerose iniziative: chi parte dall'orto/giardino per lavorare con ragazzi disabili, chi cerca di reinserire lavoratori in mobilità, chi cerca di creare una oasi di relax. Insomma, l'idea dell'orto in città piace ai romani e ciò ha spinto il Comune a dotarsi di un vero e proprio regolamento che ha richiesto due anni di studio. Si tratta del “Regolamento per gli orti urbani ed i giardini condivisi”.
Il Regolamento prende atto che gli orti urbani sono una realtà già esistente e consolidata nella Capitale e rappresentano, allo stesso tempo, un esempio di recupero degli spazi verdi urbani e di aggregazione sociale. In questa prospettiva, il “Regolamento” mira solo a dettare un criterio uniforme per l'assegnazione delle aree e la loro conduzione.
L'amministrazione capitolina prevede di affidare le aree disponibili in comodato d'uso ad associazioni o gruppi. Gli assegnatari dovranno dividere gli appezzamenti in piccoli lotti fino a 60 metri quadri e dovranno curarne l'assegnazione ai cittadini che ne facciano richiesta, privilegiando le categorie in difficoltà. I cittadini potranno accedere alla cura di piccoli orti con la possibilità di autoconsumo dei prodotti derivanti dal loro lavoro. Gli ortisti si occuperanno della cura, manutenzione, ordine e pulizia dell'area assegnata (compreso lo smaltimento dei rifiuti) e dovranno assicurare che le coltivazioni siano condotte con tecniche biologiche e che non vengano utilizzati prodotti contenenti OGM.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©