Condominio

Fabbricato crolla a seguito del sisma: risponde il tecnico che ha seguito la ristrutturazione

di Donato Palombella


Il tecnico a cui viene affidato il consolidamento di una parte del fabbricato ha l'obbligo di garantire la sicurezza complessiva del fabbricato. La Sezione IV penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 36285 del 1° settembre 2016, bacchetta il professionista coinvolto nel crollo di un fabbricato collassato a seguito del sisma che, nel 2009, ha colpito L'Aquila. Il tema principale della sentenza è costituito dalle responsabilità ricadenti sul progettista e direttore dei lavori a cui il condominio, alcuni anni prima, aveva affidato il compito di realizzare alcune opere strutturali su una porzione dell'edificio. Non bisogna tralasciare un punto focale: al tecnico non era stata affidata la semplice realizzazione di lavori di ristrutturazione tesi al miglioramento di un singolo appartamento, bensì la progettazione ed esecuzione di lavori strutturali mediante incamiciatura di sei pilastri.

Il fatto
La scure della giustizia si abbatte sul tecnico progettista e direttore dei lavori accusato di avere cagionato il crollo di un fabbricato composto da quattro piani fuori terra destinati a uso abitativo, per un totale di 12 appartamenti, e un piano seminterrato usato come autorimessa. Il crollo aveva causando la morte di 13 persone e il ferimento di altre 3.
Tutto trae origine da un incarico affidato dal condominio nel 2002, quindi circa sette anni prima del crollo, relativo a opere di manutenzione straordinaria, consistenti nell'incamiciatura (rinforzo mediante rivestimento e aumento delle dimensioni) di sei pilastri in calcestruzzo armato, posti nel piano seminterrato. Il rinforzo contemplava la demolizione del massetto fino alle fondazioni, la realizzazione di fori passanti nel pilastro ogni 30-40 cm, la realizzazione di fori profondi 15-20 cm sulla fondazione, collegamento a essa dei nuovi ferri del pilastro. I lavori erano resi necessari dal distacco del copriferro a causa dell'ossidazione e del rigonfiamento dei ferri di armatura.
Abbiamo quindi dei lavori capaci di incidere sulla statica del fabbricato.

Il codice penale
A essere chiamato in gioco è l'articolo 434 del codice penale, che stabilisce testualmente: «chiunque, fuori dei casi preveduti dagli articoli precedenti, commette un fatto diretto a cagionare il crollo di una costruzione o di una parte di essa ovvero un altro disastro è punito, se dal fatto deriva pericolo per la pubblica incolumità, con la reclusione da uno a cinque anni. La pena è della reclusione da tre a dodici anni se il crollo o il disastro avviene».
In che cosa consiste la colpa?
La colpa del progettista deriva dal fatto che non ha osservato le norme della legislazione antisismica, «le quali hanno per l'appunto la funzione di rendere l'edificato in grado di resistere agli eventi tellurici caratteristici dell'area dell'insediamento (non a caso esisteva al tempo una classificazione delle aree del territorio nazionale, distinte per grado di rischio sismico, con effetti diretti sulla tipologia costruttiva da adottare).
Inoltre egli ha attestato che le opere erano rispondenti alle norme edilizie, urbanistiche e di sicurezza vigenti».

Adeguamento e miglioramento sismico
I lavori di adeguamento sismico mirano a rendere antisismico un edificio esistente.
I lavori di miglioramento sismico invece mirano semplicemente a migliorare il comportamento del corpo di fabbrica (per esempio, attraverso un aumento della resistenza) rispetto allo stato attuale; il miglioramento deve essere dimostrato nella relazione di calcolo. Il miglioramento sismico non è sempre consentito: per esempio, nel caso delle sopraelevazioni, sarà necessario procedere ai lavori di adeguamento.

Il parere del Tribunale
Il giudice di primo grado ritiene che la responsabilità del tecnico abbia un duplice fondamento: non solo ha omesso di vigilare sulla corretta esecuzione dei lavori sui pilastri, ma, nella relazione allegata alla DIA, ha attestato erroneamente che «la struttura non versa in condizioni da pregiudicare la stabilità», asseverando che le opere di manutenzione straordinaria descritte «sono rispondenti alle norme edilizie, urbanistiche e di sicurezza vigenti».
Al tecnico quindi viene imputata negligenza, imprudenza, imperizia nella violazione dell'incarico.
Il tecnico, secondo il Tribunale, avrebbe dovuto effettuare un'idonea valutazione di adeguatezza statica e sismica delle strutture dell'intero edificio, caratterizzato, sin dall'origine, da gravi carenze progettuali, esecutive e di calcolo.
Non erano state effettuate prove di carico e di resistenza sulle strutture portanti dell'edificio; non era stato depositato un elaborato progettuale che indicasse con esattezza quali fossero i sei pilastri oggetto dell'intervento, o che indicasse la sezione resistente delle armature aggiuntive o il tipo di armatura a vincolo (staffe) dell'incamiciatura, o lo spessore delle incamiciature. Mancava, inoltre, la relazione di calcolo a verifica della tenuta strutturale dell'edificio prima e dopo l'intervento; era stato omesso il deposito al Genio civile del progetto strutturale e dei relativi calcoli, né era stato effettuato il collaudo statico delle nuove opere.

Il crollo era imputabile a difetti preesistenti
L'accertamento tecnico condotto a mezzo del perito dell'ufficio aveva consentito di acclarare che l'edificio, sin dal momento della sua realizzazione, nascondeva gravissime fragilità strutturali.
Il crollo risultava riconducibile esclusivamente alle gravissime violazioni della normativa antisismica dell'originario progetto, agli errori di calcolo delle strutture portanti, all'impiego di calcestruzzo di qualità scadente e scarsamente resistente, all'imperizia del direttore dei lavori, agli errori delle relazioni di calcolo delle strutture portanti in cemento armato e al complessivo operato delle ditte esecutrici dei lavori.
Il crollo sarebbe avvenuto anche in assenza dell'incamiciatura dei pilastri del seminterrato, il tecnico sarebbe stato responsabile per non avere posto «sufficiente accortezza nell'esaminare la documentazione che aveva accompagnato, a suo tempo, la progettazione dell'edificio»; qualora lo avesse fatto, egli avrebbe certamente rilevato le carenze strutturali dell'edificio.
A tanto sarebbe stato tenuto in ragione della posizione di garanzia derivante dall'incarico ricevuto dal condominio.

La difesa del tecnico
Il progettista si difende sostenendo di non essere titolare di una posizione di garanzia nei confronti del condominio, che non esistono regole cautelari e che è impossibile pretendere che, chiamato a effettuare delle opere di ristrutturazione su alcune parti del fabbricato, egli dovesse essere tenuto a eseguire calcoli per l'intero edificio.

Le omissioni non avrebbero impedito il crollo
Il tecnico sottolinea inoltre che, come peraltro riconosciuto dal consulente tecnico d'ufficio, le omissioni commesse nella gestione dell'incarico professionale sarebbero state ininfluenti sul crollo dell'edificio, che sarebbe avvenuto anche senza l'incamiciatura dei sei pilastri. Prima del terremoto, non esistevano sintomi apprezzabili di un possibile crollo; solo a posteriori è stato possibile affermare, con il perito di ufficio, che, in ragione delle carenze strutturali dell'edificio, poteva essere prevedibile una sua vulnerabilità a fronte di un violento sisma; evento che si colloca comunque del tutto fuori qualsivoglia prevedibilità.

Non è obbligatorio il calcolo strutturale dell'intero edificio
Il D.M. 16 gennaio 1996 disciplina le costruzioni in zona sismica.
Il punto C.9.1.1., relativo agli interventi di adeguamento, richiede l'esecuzione di una verifica sismica dell'edificio.
Nel caso in esame, erano stati eseguiti solo degli interventi di miglioramento, disciplinati dal punto C.9.1.2, che non richiedono alcun esame sulle strutture preesistenti relative all'intero edificio.
Quindi, secondo il tecnico, non era ravvisabile alcun obbligo a proprio carico di verificare i calcoli strutturali dell'intero edificio, né la qualità del calcestruzzo impiegato originariamente nella costruzione.

Il parere della Corte d'appello
La Corte d'appello ha parzialmente riformato la pronuncia di primo grado, riducendo la pena inflitta al tecnico a un anno e 10 mesi di reclusione, concesse le attenuanti generiche, la sospensione condizionale della pena e la non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale.
La Corte effettua comunque alcune precisazioni.
La posizione di garanzia, secondo la Corte, discende dall'incarico ricevuto dal condominio e dalla legge.
L'incarico ricevuto, relativo alla progettazione ed esecuzione di opere strutturali, determinando importanti implicazioni di natura statica, richiedeva la verifica degli elementi interessati dall'intervento. Il tecnico avrebbe dovuto fare denuncia dell'intervento al Genio civile e fare sottoporre l'opera al collaudo statico. Qualora fossero stati effettuati i calcoli sui sei pilastri, il tecnico si sarebbe accorto del grave deficit strutturale dell'edificio e sarebbe stato in grado di fare presente al committente la situazione di pericolo in cui versavano tutti coloro che abitavano nel palazzo o comunque avrebbe permesso al collaudatore di scoprire un simile deficit.

Cassazione: il tecnico deve garantire il rispetto della regola dell'arte
La Cassazione parte dal presupposto che il progettista e direttore dei lavori è tenuto a garantire che i lavori siano eseguiti non solo conformemente a quanto previsto nel capitolato, ma anche a regola d'arte (Cass. civ., Sezione III, sentenza 13 aprile 2015, n. 7370; Sezione II, sentenza 24 aprile 2008, n. 10728; Sezione III, sentenza 31 maggio 2006, n. 12995).
Ciò comporta che, in presenza di situazioni rivelatrici di possibili fattori di rischio, deve eseguire gli opportuni interventi per accertarne la causa e apprestare i necessari accorgimenti tecnici volti a garantire la realizzazione dell'opera senza difetti costruttivi.
Gli Ermellini precisano che l'obbligo di garanzia non può andare oltre l'oggetto del rapporto contrattuale; se il tecnico viene incaricato di effettuare delle opere limitatamente ad alcuni pilastri, esso non può esaminare l'intera struttura ma, quantomeno, deve accertare la consistenza dei pilastri sui quali eseguire l'intervento. Qualora tale accertamento fosse stato effettuato, il tecnico si sarebbe accorto che il fabbricato presentava dei difetti strutturali. In sostanza, il tecnico aveva l'obbligo di esaminare la struttura dei pilastri su cui stava operando e di far nominare dal condominio un collaudatore col compito di verificare le strutture.

Obbligatorio rispettare la normativa antisismica
Il tecnico sarebbe colpevole per non aver rispettato le norme antisismiche, le quali hanno per l'appunto la funzione di rendere l'edificato in grado di resistere agli eventi tellurici caratteristici dell'area dell'insediamento. Inoltre, egli ha attestato (falsamente o erroneamente) che le opere erano rispondenti alle norme edilizie, urbanistiche e di sicurezza vigenti.

Sulla qualificazione delle opere
Secondo il consulente tecnico di ufficio i lavori di incamiciatura dei pilastri devono essere considerati come opere di risanamento strutturale e funzionale, con implicazioni importanti di natura statica, interessando parti strutturali in cemento armato sicché era prescritta la verifica prevista dagli articoli 4, 6 e 7 della legge 1086/1071, dalla legge 64/1974, dalla legge regionale Abruzzo 138/1996 e dal Dm 16 gennaio 1996.
Il punto C.9.2.2. del Dm 16 gennaio 1996 prevede che «nel caso di interventi di miglioramento il progetto deve contenere la documentazione prescritta per gli interventi di adeguamento limitatamente alle opere interessate. Nella relazione tecnica deve essere dimostrato che gli interventi progettati non producano sostanziali modifiche nel comportamento strutturale globale dell'edificio».
Per gli interventi di adeguamento, il punto C. 9.2.1. prescrive che i lavori «devono essere eseguiti sulla base di un progetto esecutivo ... completo ed esauriente per planimetria, piante, sezioni, particolari esecutivi, relazione tecnica, relazione sulle fondazioni e fascicolo dei calcoli per la verifica sismica. In particolare la relazione tecnica deve riferirsi anche a quanto indicato nei successivi punti C.9.2.3. e C.9.2.4.».

La carenza dei dati disponibili impone maggior cautela
L'asserita impossibilità di procedere alla verifica sismica dei pilastri per la indisponibilità dei dati, non costituisce, secondo la Cassazione, un elemento di discolpa del tecnico ma, al contrario, rappresenta un ulteriore elemento che avrebbe dovuto condurre a una ancora maggior cura per gli aspetti concernenti la sicurezza statica.

Il rinvio alla Corte d'appello
Alcuni aspetti rimangono in ombra. Preso atto che il fabbricato aveva dei problemi strutturali, non è stato indagato quali fossero i possibili rimedi, se il condominio avrebbe potuto far fronte ai relativi lavori o se fosse necessario un intervento dell'autorità pubblica a fronte di una eventuale inattività dei condomini. Per indagare su tali elementi, la Cassazione ha rimesso la causa alla Corte di Appello di Perugia.

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