Condominio

Amministratori: etica e alta formazione le leve della sopravvivenza

di Francesco Schena

Le professioni immobiliari nel nostro Paese non hanno mai goduto di precise ed ineludibili tutele, probabilmente perché considerate dal Legislatore non opportune.
Se quella dell'agente immobiliare ha trovato una sua minima collocazione nel nostro ordinamento – discutibile o meno – lo stesso non può dirsi per quella dell'amministratore di condominio che non è mai assurta a vero e proprio rango di professione rimanendo, a tutt'oggi, quello che può definirsi un incarico piuttosto che una autonoma attività, esercitabile in via trasversale da diverse figure purchè in possesso di un minimo di requisiti di onorabilità e di professionalità.
Premesso che la legge di riforma del condominio n. 220/2012 – fortemente punitiva verso la figura dell'amministratore - e il D.M. n. 140/2014 sulla relativa formazione - insufficiente se non sterile – meritano un approfondimento ad hoc e in separata sede, e che si è trattato del tentativo di introdurre una disciplina che da una parte consegnasse più tutele e garanzie ai condòmini consumatori evitando, però, dall'altra, di sconfinare nella violazione delle ormai famose regole naturali del libero mercato, mosse a vessillo dalla maggioranza dei componenti la società civile e politica, nell'immobilismo generale, radente lo spirito di defintiva rassegnazione, occorre levare lo sguardo ad una analisi forse non piacevole ma necessaria.
Se siamo tutti d'accordo con l'idea di come la professionalità prescinda dal controllo di ordini o albi professionali questo non è sufficiente a sostenere la tesi che non vi sia in generale bisogno di regole.
Un ordinamento come quello italiano che prevede albi per “mestieri” di riverbero sociale assai inferiore a quello dell'amministratore, non può non porsi l'interrogativo circa l'opportunità di una regolamentazione più incisiva quantomeno sotto il profilo del controllo - e non necessariamente sull'orizzonte della corporazione – perché ci si assicuri l'impedimento della trasformazione delle buone intenzioni avute nel 2012 in un vero e proprio caos incontrollabile.
Quale effetto può avere un criterio di disciplina e regolamentazione di una attività senza un organo di controllo adeguato? Quale efficacia e garanzie offre uno strumento formativo il cui giudizio sulla validità è lasciato agli stessi addetti ai lavori? Ma l'obiettivo di questa mia analisi vuole andare oltre e guardare a quegli aspetti che dovrebbero connotare il professionista, e non il “libero professionista”, perché il tema centrale è la professionalità, ovvero, quell'insieme di qualità e di risorse che appartengono all'essere e al sentirsi professionisti. E questo nulla c'entra anche con il nuovo dibattere sulla figura dell'amministratore ragioniere o sull'amministratore manager perché in entrambi i casi comunque si avrebbe bisogno di professionalità.
Il tema che mi interessa dunque è questo, capire di cosa vi sia bisongo proprio perché ci si possa incamminare sul percorso della professionalità in assenza di regole, di ordini e quant'altro. Ed una risposta ho cercato di darla e si racchiude in una parola sola: etica. Si, perché l'oggi e il futuro passano dall'etica, come dall'etica passa la stessa sopravvivenza della figura dell'amministratore e non mi riferisco, evidentemente, alla sopravvivenza fisica della categoria ma alla sopravvivenza della relativa professionalità. Si, perché quello che importa non è l'esistenza di una categoria in quanto tale, ma la sua esistenza in quanto professionale.
E' l'etica l'infrastruttura invisibile che traccerà il ponte verso il cambiamento e solo l'etica porterà ad una metamorfosi dignitosa.
Ma le mie intenzioni non sono quelle di filosofeggiare sul tema, tutt'altro. Quello che avverto come una vera e propria esigenza è verificare la coniugabilità del termine con la vita reale e quotidiana degli amministratori di condominio. Guardiamo in faccia alla realtà, quella almeno comune a molti amministratori e cerchiamo di capire quanto ci sia di etico oggi nella sua pratica.
Chiediamoci quanto ci sia di etico nel presentare la propria candidatura all'amministrazione di un condominio a fronte di un compenso al di sotto delle spese. Chiediamoci quanto ci sia di etico nel prestarsi all'amministrazione di una scala invece che dell'intero edificio perché se non si assecondano le richieste dei condòmini un collega è pronto a farlo al nostro posto e quindi perderemmo l'ennesimo cliente. Chiediamoci quanto ci sia di etico nel prendere provvigioni sottobanco dai fornitori per sopravvivere e arrivare a fine mese. Chiediamoci quanto ci sia di etico nel candidarsi alla gestione di un condominio da avvocato ma a pochi euro tanto poi posso contare sull'ampliamento del mio portafoglio clienti, curerò qualche decreto ingiuntivo o sarò certamente il difensore del condominio nell'impugnazione di una delibera. Chiediamoci quanto ci sia di etico nel candidarsi all'amministrazione condominiale da ingegnere a pochi euro tanto poi sicuramente farò il direttore dei lavori alla prima occasione utile e potrò fidelizzare nuovi clienti per le mie attività. Chiediamoci quanto ci sia di etico nel fare l'amministratore nei ritagli di tempo che la cattedra universitaria mi concede. Chiediamoci quanto ci sia di etico nel ridursi a lavorare quattordici ore al giorno per poi non arrivare a fine mese e non potersi regalare le meritate ferie. Chiediamoci quanto ci sia di etico nel non dare il giusto credito alla formazione professionale, quella vera e coerente con l'evoluzione del mercato. Chiediamoci anche quanto ci sia di etico nel rilasciare attestati di idoneità con leggerezza e disinvoltura disarmanti. Chiediamoci, poi, quanto ci sia di etico nel denigrare l'altra associazione. Chiediamoci quanto ci sia di etico nel farsi oltraggiare da clienti che ti minacciano in ufficio, ma pazienza, se li querelo chissà quanti clienti perderò.
E' necessario un cambiamento di rotta, soprattutto culturale e di mentalità. E questo cambiamento deve coinvolgere tutti, ognuno deve fare la propria parte, smettere di lamentarsi o incolpare sempre l'altro e cominciare ad agire. Dalle associazioni della prorietà a quelle degli amministratori, dagli ordini professionali agli operatori commerciali.
Il ponte per la sopravvivenza, quella dignitosa, dell'amministratore professionista si chiama etica e le sue pile si chiamano formazione. Oltre questo ponte l'antagonismo lascia spazio alla condivisione, il rispetto prende il posto dell'autocelebrazione, la dignità sostituisce la mortificazione, l'onestà si sbarazza della scorrettezza.
Tutto il resto viene dopo, molto dopo.

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