Condominio

Versamenti dei condòmini, occorre che la causale sia chiara

di Francesco Schena

La contabilità condominiale oltre all'esercizio di gestione ordinaria può riferirsi anche a diversi esercizi straordinari. Questi, poi, possono prevedere anche pagamenti da parte dei condòmini sulla base di diversi piani rateali di versamento, con la conseguenza che lo stesso singolo condòmino può ritrovarsi ad essere debitore verso lo stesso ente condominiale sia per diverse ragioni che per diverse rate con scadenze ed importi differenti.
Se pensiamo anche all'ipotesi di poter pagare le quote condominiali con diverse modalità assume immediato rilievo la questione dell'imputabilità dei pagamenti ai sensi dell'art. 1193 del codice civile.
La Corte di Cassazione, con la sentenza Sez. Civ. II 28 febbraio 2013, n. 5038, ha sancito un punto fermo sull'argomento, stabilendo che “il condòmino, eseguendo un pagamento per spese condominiali, può imputare i pagamenti per singoli esercizi e può escludere, attraverso lo strumento dell'imputazione di pagamento, che le somme pagate vengano imputate a crediti contestati”.
Ma cosa dispone esattamente l'art. 1193 del codice civile e qual è la sua applicazione pratica in materia di condominio?
L'incipit della norma stabilisce che chi ha più debiti verso lo stesso soggetto può dichiarare, quando paga, quale debito intende soddisfare. In mancanza dell'esercizio di quello che è un vero e proprio diritto potestativo da parte del debitore, il creditore è obbligato a seguire un preciso criterio di imputazione di tipo supplettivo, salvo che a mente dell'art. 1195 c.c. il condòmino non accetti, anche per acquiescenza (Cass. Civ. n. 917/2013), una quietanza rilasciata dall'amministratore in cui egli stesso ha provveduto ad indicarne la causale.
Il pagamento va senz'altro imputato al debito scaduto; tra più debiti scaduti, a quello meno garantito; tra più debiti ugualmente garantiti, al più oneroso per il debitore; tra più debiti ugualmente onerosi, al più antico. Se nessuno di tali criteri soccorre, l'imputazione va fatta in misura proporzionale tra tutti i debiti.
Atteso che in materia di condominio i debiti dei condòmini sono generalmente tutti ugualmente garantiti considerata l'ordinaria assenza di garanzie reali o personali a tutela delle quote condominiali, in assenza di una precisa causale del versamento da parte del condòmino l'amministratore deve imputare il pagamento a quello scaduto e di importo più elevato - guardando alla sola sorte capitale - qualunque ne sia l'esercizio di riferimento - ordinario o straordinario - e soltanto in caso di rate scadute di pari importo imputare il versamento al debito più antico.
Tuttavia, nel caso di decreto ingiuntivo definitivamente esecutivo o sentenza definitiva, l'amministratore potrebbe procedere con l'iscrizione dell'ipoteca giudiziale a tutela del credito: in questa ipotesi i versamenti fatti dai condòmini senza una precisa causale vanno imputati agli altri crediti in quanto meno grantiti.
Va ricordato, però, come la locuzione “meno garantito” usata per indicare il secondo dei criteri supplettivi non debba intendersi in senso rigorosamente tecnico, con riferimento alle tipiche forme di garanzie, sicché può rientrarvi anche il riferimento alla minore speditezza o alla maggiore dispendiosità dell'attuazione. E lo stabilire quale, fra più debiti, sia da ritenere meno garantito è compito riservato esclusivamente al giudice di merito, il cui apprezzamento in proposito è sindacabile in Cassazione se non inficiato da vizi di logica o di diritto (in questo senso Cass. Civ. n. 1572/1974).
E' dunque evidente come l'art. 1193 del codice civile sia un protagonista di rilievo rispetto a due questioni importanti: la validità del rendiconto e la definitiva efficacia del decreto ingiuntivo promosso dall'aministratore ai sensi dell'art. 63 disp. att. c.c..
Una errata applicazione dei criteri di imputazione dei versamenti, infatti, sia per il caso di causale ben precisa indicata, ad esempio, in un bonifico ma ignorata dall'amministratore, sia perché non indicata all'atto di un pagamento avvenuto magari con un assegno, può essere ritenuta motivazione alla base di un'impugnazione del rendiconto o alla base dell'opposizione a decreto ingiuntivo.
Infatti, qualora l'assemblea approvasse il rendiconto di un dato esercizio con delle posizioni a conguaglio in capo al condòmino Rossi conseguenti ad una arbitraria ed errata imputazione dei suoi versamenti, vi sarebbe una esorbitazione di poteri tale da rendere il rendiconto impugnabile.
Allo stesso modo, risulterebbe opponibile il decreto ingiuntivo richiesto per delle quote scadute rispetto alle quali l'amministratore ha ignorato la causale o non ha correttamente provveduto all'imputazione supplettiva, facendone venire meno l'esigibilità.
E' allora compito dell'amministratore conoscere con esattezza la procedura più corretta da seguire caso per caso onde evitare che i propri condòmini, anche attraverso l'ausilio di una consulenza tecnica, procedano con l'impugnazione dei rendiconti e con l'opposizione a decreti ingiuntivi con conseguente condanna alle spese e quindi vedersi ritenuto responsabile, in quest'ultimo caso, di risarcimento dei danni cagionati a seguito di imperizia nella gestione del condominio.

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