Condominio

L'abolizione del reato di ingiuria non preclude un risarcimento civile

di Paolo Accoti

L'abolizione del reato di ingiuria non preclude al condomino parte civile l'impugnazione della sentenza per i soli effetti civili.
Interessante sentenza della V sezione penale della Corte di Cassazione in tema di reato di ingiuria che, come è noto, risulta depenalizzato dell'art. 1, comma 1, lett c), Dlgs 15 gennaio 2016, n. 7, con decorrenza dal 6 febbraio 2016.
Da quella data in poi, infatti, la fattispecie penale dell'ingiuria è stata trasformata in un illecito civile, per il quale l'autore sarà fatto oggetto di sanzione pecuniaria dell'importo, variabile, da 100 a 8.000 euro, a tal proposito, infatti, ai sensi dell'art. 4 del predetto D.Lgs. 7/2016: “Soggiace alla sanzione pecuniaria civile da euro cento a euro ottomila: a) chi offende l'onore o il decoro di una persona presente, ovvero mediante comunicazione telegrafica, telefonica, informatica o telematica, o con scritti o disegni, diretti alla persona offesa; …”.
La suddetta normativa espone l'autore dell'illecito amministrativo anche all'obbligo del risarcimento del danno nei confronti del soggetto passivo, ex art. 3 D.Lgs. 7/2016, diritto che si prescrive in cinque anni dal giorno in cui il fatto si è verificato (art. 2947, I comma, c.c.).
Nel caso sia intervenuta prima della depenalizzazione una sentenza penale di condanna anche al risarcimento del danno, ferma restando l'abolizione del reato, al giudice dell'impugnazione è precluso l'esame degli effetti civili della sentenza ma, tuttavia, ciò non priva la parte civile della facoltà di impugnazione ex art. 576 Cpp.
Tanto ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 32792, pubblicata in data 27 luglio 2016, a margine di una vicenda giudiziaria che vedeva l'assoluzione dell'imputato dal reato di ingiuria in danno di un condomino, apostrofato <<cretino, deficiente>>.
Sul gravame proposto dalla parte civile il Tribunale confermava la sentenza di assoluzione <<perché il fatto non sussiste>>.
Sul ricorso per la cassazione della sentenza, avanzato dalla medesima parte civile, per violazione dell'art. 594 Cpp in quanto, a dire della stessa, <<le espressioni offensive dell'imputata sono gratuite e l'esistenza di questioni condominiali non ne esclude il carattere ingiurioso>>, la Suprema Corte accoglie il ricorso e <<annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti civili perché il fatto non è previsto dalla legge come reato>>.
La Corte di Cassazione, premessa la regola generale del collegamento in via esclusiva tra decisione sulle questioni civili e condanna dell'imputato (fatta salva l'ipotesi di estinzione del reato per morte dell'imputato - Cass. 22038/2003), afferma come <<resta fermo il principio generale in forza del quale il giudice penale in tanto può occuparsi dei capi civili in quanto contestualmente pervenga a una dichiarazione di responsabilità penale, ossia il collegamento in via esclusiva tra decisione sulle questioni civili e condanna dell'imputato: di conseguenza, fuori dai casi in cui la disciplina introduttiva dell'abolítio crimínis preveda che il giudice dell'impugnazione decide sulla stessa ai soli effetti civili, nel giudizio sull'impugnazione dell'imputato avverso una sentenza di condanna agli effetti penali e agli effetti civili, il proscioglimento con la formula «perché il fatto non è previsto dalla legge come reato» (nel caso di specie, a seguito dell'abrogazione della norma incriminatrice disposta dall'art. 1, d. Igs. 15 gennaio 2016, n. 7) preclude l'esame, ai fini dell'eventuale conferma, delle statuizioni civili>>.
Ed invero <<la diversa disciplina stabilita dall'art. 9, d. Igs. 15 gennaio 2016, n. 8: per gli illeciti oggetto della depenalizzazione introdotta da detto decreto, la seconda parte del comma 3 dell'art. 9 cit. stabilisce che «quando è stata pronunciata sentenza di condanna, il giudice dell'impugnazione, nel dichiarare che il fatto non è previsto dalla legge come reato, decide sull'impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili», norma, questa, estranea al d. Igs. n. 7 del 2016, che trova applicazione nel caso di specie. Né può prospettarsi un'applicazione analogica del richiamato art. 9, comma 3, ai casi di abrogazione di cui al d. Igs. n. 7 del 2016, ostandovi, in radice, l'eccezionalità che va riconosciuta alla norma in linea con l'orientamento della giurisprudenza di legittimità a proposito dell'art. 578 cod. proc. pen.>>.
Nel caso relativo alla depenalizzazione del reato di ingiuria, per espressa previsione legislativa del Dlgs 7/2016, la sanzione pecuniaria civile è irrogata dal giudice competente a conoscere dell'azione di risarcimento del danno, anche per i fatti commessi anteriormente alla data di entrata in vigore dello stesso decreto, fatta salva l'ipotesi di sentenza divenuta irrevocabile prima dell'entrata in vigore del citato decreto.
Ciò posto il giudice di legittimità, citando i propri precedenti, ha ricordato che: <<in presenza di una sopravvenuta abolitio criminis, «l'impugnazione della parte civile a norma dell'art. 576 cod. proc. pen. è il mezzo necessario per contrastare, agli effetti civili, la formazione del giudicato assolutorio e i pregiudizievoli effetti extrapenali che ne conseguirebbero» (Cass. 19516/2016); in altri termini, «non è conforme al sistema che la parte civile sia privata del diritto di impugnare una sentenza sfavorevole, che, almeno nei casi di cui all'art. 652 cod. proc. pen., finisce per pregiudicare il successivo, autonomo esercizio dell'azione civile» (Cass. 16131/2016)>>.
Confermata, pertanto, la possibilità per la parte civile di impugnare ex art. 576 Cpp la sentenza di proscioglimento anche qualora, nelle more, sia intervenuta l'abolizione del reato di ingiuria, nel caso concreto rileva come <<non integrano la condotta di ingiuria le espressioni verbali, caratterizzate da terminologia scorretta e ineducata, che pur risolvendosi in dichiarazioni di insofferenza rispetto all'azione del soggetto nei cui confronti sono dirette, non si traducono in un oggettivo giudizio di disvalore sulle qualità personali dello stesso e che risultano ormai accettate dalla coscienza sociale secondo un criterio di media convenzionale (Cass. 51093/2014; Cass. 19223/2012)>>.
Nel caso di specie, tuttavia, la Corte di merito non ha fornito motivazione sull'idoneità delle espressioni contestate all'imputato atte ad integrare <<un oggettivo giudizio di disvalore sulle qualità personali del destinatario>>, pertanto, è incorsa nel vizio di motivazione denunciato, conseguentemente, la sentenza – esclusa la perdurante rilevanza penale del fatto – risulta meritevole di annullamento senza rinvio ai soli effetti civili perché il fatto non è previsto dalla legge come reato <<formula, questa, che consente di escludere gli effetti extrapenali del giudicato assolutorio e, dunque, il pregiudizio per il successivo, autonomo esercizio dell'azione civile>>.

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