Condominio

Il collegamento tra fabbricati non sempre è indice di condominialità

di Paolo Accoti

Un condominio può anche nascere come unico, se composto da due fabbricati comunicanti, ma deve essere provato e risultare dagli atti che tale sia stata la conformazione di esso per scelta del costruttore. Questo il senso della sentenza 8908/2016 della Cassazione.
Nell'attuale sistema normativo, anche dopo la riforma della materia condominiale attuata con la legge 220/2012, il legislatore non ha fornito una definizione di condominio limitandosi, con la formulazione dell'art. 1117 Cc, ad indicare le parti comuni dell'edificio.
Ciò posto, per dare una definizione del condominio occorre fare riferimento all'elaborazione dottrinaria e giurisprudenziale formatasi in materia, per cui il condominio è rappresentato dalla coesistenza di proprietà esclusive e proprietà comuni insistenti in un unico immobile.
Nella generalità dei casi il condominio si genera in occasione del trasferimento della proprietà di un edificio dall'unico proprietario a diversi soggetti, i quali, inizieranno a godere di beni esclusivi - le rispettive unità immobiliari - e di beni in comunione con gli altri proprietari esclusivi.
Tanto è vero che di recente è stato riaffermato il principio per cui: «Il condominio di edifici si costituisce ipso iure nel momento in cui si realizza il frazionamento dell'edificio da parte dell'unico originario proprietario pro indiviso, con la vendita in proprietà esclusiva, ad uno o più soggetti diversi, di piani o porzioni di piano; da quel momento in poi sussiste la legittimazione attiva del condominio, e per esso del suo amministratore, in tutte le controversie che abbiano ad oggetto la rivendica di parti comuni. Con l'avvenuta costituzione del condominio si trasferiscono ai singoli acquirenti dei piani o porzioni di piano anche le corrispondenti quote delle parti comuni, di cui non è più consentita la disponibilità separata a causa dei concorrenti diritti degli altri condomini, a meno che non emerga dal titolo, in modo chiaro ed inequivocabile, la volontà delle parti di riservare al costruttore originario o ad uno o più dei condomini la proprietà esclusiva di beni che, per loro struttura ed ubicazione dovrebbero considerarsi comuni. La presunzione di condominialità di beni e servizi comuni non può essere superata per via induttiva o per fatti concludenti» (Cassazione 1421/2016).
Dall'esame dell'art. 1117 Cc emerge come la condominialità può desumersi dal collegamento materiale e funzionale dei beni ovvero delle cose, servizi, impianti destinati ad un uso comune.
Pertanto: «La destinazione all'uso ed al godimento comune di taluni servizi, beni o parti dell'edificio comune, risultante dall'attitudine funzionale del bene al servizio dell'edificio, considerato nella sua unità, e al godimento collettivo, fanno presumere, in mancanza di specifica previsione contraria del titolo esecutivo, la condominialità, a prescindere dal fatto che il bene sia o possa essere utilizzato da tutti i condomini, ovvero solo da taluni di essi» (Cassazione 7262/2015).
Quando detti collegamenti di fatto esistono, il condominio può configurarsi sia in edifici che si estendono in verticale, ed è l'ipotesi comune, ma anche tra edifici adiacenti che si sviluppano in senso orizzontale. In tal senso: «In tema di condominio, in considerazione del rapporto di accessorietà necessaria che lega le parti comuni dell'edificio, elencate in via esemplificativa dall'art. 1117 c.c., alle proprietà singole, delle quali le prime rendono possibile l'esistenza stessa o l'uso, la condominialità di un seminterrato non è esclusa per il solo fatto che le costruzioni sovrastanti siano realizzate, anziché come porzioni di piano l'una sull'altra (condominio verticale), quali proprietà singole in sequenza (villette a schiera, condominio in orizzontale), poiché la nozione di condominio è configurabile anche nel caso di immobili adiacenti orizzontalmente in senso proprio, purché dotati delle strutture portanti e degli impianti essenziali indicati dal citato art. 1117» (Cassazione 18344/2015).
Di recente, tuttavia, la questione condominialità si è arricchita di un ulteriore capitolo, infatti, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8908, pubblicata in data 4 maggio 2016, ha avuto modo di pronunciare un ulteriore importante principio.
In un giudizio in cui si dibatteva sulla condominialità o meno di due edifici, di per sé autonomi, ma ritenuti comunicanti, la Cassazione ha stabilito che: «E' invece utile in questa occasione chiarire che un condominio può anche nascere come unico, se composto da due fabbricati comunicanti, ma deve essere provato e risultare dagli atti che tale sia stata la conformazione di esso per scelta del costruttore voluta al momento della nascita del condominio. Se infatti i due fabbricati vengono messi in collegamento successivamente, non sorge per questo solo fatto un regime di condominialità che li integri».
Pertanto, in tali casi il giudice di merito deve verificare se sussistano o meno le condizioni sopra indicate, e solo in presenza di una precisa originaria volontà del costruttore di modellare il fabbricato in modo tale da costituire un condominio, quand'anche separato, si verserà in regime di condominialità del bene, a nulla valendo il collegamento sia pure esistente, qualora venga realizzato successivamente all'edificazione degli immobili, salvo non vengano in rilievo ulteriori e diversi elementi in comune.

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