Condominio

L'amministratore in causa senza il sì dell’assemblea paga personalmente le spese

di Paolo Accoti

L'amministratore che agisce in giudizio senza autorizzazione dell'assemblea né successiva ratifica paga personalmente le spese. Lo ricorda, da ultimo, la sentenza 8646/2016 della Cassazione.
Il condominio partecipa al giudizio, sia attivamente che passivamente, per il tramite dell'amministratore, legale rappresentante pro-tempore dell'ente di gestione.
Tanto è vero che, lo stesso, per come ricordato dal 1° comma dell'art. 1131 c.c., nei limiti delle attribuzioni stabilite dall'articolo 1130 o dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condominio o dall'assemblea, ha la rappresentanza dei partecipanti e può agire in giudizio sia contro i condòmini sia contro i terzi (legittimazione attiva).
Da un punto di vista passivo, l'amministratore può essere convenuto in giudizio, quale rappresentante del condominio, per qualunque azione concernente le parti comuni dell'edificio (art. 1131, II comma, c.c.) ovvero in quelle relative alle opposizioni a decreto ingiuntivo, ma anche – sia pure in via residuale – personalmente, ciò può avvenire nei procedimenti di revoca e quelli di responsabilità professionale.
Ciò posto, il predetto amministratore di condominio può, in determinati casi, agire o resistere in giudizio senza preventiva autorizzazione assembleare. Tali casi di legittimazione (diretta), attiva o passiva, sono essenzialmente stabiliti per legge e come, accennato, attengono tutte le azioni che riguardano la proprietà comune.
Ulteriore caso, espressamente disciplinato, in cui l'amministratore di condominio può agire in giudizio senza autorizzazione assembleare è quello relativo alla riscossione dei contributi, per cui, ai sensi dell'art. 63, 1° comma, disp. att. c.c., “in base allo stato di ripartizione approvato dall'assemblea, l'amministratore, senza bisogno di autorizzazione di questa, puo' ottenere un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo”.
In assenza di regolare autorizzazione dottrina e giurisprudenza sono assolutamente concordi nell'affermare che l'amministratore risulterebbe privo di legittimazione ad agire, o a resistere, in giudizio, con la conseguenza che la stessa si tradurrebbe nella mancanza della titolarità del rapporto giuridico fatto valere in giudizio, per inesistenza dello stesso o per essere di pertinenza di un terzo (cfr.: Cass. civ., 22/04/2009, n. 9558).
Chiarito l'ambito in cui l'amministratore di condominio può agire senza specifico mandato assembleare, giova sottolineare come la giurisprudenza, dopo un iniziale contrasto, con la sentenza delle Sezioni Unite del 2010, ha precisato che: “L'amministratore del condominio, potendo essere convenuto nei giudizi relativi alle parti comuni ma essendo tenuto a dare senza indugio notizia all'assemblea della citazione e del provvedimento che esorbiti dai suoi poteri, ai sensi dell'art. 1131 secondo e terzo comma cod. civ., può costituirsi in giudizio e impugnare la sentenza sfavorevole senza la preventiva autorizzazione dell'assemblea, ma deve, in tale ipotesi, ottenere la necessaria ratifica del suo operato da parte dell'assemblea stessa, per evitare la pronuncia di inammissibilità dell'atto di costituzione ovvero di impugnazione” (Cass. civ. Sez. Unite, 06/08/2010, n. 18331. Successivamente: Cass. civ. Sez. III, 24/05/2013, n. 12972; Cass. civ. Sez. II, 31/01/2011, n. 2179. Da ultimo: Cass. civ. Sez. II, 09/02/2016, n. 2570 e Cass. civ. Sez. II, 08/02/2016, n. 2443).
In tal caso, infatti, l'amministratore agirebbe come un rappresentante del Condominio che ha operato esorbitando dai limiti e dalle facoltà allo stesso concesse (art. 1398 c.c.), tuttavia, l'assemblea condominiale potrebbe sanare con effetti retroattivi, ratificando appunto l'operato dello stesso, nel rispetto delle forme eventualmente previste (art. 1399 c.c.). Si è, pertanto, definitivamente aperta la strada alla successiva ratifica (sanatoria) dell'operato dell'amministratore, necessaria a rimediare alla carenza di preventiva autorizzazione assembleare.
Qualora mancasse anche la successiva ratifica, il giudizio dallo stesso intrapreso ovvero la sua costituzione nel giudizio avviato da altri, risulterebbero inammissibili, attesa la sua evidente carenza di legittimazione attiva o passiva.
Vi è da chiedersi, tuttavia, quali possano essere le conseguenze per l'amministratore in simili casi, a prescindere dall'eventuale possibile revoca o risarcimento del danno, in mancanza di tempestiva informazione all'assemblea (art. 1131, III e IV comma, c.c.).
Una di queste conseguenze viene delineata prima dal Tribunale di Modica, nella sentenza 24/2012 e, successivamente, dalla Corte di Appello di Catania, con sentenza 1025/2012, nonché implicitamente dalla recente sentenza della Corte di Cassazione, pubblicata in data 29/04/2016, n. 8486, chiamata a decidere sul gravame avverso le predette sentenze di merito.
Il caso atteneva ad un'opposizione a decreto ingiuntivo proposta dall'amministratore di condominio avverso l'ingiunzione richiesta da un creditore dello stesso.
Ebbene, gli anzidetti giudici di merito hanno ritenuto che, in assenza di autorizzazione assembleare a proporre opposizione, ma neppure di successiva ratifica, la predetta opposizione risulta senz'altro inammissibile, condannando personalmente l'incauto amministratore al rimborso delle spese processuali in favore di parte convenuta (opposto).
Opinione condivisa anche il Tribunale di Pisa che con la sentenza pubblicata in data 10 aprile 2014 si è determinato nello stesso modo.
Ciò posto, i giudicanti hanno evidentemente ritenuto applicare oltre che un principio di diritto, quello dettato dall'art. 91 c.p.c., per cui: “il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell'altra parte”, anche uno di buon senso, innanzitutto perché in tali giudizi il condominio non poteva considerarsi effettivamente “parte”, stante la mancanza di autorizzazione o ratifica ad agire in giudizio e, comunque, perché apparirebbe irragionevole condannare il condominio e, quindi, i singoli condòmini, al pagamento di spese processuali per un giudizio che, di fatto, gli stessi non hanno voluto.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©