Condominio

Revoca e nomina giudiziale dell'amministratore. Necessaria la mediazione?

di Paolo Accoti

In base all'art. 1129 c.c. l'amministratore può essere revocato, a seguito di ricorso innanzi al Tribunale da parte di ciascun condomino, nel caso non comunichi all'assemblea i provvedimenti dell'autorità amministrativa ovvero le citazioni in giudizio che esulino dalle sue attribuzioni (art. 1131 c.c.), o ancora in caso di omessa rendicontazione o gravi irregolarità.
Le gravi irregolarità sono identificate, anche se non in maniera esaustiva, dal medesimo art. 1129 c.c., tra cui: “1) l'omessa convocazione dell'assemblea per l'approvazione del rendiconto condominiale, il ripetuto rifiuto di convocare l'assemblea per la revoca e per la nomina del nuovo amministratore o negli altri casi previsti dalla legge; 2) la mancata esecuzione di provvedimenti giudiziari e amministrativi, nonché di deliberazioni dell'assemblea; 3) la mancata apertura ed utilizzazione del conto di cui al settimo comma; 4) la gestione secondo modalità che possono generare possibilità di confusione tra il patrimonio del condominio e il patrimonio personale dell'amministratore o di altri condomini; 5) l'aver acconsentito, per un credito insoddisfatto, alla cancellazione delle formalità eseguite nei registri immobiliari a tutela dei diritti del condominio; 6) qualora sia stata promossa azione giudiziaria per la riscossione delle somme dovute al condominio, l'aver omesso di curare diligentemente l'azione e la conseguente esecuzione coattiva; 7) l'inottemperanza agli obblighi di cui all'articolo 1130, numeri 6), 7) e 9); 8) l'omessa, incompleta o inesatta comunicazione dei dati di cui al secondo comma del presente articolo”.
La necessità della nomina di un amministratore di condominio sorge nel momento in cui i condomini siano più di otto, in considerazione del fatto che il novellato art. 1129 c.c., ne dispone l'obbligatorietà al raggiungimento dell'anzidetto numero, ricordando, tuttavia, che qualora vi siano condomini proprietari, o comproprietari, di più immobili nel medesimo stabile, ai fini del calcolo, essi vengono considerati sempre come una sola unità.
Ciò posto, se per qualsiasi ragione l'assemblea non riesca a nominare un amministratore la stessa è disposta dall'autorità giudiziaria su ricorso anche di un solo condomino (art. 1129 c. I c.c.).
Per entrambe le fattispecie non paiono sussistere dubbi sulla natura di volontaria giurisdizione che assumono gli anzidetti procedimenti di revoca e nomina dell'amministratore, trattati dal Tribunale in composizione collegiale, riunito in camera di consiglio.
Si tratta, pertanto, di procedure di natura camerale non contenziosa, fatta salva la possibilità che - specie il procedimento di revoca - possa instaurarsi “a parti contrapposte”, per cui in giudizio i condòmini richiedenti devono necessariamente farsi assistere da un avvocato, risultando necessaria la difesa tecnica (di recente: Tribunale di Modena, Sez. II, Decreti 17.02.2016 e 22.02.2016).
Fatta questa opportuna premessa, entrando nel merito della questione si rammenta che per esplicita previsione normativa la materia condominiale è soggetta al preventivo esperimento della mediazione, ritenuta condizione di procedibilità della domanda giudiziale.
L'obbligatorietà della mediazione riviene dall'art. 5 co. 1 bis, del D. Lgs. 28/2010, successivamente integrato e modificato dalla L. 98/2013, che indica le materie, tra cui appunto quella condominiale, nelle quali la mediazione è ritenuta oltre che obbligatoria anche inderogabile, ed invero: “Chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa a una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, è tenuto, assistito dall'avvocato, preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione…”.
Il termine “condominio”, adottato in senso evidentemente omnicomprensivo, farebbe presupporre la necessità della mediazione - indistintamente - in tutte le ipotesi di controversie condominiali.
Tale generale applicazione risulterebbe vieppiù confermata dal disposto (speciale) dell'art. 71 quater disp. att. c.c., il quale prevede testualmente che: “per controversie in materia di condominio, ai sensi dell'articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, si intendono quelle derivanti dalla violazione o dall'errata applicazione delle disposizioni del libro terzo, titolo VII, capo II, del codice e degli articoli da 61 a 72 delle presenti disposizioni per l'attuazione del codice civile”.
Tuttavia, il comma 4 dell'anzidetto art. 5 D. Lgs. 28/2010, prevede l'esclusione dalla procedura di mediazione di alcune specifiche fattispecie: a) i procedimenti di ingiunzione, inclusa l'opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione; b) i procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al mutamento del rito di cui all'articolo 667 del codice di procedura civile; c) i procedimenti di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite (art. 696-bis del codice di procedura civile); d) i procedimenti possessori, fino alla pronuncia dei provvedimenti di cui all'articolo 703, terzo comma, del codice di procedura civile; e) i procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all'esecuzione forzata; f) i procedimenti in camera di consiglio; g) l'azione civile esercitata nel processo penale.
Di talché, rientrando i procedimenti in parola tra quelli da trattarsi in camera di consiglio, la mediazione sarebbe da ritenersi esclusa.
Di contrario avviso, tuttavia, il Tribunale di Padova che in tre recenti e probabilmente unici pronunciamenti ha invece statuito come: “Per il combinato disposto degli artt. 71 quater e 64 disp. att. c.c., la controversia rientra tra quelle soggette all'obbligo della mediazione ai sensi del D.Lgs. n. 28/2010” (Tribunale di Padova, 03.12.2014, 17/02/2015 e 24/02/2015).
La decisione invero suscita non pochi dubbi e non risulta immune da osservazioni critiche.
Appare indubbio, infatti, che la revoca e la nomina giudiziale dell'amministratore di condominio, risultando pacificamente provvedimenti da assumersi in camera di consiglio, sembrerebbero esclusi ab origine dall'obbligo della mediazione, proprio in virtù dell'art. 5 co. 4, lett. f ) D.Lgs. 28/2010.
Ed ancora, avendo gli anzidetti procedimenti tipica natura cautelare e, pertanto, connotati dal carattere della sommarietà, provvisorietà e, soprattutto, da quello dell'urgenza, intempestivo potrebbe risultare l'obbligo della preventiva mediazione.
Tanto è vero che, come comunemente accade per gli altri procedimenti cautelari (ingiunzione, sfratto, d'urgenza, possessori, ecc.), nei quali vi è la necessità di ottenere un provvedimento giudiziale urgente e indifferibile, sottoporre gli stessi al previo tentativo obbligatorio di mediazione, con la conseguente inevitabile dilatazione dei tempi, rappresenterebbe una evidente contraddizione in termini, tanto che il legislatore, per siffatti procedimenti, ha espressamente escluso l'obbligatorietà della mediazione.
Non da ultimo, infine, una evidente inconciliabilità tra i procedimenti di revoca e nomina dell'amministratore di condominio con l'istituto della mediazione.
Occorre ricordare, infatti, che lo scopo essenziale della mediazione è quello di conciliare l'insorta controversia, in altri termini, essa tende al raggiungimento di un accordo transattivo tra le parti che, generalmente, si ottiene quando ognuna di esse rinuncia ad una parte della pretesa iniziale.
Ciò posto, nel caso di nomina giudiziale, la stessa potrebbe essere evitata solo in caso di intervento dell'assemblea, con la nomina dell'amministratore con le maggioranze richieste dalla legge, sotto pena, in mancanza, di violazione degli artt. 1129, comma I e 1136, comma IV, c.c.
Orbene se proprio la mancanza di una tale volontà assembleare abilita il condomino a rivolgersi all'autorità giudiziaria, non si capisce in che modo una conclamata inerzia dell'assemblea si potrebbe “mediare”, per giunta solo ed esclusivamente con i quorum necessariamente imposti dalla legge, non certo con maggioranza diverse.
Analogo discorso per il giudizio di revoca dell'amministratore. Anche in questo caso infatti le fattispecie qualificanti la revoca dell'amministratore risultano chiaramente tipizzate, si pensi ad esempio alla mancanza in capo all'amministratore del requisito professionale della formazione iniziale o culturale.
In simili fattispecie non c'è nulla da mediare, tanto è vero che i requisiti necessari per amministrare un condominio, siccome normativamente imposti, o sono posseduti oppure no, pertanto, in proposito non potrebbe esistere alcun accordo conciliativo concernente i titoli obbligatori dell'amministratore che, semmai raggiunto, comporterebbe certamente una violazione del dettato normativo.
Peraltro eventuali mediazioni concluse in materia di revoca o nomina dell'amministratore di condominio che, per i motivi sopra detti, si pongano in contrasto con la specifica normativa condominiale, implicherebbero anche una violazione dell'art. 1344 c.c., intitolato “contratto in frode alla legge”, il quale stabilisce che la causa si reputa illecita quando il contratto (accordo di mediazione) costituisce il mezzo per eludere l'applicazione di una norma imperativa.
Pertanto, appare ragionevole ritenere che i procedimenti di revoca e nomina giudiziale dell'amministratore, non abbisognano del preventivo esperimento del tentativo di mediazione, risultando la funzione di detto istituto incompatibile con le anzidette procedure giudiziali.

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