Condominio

SPORTELLO MEDIAZIONE - 7. Mediazione e competenza territoriale

di Federico Ciaccafava

Si chiede se, ai fini della presentazione della domanda di mediazione relativa ad una controversia condominiale, la legge individui o meno la competenza di un organismo di mediazione. In altri termini, si tratta di stabilire se, una volta qualificata la controversia come di natura condominiale e, quindi sottoposta, in quanto tale, al previo esperimento del tentativo di conciliazione, la parte che intende attivare il procedimento di mediazione possa rivolgersi liberamente ad un organismo di mediazione o sia tenuta, al fine di individuare quest'ultimo, all'osservanza di determinati criteri.


L'art. 71-quater, comma 2, disp. att. cod. civ. – aggiunto dall'art. 25 della citata legge n. 220 del 2012, recante la riforma della disciplina condominiale – fissa un criterio di competenza territoriale degli organismi di mediazione specifico per le controversie condominiali. In particolare, si prevede che la domanda di mediazione debba essere presentata presso un organismo di mediazione ubicato nella circoscrizione del tribunale nella quale il condominio è situato. Tale disposizione integra ed invera il disposto dell'art. 4, comma 1, del D.lgs. n. 28 del 2010, il quale, disponendo che “la domanda di mediazione è presentata mediante deposito di un'istanza presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia”, individua un criterio generale di “competenza mediativa”. Il legislatore, infatti, nell'estate del 2013, modificando la disciplina previgente, la quale riconnetteva l'individuazione dell'organismo che avrebbe in concreto amministrato il procedimento alla scelta insindacabile della parte istante, ha introdotto un apposito criterio di competenza territoriale: la mediazione deve ora necessariamente essere gestita dall'organismo avente sede nel circondario del giudice territorialmente competente per la controversia. La richiamata disposizione di cui all'art. 71-quater, comma 2, disp. att. cod. civ., si rivela coerente con la disciplina processuale dettata in tema di competenza territoriale, laddove l'art. 23 cod. proc. civ. dispone che, per le cause tra condomini, ovvero tra condomini e condominio, risulti competente il giudice del luogo dove si trovano i beni comuni o la maggior parte di essi. Per quanto riguarda il raffronto tra le due norme, occorre rilevare che, mentre in caso di inosservanza del criterio generale di competenza, il legislatore nulla ha disposto, in caso di violazione del criterio speciale è prevista dalla riforma condominiale una specifica sanzione: è infatti testualmente disposta l'inammissibilità della domanda di mediazione. Infine, una delicata questione di compatibilità tra disciplina generale e disciplina speciale è stata sollevata dalla dottrina in caso di fori alternativi per l'ipotesi in cui siano competenti anche giudici diversi da quello del luogo in cui è ubicato il condominio, come nel caso dell'azione di responsabilità verso l'amministratore o il condomino moroso che, secondo le regole del codice di rito, prevedono anche il foro di residenza del convenuto il quale non coincide necessariamente con quello in cui è situato il fabbricato (Celeste). In tali casi si è ritenuto prevalga la disciplina speciale dovendosi la mediazione avviare esclusivamente nel luogo in cui è situato il condominio anche se competente a conoscere l'azione giudiziaria sia il giudice di un luogo diverso (Thiery).


Riferimenti normativi
Decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, art. 4
Disp. att. cod. civ. art. 71-quarter
Cod. Proc. Civ. art. 23

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