Condominio

Un aiuto viene dal regolamento

di Cesarina Vittoria Vegni

Un palazzo d’epoca , al piano terra, ospita un bar ristorante molto frequentato. I condomini lamentano continuamente sia l’alto volume della musica fino a notte inoltrata (anche fino alle 3 del mattino), che sale dal locale, sia le grida e gli schiamazzi degli avventori che, soprattutto con il bel tempo, affollano il marciapiedi intorno al palazzo. In vista dell’imminente assemblea, i condòmini vorrebbero proporre azioni a tutela della loro quiete.

Il caso, descritto da un amministratore condominiale, è molto frequente nelle nostre rumorose e maleducate città : un bar o ristorante che intrattiene con musica alta, fino a notte tarda, i suoi avventori, molti dei quali rimangono fuori dall’ingresso del locale, disturbando il riposo degli altri condomini dello stesso stabile o di edifici vicini, nonché gli stessi passanti, con schiamazzi e frastuoni. Si tratta di una situazione per la quale si possono individuare diverse forme di tutela giuridica, anche se la protervia e la negligenza di gestori e avventori sono difficili da superare.

L’importanza del regolamento

Si può, anzitutto, ipotizzare che l’esercizio commerciale sia direttamente gestito dal proprietario-condomino, o da un suo inquilino. In tal caso, se vi è un regolamento condominiale che vieta o limita quel tipo di attività o stabilisce orari da rispettare per garantire la quiete domestica, i condomini disturbati nella loro tranquillità potranno agire, avanti il tribunale, per il rispetto del regolamento. Gli stessi condomini, ma anche le persone che vivono in edifici vicini al locale che produce il descritto frastuono e disturbo, potranno altresì agire ex articolo 844 del Codice civile per impedire le immissioni intollerabili di rumori dovuti alla musica alta e agli schiamazzi. I danneggiati dovranno rivolgersi, anche in questo caso, al Tribunale e non al giudice di pace, che è competente solo per le cause di immissioni fra immobili destinati a civili abitazioni ex articolo 7, comma 3 n.3 del Codice di procedura civile.

Il giudice dovrà anzitutto valutare l'intollerabilità o meno delle immissioni rumorose, anche facendo riferimento ai criteri indicati dalle norme pubbliche in materia, in particolare alla legge quadro sull’inquinamento acustico, n. 447/1995, e a quelli previsti dal Dpcm 1° marzo 1991 per la determinazione dei limiti massimi di esposizione al rumore, ancorché dettati per la tutela generale del territorio. Parametri che dovranno essere interpretati dal giudice civile come un limite di accettabilità. Limite minimo e, quindi, non è detto coincidente con quello richiesto dall’articolo 844 nei rapporti tra privati, con la conseguenza che, anche in difetto di altri eventuali elementi, il suo superamento è sempre idoneo a determinare la violazione di tale norma (Cassazione civile, sezione II, 6 novembre 2013, n. 25019 ). Il giudice, per poter decidere se è stato superato il parametro della normale tollerabilità delle immissioni rumorose, dovrà disporre la consulenza tecnica d’ufficio. Il perito stabilirà le caratteristiche tecniche della sorgente rumorosa, la diffusione del rumore e il rumore di fondo, inteso come il rumore continuo caratteristico della zona. Successivamente, per valutare se le immissioni lamentate superino la normale tollerabilità prevista dall’articolo 844, per uniforme giurisprudenza, ricorrerà al criterio comparativo di 3 dB(A) sul rumore di fondo, quale valore idoneo a raddoppiare il rumore. Il consulente tecnico d’ufficio indicherà anche gli interventi eventualmente strutturali da eseguire, se sono possibili e efficaci, per rendere tollerabili le immissioni di rumore. Se ciò non fosse possibile, e permanesse l’intollerabilità, il giudice dovrà totalmente inibirle e, se richiesto, riconoscere il risarcimento del danno alla salute quale danno biologico, in particolare psichico.

Dal giudice penale al sindaco

Al di là della tutela civilistica, contro le immissioni intollerabili di rumore provenienti da un locale può essere approntata anche la tutela penale nei confronti dello stesso gestore. Questi risponderà della contravvenzione di cui all'articolo 659, comma 1, Codice penale, se non controlla il volume delle emissioni sonore e non impedisce gli schiamazzi da parte degli avventori, in particolare durante l’orario notturno (Cassazione penale 23 marzo 2011; Cassazione penale 11 novembre 2004 n.45484 ). E, addirittura, a fronte di schiamazzi notturni degli avventori di un esercizio pubblico, ad alto grado di intollerabilità, è stato riconosciuto il potere al sindaco di adottare un’ordinanza di necessità per modificare gli orari degli esercizi commerciali per fronteggiare l’inquinamento acustico (Consiglio di Stato, sezione V, 25 agosto 2008, n. 4041)

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