Condominio

È sempre nulla la delibera che modifica i criteri legali di ripartizione delle spese

di Paolo Accoti

Risulta inevitabilmente nulla la deliberazione assembleare con la quale si deroga ai criteri legali di ripartizione delle spese, quand'anche la stessa venisse adottata all'unanimità.
L'art 1135 c.c. che specifica le attribuzioni dell'assemblea condominiale, prevede, tra le altre, quella relativa alla approvazione del preventivo delle spese occorrenti durante l'anno e alla relativa ripartizione tra i condomini, pertanto, all'assemblea è demandata la mera verifica in merito alla corretta applicazione dei criteri legali, non certo la loro modifica.
Salvo che l'unanimità dei condomini non abbia indubitabilmente espresso l'intenzione “di stipulare un negozio dispositivo dei loro diritti in tal senso”.
Questi principi sono stati fissati dalla Corte di Cassazione, nella sentenza n. 5814, pubblicata in data 23.03.2016. Nella stessa, peraltro, è stato evidenziato come questa nullità può essere fatta valere, in ogni tempo, anche dal condomino consenziente, purché lo stesso comprovi di avere interesse a farla valere.
Tutto parte dal giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, proposto dinnanzi al Giudice di pace, intentato da un condomino ritenuto debitore.Lo stesso, infatti, impugnava l'ingiunzione di pagamento richiesta nei suoi confronti da altri condòmini, per il pagamento della quota di sua pertinenza relativa ad alcuni lavori d'impermeabilizzazione effettuati sul tetto condominiale, in uso esclusivo agli stessi pretesi creditori.
L'opposizione veniva rigettata in primo grado, ma successivamente accolta in sede di gravame dal Tribunale di Venezia, che riteneva fondato l'appello principale proposto dal condomino soccombente in primo grado. A sostegno della decisione il Tribunale considerava applicabile al caso la fattispecie di cui all'art. 1126 c.c., in materia di ripartizione delle spese per i lastrici solari ad uso esclusivo, ritenendo non opponibili nei confronti del condomino appellante le tabelle millesimali derogative dei criteri imposti dalla predetta norma.
Ricorrevano per la cassazione della sentenza i condomini proprietari del lastrico solare, affidando il ricorso a quattro motivi, tra cui, la violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 1421 c.c. e 99 c.p.c., nonché degli artt. 1126, 1123 e 1135, n. 2, c.c.
La Corte di Cassazione ritiene il ricorso infondato e, pertanto, lo rigetta, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità. Anzitutto chiarendo che la ripartizione delle spese di manutenzione ovvero di ricostruzione delle “terrazze a livello” di uso esclusivo, ma che servano anche da copertura dei piani sottostanti, deve avvenire sulla scorta del dettato dell'art. 1126 c.c., per il quale 1/3 della spesa rimane a carico del condomino che ha l'uso esclusivo del lastrico, mentre i restanti 2/3 devono essere ripartiti tra i condòmini proprietari delle abitazioni sottostanti, in considerazione della contemporanea funzione di copertura del lastrico solare.
Precisa poi la Cassazione, richiamando un proprio precedente, come l'anzidetto criterio di ripartizione di spesa riguarda qualsiasi tipologia di intervento, sia esso ordinario o straordinario, di manutenzione o di rifacimento. Di contro, restano a carico del proprietario della terrazza a livello solo le spese destinate al miglior godimento dell'abitazione per cui lo stesso costituisce prolungamento (Cfr.: Cass., 16583/2012; Cass., 1451/2014).
Entrando nel merito della vicenda, la Corte afferma come la delibera condominiale con la quale sono state approvate all'unanimità le tabelle millesimali che modificano il criterio legale non ha portata derogatoria, né può condividersi il diverso, precedente orientamento espresso dalla medesima Corte (Cassazione, sentenza 1082/1964), per il quale, non risultando la disposizione di cui all'art. 1126 c.c. tra quelle inderogabili indicate dal IV comma dell'art. 1138 («Le norme del regolamento non possono in alcun modo menomare i diritti di ciascun condomino, quali risultano dagli atti di acquisto e dalle convenzioni, e in nessun caso possono derogare alle disposizioni degli artt. 1118 secondo comma, 1119, 1120, 1129, 1131, 1132, 1136 e 1137»), il regolamento potrebbe stabilire una diversa ripartizione.
E infatti ora afferma la medesima seconda sezione civile che: «le attribuzioni dell'assemblea condominiale, previste dall'art. 1135 cod. civ. sono circoscritte alla verificazione ed all'applicazione in concreto dei criteri stabiliti dalla legge, e non comprendono il potere di introdurre deroghe ai criteri legali di riparto delle spese».
Logica conseguenza di ciò è che: «deve ritenersi nulla e non meramente annullabile, anche se assunta all'unanimità, la delibera che modifichi il criterio legale di ripartizione delle spese di riparazione del lastrico solare stabilito dall'art. 1126 cod. civ., senza che i condomini abbiano manifestato l'espressa volontà di stipulare un negozio dispositivo dei loro diritti in tal senso» (Cass. civ, Sez. II, 23.03.2016, n. 5814).
In merito ai soggetti che possono far valere la nullità, in ragione dei precedenti specifici sul punto,la Corte ritiene che: «La predetta nullità può essere fatta valere, a norma dell'art. 1421 cod. civ., anche dal condomino che abbia partecipato all'assemblea esprimendo voto conforme alla deliberazione stessa, purché alleghi e dimostri di avervi interesse, giacché non opera nel campo del diritto sostanziale la regola propria della materia processuale secondo cui chi ha concorso a dare causa alla nullità non può farla valere (ex plurimis, Cass., sez. 2^, sentenza n. 5125 del 1993)». Ciò perché un diverso criterio di ripartizione, rispetto a quello legislativamente previsto, incide inevitabilmente sul valore della proprietà immobiliare di pertinenza di ogni singolo condomino e, pertanto, necessita di una “base convenzionale” (tra le altre: Cass., 28679/2011).
Questa negoziale non può, peraltro, neppure essere attribuita alle tabelle millesimali approvate dell'assemblea condominiale - le quali non abbisognano neppure dell'unanimità dei consensi per l'approvazione (Cass., Sez. Un., 18477/2010) - in considerazione del fatto che, in ogni caso, non può «l'unanimità dell'approvazione trasformare in negoziale ciò che non lo è».
In una ipotetica elencazione delle materie nelle quali all'assemblea dei condòmini sia o meno consentito di decidere all'unanimità, si deve tener conto del concreto interesse sotteso alla deliberazione da adottare, sia esso incidente sulla proprietà comune ovvero su quella individuale.
Pertanto, l'assemblea all'unanimità può deliberare in merito ai diritti reali comuni, in virtù dell'esplicita previsione dell'art. 1108, III co. c.c. (Cfr.: Cass. civ. Sez. II, 16.01.2014, n. 821), quindi, può disporre l'alienazione del fondo comune, la rinuncia o la concessione di servitù, delle locazioni superiori ai nove anni e, in generale, nelle transazioni aventi ad oggetto negozi giuridici con carattere dispositivo dei beni comuni (Cfr.: Cass. civ. Sez. II, 24.02.2006, n. 4258).
Sempre con il consenso unanime di tutti i partecipanti alla comunione, l'assemblea può stabilire il tasso degli interessi moratori a carico dei condomini in caso di omesso o ritardato pagamento degli oneri condominiali (Cfr.: Cass. civ. Sez. II, 30.04.2013, n. 10196) ovvero può regolamentare l'uso della cosa comune consentendo, dal punto di vista qualitativo, ad alcuni condòmini di farne un uso diverso dagli altri (Cfr.: Cass. civ. Sez. II, 07.12.2006, n. 26226) e, più in generale, con il voto unanime dei partecipanti, l'assemblea può modificare le norme del regolamento condominiale che incidono sulla utilizzabilità e sulla destinazione delle parti comuni dell'edificio, come ad esempio per le scale (Cfr.: Cass. civ. Sez. II, 20.03.2015, n. 5657).
Viceversa, quando il deliberato assembleare incide sui diritti di proprietà del singolo condomino, non è più sufficiente neppure l'unanimità dei consensi, essendo necessaria l'esplicita manifestazione di volontà del condomino interessato di rinunciare, in tutto o in parte, ad un proprio diritto (Cfr.: Cass. civ. Sez. II, 23.03.2016, n. 5814; Cass. civ. Sez. II, 08.02.2016, n. 2444).

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