Condominio

Per i danni è lecita la chiamata in causa «a catena»

di Enrico Morello

La domanda dell'attore si estende automaticamente al terzo chiamato in causa dal convenuto senza che occorra, in tal senso, una apposita istanza. Lo afferma la sentenza 6623/2016 della Cassazione, depositata ieri.
I proprietari di un appartamento citavano in giudizio i proprietari dell'appartamento sovrastante chiedendone la condanna al risarcimento dei danni per infiltrazioni d'acqua provenienti dal loro alloggio.
I convenuti si costituivano chiamando in causa, a loro volta, il Condominio al quale essi attribuivano la reale responsabilità dell'evento dannoso.
La sentenza del Giudice di pace, che condannava il Condominio a risarcire gli attori del danno, veniva poi riformata dal tribunale torinese, sul presupposto che
“gli attori avessero sempre e solo richiesto la condanna dei convenuti al risarcimento”, senza formulare viceversa una richiesta specifica e diretta nei confronti del Condominio, che pure in seguito a chiamata di terzo era divenuto parte in causa.
La Cassazione, a sua volta, riformava la sentenza del Tribunale (e pertanto confermava quella del Giudice di pace), rilevando come per principio di diritto già enunciato in altre sentenze della corte suprema, “nell'ipotesi in cui il terzo sia stato chiamato in causa dal convenuto come soggetto effettivamente e direttamente obbligato alla prestazione pretesa dall'attore, la domanda attrice si estende automaticamente ad esso, senza necessità di un espressa istanza, dal momento che il giudizio verte sull'individuazione del responsabile sulla basa di un rapporto - obbligazione ex illecito - oggettivamente unico”.
In sostanza, secondo la cassazione, poiché l'evento dannoso (e quindi anche l'obbligazione) è uno solo, non è necessario che l'attore formuli una specifica domanda nei confronti del terzo chiamato in causa; essendo sufficiente, appunto, che il danno sia a quest'ultimo addebitabile per giustificarne la condanna in favore di chi ha agito per ottenere il risarcimento.”

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