Condominio

Le scale per la soffitta privata sono comunque parti comuni

di Paolo Accoti

In assenza di titolo contrario scale e pianerottoli si considerano comuni anche se poste al servizio solo di alcuni condòmini. Le rampe di scala, e i relativi pianerottoli, risultano pur sempre una struttura essenziale del fabbricato, siccome strumento indispensabile per l'esercizio del godimento della relativa copertura, quand'anche le stesse si rivelano funzionalmente al servizio solo di alcune porzioni dello stabile.
Questo è il principio di diritto pronunciato dalla VI Sez. Civile, della Corte di Cassazione, nella sentenza n. 4664, del 9 marzo 2016.
La proprietaria di un appartamento in condominio sovrastante il lastrico solare, servito da una scala di accesso che si dipanava dal portone di ingresso al fabbricato, evocava in giudizio il condomino dirimpettaio, con accesso comune al predetto portone e alla scala, per sentire dichiarare illegittima la porta dallo stesso realizzata al vertice della prima rampa di scale, che precludeva l'accesso alla rampa successiva.
Questi, nel costituirsi in giudizio, chiedeva il rigetto della domanda e, comunque, in via riconvenzionale, reclamava gli fosse riconosciuto l'acquisto per usucapione della proprietà relativa alla seconda rampa di scale e, conseguentemente, il diritto all'apposizione dell'anzidetta porta.
All'esito dell'istruttoria il Tribunale di Bari rigettava la domanda, in assenza di prova in merito al titolo di proprietà. Avverso la predetta decisione gli eredi dell'attrice interponevano appello, nel quale si costituiva il condomino vittorioso in primo grado insistendo per il rigetto dello stesso.
La Corte di Appello di Bari, ribaltando il precedente giudicato, accoglieva la domanda degli appellanti, dichiarandoli comproprietari dell'intera scala.
A sostegno della decisione assunta nel secondo grado di giudizio, la Corte pur non mettendo affatto in discussione le circostanze per le quali solo la prima rampa di scala fosse utilizzata da ambedue i condòmini evidenziava, tuttavia, che in merito alla proprietà della seconda rampa - sia pure “strettamente funzionale” alle sole esigenze dell'appellato - dagli atti di acquisto non risultava alcuna espressione idonea ad escludere comunque la comproprietà tra gli stessi.
Pertanto, entrambe le rampe di scale (prima e seconda), dovevano essere considerate beni comuni ex art. 1117 c.c.
La questione, quindi, giunge dinnanzi alla Corte di Cassazione, la quale, con la sentenza n. 4664, del 9.03.2016, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, <<sanzionandolo>> vieppiù al pagamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, ritenuta la sussistenza delle condizioni di cui all'art. 13, comma 1-bis, del D.P.R. 115/2002.
Il condomino ricorrente deduce la violazione dell'art. 1117 c.c., per avere il giudice di secondo grado errato laddove, una volta riconosciuta la natura pratica della seconda rampa di scale - al servizio esclusivo dell'appartamento dello stesso - avrebbe dovuto ritenere tale elemento prova dell'esclusiva pertinenza della porzione di scala in capo al medesimo.
La Corte richiamata la propria consolidata giurisprudenza per la quale, negli edifici in condominio, le scale costituiscono strutture funzionalmente essenziali al fabbricato e che, pertanto, in assenza di titolo contrario, devono presumersi comuni anche se poste concretamente al servizio soltanto di talune porzioni dello stabile (tra le tante: Cass. Sez. Il civ., sent. n. 1351 del 22.2.1996).
Ciò detto, ritiene che: “la circostanza che le rampe di scala, con il pianerottolo, qui in contestazione, integranti l'ultima parte della scala condominiale, siano poste fra l'ultimo piano dell'edificio di cui trattasi e le relative soffitte sottotetto, appartenenti ad un unico proprietario, e servano principalmente a mettere in comunicazione le considerate porzioni dello stabile non rileva ai fini in discorso, avuto riguardo al dato che la scala è, in sè, una struttura essenziale del fabbricato e serve a tutti i condomini di questo come strumento indispensabile per l'esercizio del godimento della relativa copertura”.
Pertanto, bene ha fatto la Corte d'Appello di Bari nel ritenere che l'art. 1117 cc. non fa discendere la comproprietà del bene in ragione del suo collegamento funzionale, considerato che, al fine di escludere la condominialità dello stesso, il contrario deve risultare dal titolo.
Altro discorso invece, è quello relativo al cd. condominio parziale, per cui, al fine di verificare la natura condominiale di un bene è necessario verificare il suo collegamento funzionale, strumentale e materiale, con gli immobili di pertinenza dei singoli condòmini (Cfr.: Cass. 7.05.2010, n. 11195; Cass. 22.08.2002, n. 12436; Cass. 1.12.2000, n. 15372).
Ciò posto, deve escludersi la natura condominiale del bene solo qualora, l'anzidetto collegamento interessa una singola unità immobiliare, viceversa, allorché detto bene sia destinato a servire più unità immobiliari, quand'anche non la totalità, deve trovare applicazione l'art. 1123, 3° comma, c.c., in relazione al quale le spese relative alla manutenzione vanno poste a carico del gruppo dei condomini che ne trae utilità.
A tal proposito si segnala il principio per cui: “deve ritenersi legittimamente configurabile la fattispecie del condominio parziale ex lege tutte le volte in cui un bene risulti, per obbiettive caratteristiche strutturali e funzionali, destinato al servizio o al godimento in modo esclusivo di una parte soltanto dell'edificio in condominio, parte oggetto di un autonomo diritto di proprietà, venendo in tal caso meno il presupposto per il riconoscimento di una contitolarità necessaria di tutti i condomini su quel bene” (Cass. 24.11.2010, n. 23851; Cass. 28.04.2004, n. 8136).
Sulla scorta di ciò, di recente, è stato riaffermato il principio per cui: “il fatto che un bene, rientrante tra quelli di cui all'art. 1117, appartenga solo ad alcuni condomini non modifica, nella sua essenza, la relazione funzionale tra il bene, che è pur sempre destinato ad un uso collettivo (ancorché limitato) e le singole unità immobiliari oggetto di proprietà esclusiva: in tal caso, infatti, deve presumersi che la proprietà comune serva quelle individuali, né più né meno come il bene condominiale serve le proprietà di tutti i condomini” (Cass. 2.03.2016, n. 4127).

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