Condominio

Le distanze tra edifici sono derogabili solo in aumento

di Massimo Sanguini

La sopraelevazione deve rispettare la normativa vigente in materia di distanze dalle costruzioni vicine attualmente in vigore, oppure basta che l’ampliamento non preveda una distanza inferiore a quella esistente tra il mio edificio e quelli limitrofi?
Si trovano nel Codice civile le norme che fissano il rispetto di distanze minime tra le costruzioni. In particolare, l’articolo 873 prevede una distanza non minore di tre metri, che può però essere aumentata per specifica previsione dei regolamenti locali. Inoltre, l’articolo 9, comma 1, n. 2, del Dm 2 aprile 1968 n. 1444, introduce la prescrizione di una distanza minima assoluta, tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti, di dieci metri. Queste distanze minime non possono essere derogate, né in virtù di accordi tra privati, né dagli strumenti urbanistici locali – ad esempio dal regolamento edilizio comunale o dalle norme tecniche di attuazione della normativa di pianificazione generale – in quanto la loro ragione d’essere si rinviene nell’esigenza della collettività di scongiurare la creazione di intercapedini dannose sia sotto il profilo igienico-sanitario che sotto quello della sicurezza. Tant’è che, per giurisprudenza ormai cristallizzata, le disposizioni dei regolamenti locali che prevedano distanze inferiori a quelle citate sono automaticamente sostituite da quelle di legge; nel caso in cui, invece, non vi sia alcuna previsione in tal senso, sono direttamente applicabili le distanze minime previste dalle normative citate (si veda, tra le tante, Consiglio di Stato, sezione IV, 16 aprile 2015, n. 2791).

La sopraelevazione

Ma come si applica la normativa in materia di distanze quando non s’intende realizzare una nuova costruzione, bensì una ristrutturazione dell’esistente che preveda però una sopraelevazione?

In primo luogo, la giurisprudenza prevalente ritiene la sopraelevazione equiparabile a una nuova costruzione, in quanto determina un incremento della volumetria del fabbricato: non è necessario, quindi, che ci si trovi di fronte a un manufatto “nuovo” in tutto e per tutto, senza alcun collegamento con edifici preesistenti, ma è sufficiente che venga realizzato un aumento del numero dei locali utilizzabili, con un incremento della superficie utile calpestabile e della relativa volumetria. In tal caso, l’ampliamento – non necessariamente, quindi, solo in sopraelevazione – dell’edificio esistente non potrà sottrarsi al rispetto della normativa vigente in materia di distanze (in tal senso, Corte di cassazione, sezione II civile, 27 marzo 2014, n. 7291).

La sopraelevazione, pertanto, non potrà essere realizzata a distanza inferiore rispetto a quella prevista dall’articolo 9, comma 1, n. 2, del Dm 2 aprile 1968, n. 1444, vale a dire 10 metri fra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti.

Ovviamente la normativa non è applicabile quando le pareti che si fronteggiano non sono finestrate, ossia sono pareti “cieche”: in questo caso la distanza minima da rispettare, salva la prescrizione di una distanza maggiore da parte dei regolamenti locali, sarà quella di tre metri prevista dall’articolo 873 del Codice civile.

La prevenzione

Vista la normativa vigente in materia di distanze dalle costruzioni, nonché l’applicabilità della medesima anche all’ipotesi di sopraelevazione o, comunque, di un ampliamento volumetrico (assimilabili, come si è visto, al concetto di nuova costruzione), rimane da verificare se l’edificazione indicata nel quesito possa fruire di eventuali deroghe in ragione dell’applicazione del principio della cosiddetta prevenzione, oppure per il fatto che il fabbricato oggetto dell’intervento edilizio si trova in centro storico, quindi in zona “A”, ex articolo 9 comma 1, n. 1, del Dm 2 aprile 1968, n. 1444.

Per prevenzione – nel caso specifico applicata alla sopraelevazione - s’intende il diritto di sopraelevare il fabbricato originariamente realizzato per primo, mantenendo quindi le distanze inferiori a quelle previste dai regolamenti edilizi locali. Tuttavia, secondo la prevalente giurisprudenza sia amministrativa che civile, perché tale diritto si possa ritenere operante, esso dev’essere espressamente riconosciuto dai regolamenti edilizi locali: questi ultimi, cioè, devono prevedere la possibilità, riguardo a edifici preesistenti, di costruire in deroga alle prescrizioni contenute nel piano regolatore sulle distanze (Consiglio di Stato, sezione V, 10 gennaio 2012 n. 53). Diversamente, opererà il principio di carattere generale secondo cui alla sopraelevazione si applica la normativa – in materia di distanze ma non solo - vigente al momento della realizzazione della medesima, con l’esclusione del criterio della prevenzione e della possibilità di edificare a distanze inferiori a quelle previste dalla legge o dai regolamenti locali (Corte di Cassazione, sezione II civile, n. 7291/2014).

Lo stesso discorso vale a maggior ragione se la sopraelevazione che si vuole realizzare interessa un edificio situato in centro storico: è vero che l’articolo 9, comma 1, n. 1, del Dm 1444/1968 prevede che, nelle zone “A”, operazioni di risanamento conservativo ed eventuali ristrutturazioni non possono essere realizzate a distanze inferiori a quelle intercorrenti tra i volumi edificati esistenti; tuttavia, ciò non può voler dire ammettere la possibilità di sopraelevare in deroga alla normativa vigente in tema di distanze. Poiché, pur se realizzata in zona “A”, la sopraelevazione rimane sempre assimilabile a una nuova costruzione, tale intervento edilizio non potrà essere realizzato nel solo rispetto delle distanze previgenti (come per il caso del risanamento conservativo o della semplice ristrutturazione), ma dovrà essere in regola con la normativa vigente, applicabile alle nuove costruzioni (Tar Toscana, Firenze, sezione III, 9 luglio 2014, n. 1217).

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