Condominio

L'amministratore che anticipa le somme deve provare il proprio credito

di Paolo Accoti

L'amministratore di condominio deve dare prova scrupolosa della contabilizzazione dei pagamenti effettuati dai singoli condòmini, al fine di dimostrare l'effettiva anticipazione di somme proprie in favore degli stessi, non bastando a tal uopo, l'approvazione dei bilanci da parte dell'assemblea, qualora gli stessi contengano degli errori di contabilizzazione successivamente emersi.
E' quanto stabilito dalla seconda sezione civile della Corte di Cassazione, nella sentenza n. 3657, del 24.02.2016, Presidente dott. V. Mazzacane, Relatore, dott. L. Orilia.
Il più delle volte, per sopperire alla carenza di liquidità del condominio, l'amministratore provvede personalmente a ripianare le casse condominiali deficitarie, salvo poi esigere la restituzione delle anticipazioni effettuate una volta revocato ovvero dimessosi.
Per come si evince dall'art. 1130 c.c., l'amministratore è l'organo di gestione e rappresentanza del condominio. La sua figura è riconducibile a quella del mandatario con rappresentanza, per come evincibile anche dal disposto dell'art. 1129 c.c. il quale, per tutto quanto non espressamente disciplinato rimanda, appunto, alle norme sul mandato (artt. 1703-1741).
Per quanto concerne le anticipazioni economiche dell'amministratore, tuttavia, lo stesso: “non ha - salvo quanto previsto dagli artt. 1130 e 1135 cod. civ. in tema di lavori urgenti - un generale potere di spesa, in quanto spetta all'assemblea condominiale il compito generale non solo di approvare il conto consuntivo, ma anche di valutare l'opportunità delle spese sostenute dall'amministratore; ne consegue che, in assenza di una deliberazione dell'assemblea, l'amministratore non può esigere il rimborso delle anticipazioni da lui sostenute, perché, pur essendo il rapporto tra l'amministratore ed i condomini inquadrabile nella figura del mandato, il principio dell'art. 1720 cod. civ. - secondo cui il mandante è tenuto a rimborsare le spese anticipate dal mandatario - deve essere coordinato con quelli in materia di condominio, secondo i quali il credito dell'amministratore non può considerarsi liquido né esigibile senza un preventivo controllo da parte dell'assemblea” (Cass. civ. Sez. II, 27/06/2011, n. 14197. Nello stesso senso: Cass. civ. Sez. II, 27/01/2012, n. 1224. Da Ultimo: Trib. Firenze Sez. II, 17/10/2014).
Ciò sta a significare che l'amministratore non ha un potere universale di spesa, essendo detto potestà facoltà demandata per legge all'assemblea condominiale, la quale ex art. 1135, nn. 2 e 3, c.c., provvede all'approvazione delle spese occorrenti durante l'anno e alla relativa ripartizione, nonché all'approvazione del rendiconto annuale dell'amministratore e all'impiego del residuo attivo della gestione.
Salvo non venga dimostrata, da parte dell'amministratore, l'urgenza ed indifferibilità delle spese dallo stesso anticipate, ex art. 1135, II co., c.c.
Appare pleonastico, pertanto, ricordare come le singole partite di spesa devono essere sempre preventivamente approvate dall'assemblea, salvo i casi di urgenza, comunque anch'essi da dimostrare ovvero da ratificare da parte dell'assemblea; in mancanza, il credito non potrebbe essere considerato esigibile.
La giurisprudenza di legittimità formatasi sul punto, richiede infatti, la prova rigorosa delle anticipazioni effettuate dall'amministratore.
E' pur vero che l'approvazione del rendiconto ha valore di riconoscimento di debito, ma ciò solo per le poste passive specificamente indicate. Pertanto, non è sufficiente che il rendiconto di cassa presenti un disavanzo tra uscite ed entrate, atteso che non si può ritenere in via deduttiva che la differenza sia stata versata dall'amministratore utilizzando denaro proprio, ovvero che questi sia comunque creditore del condominio per l'importo corrispondente, atteso che la ricognizione di debito, sebbene possa essere manifestata anche in forma non espressa, richiede pur sempre un atto di volizione su di un oggetto specificamente sottoposto all'esame dell'organo collettivo, chiamato a pronunciarsi su di esso.
Ciò posto, l'approvazione del rendiconto dell'amministratore recante un importo di spese superiore a quello dei contributi condominiali pagati dai condòmini, può valere come riconoscimento di debito da parte di tutti i condomini in favore dell'amministratore, ma solo limitatamente alle poste a debito dei condomini che siano state indicate nel rendiconto con sufficiente specificità e chiarezza (Cass. 09/05/2011 n. 10153. Si confronti anche: Cass. 28/05/2012 n. 8498; Cass. 04/07/2014 n. 15401).
In assenza dei requisiti e delle specificità delineate dalla giurisprudenza di legittimità l'eventuale credito dell'amministratore, rinveniente dalle anticipazioni effettuate in favore del condominio risulterebbe inesigibile.
A tanto va senz'altro aggiunto come, la sottoscrizione da parte del nuovo amministratore - all'atto della consegna della documentazione inerente la precedente amministrazione - del verbale di passaggio delle consegne ovvero l'apposizione sullo stesso di diciture del tipo “per accettazione” o “per ratifica” o, ancora, “per approvazione”, non è sufficiente ad impegnare il condominio in merito al rimborso di somme anticipate dall'amministratore antecedente.
A tal proposito, infatti: “Il nuovo amministratore di un condominio, se non autorizzato dai partecipanti alla comunione, non ha il potere di approvare incassi e spese condominiali risultanti da prospetti sintetici consegnatigli dal precedente amministratore e, pertanto, l'accettazione di tali documenti non costituisce prova idonea del debito nei confronti di quest'ultimo da parte dei condomini per l'importo corrispondente al disavanzo tra le rispettive poste contabili, spettando, invece, all'assemblea dei condomini approvare il conto consuntivo, onde confrontarlo con il preventivo ovvero valutare l'opportunità delle spese affrontate d'iniziativa dell'amministratore. (La S.C., in applicazione dell'enunciato principio, ha confermato la sentenza di merito, la quale aveva ritenuto che la sottoscrizione del verbale di consegna della documentazione, apposta dal nuovo amministratore quand'era già immesso nell'esercizio delle sue funzioni, non integrasse una ricognizione di debito fatta dal condominio in relazione alle anticipazioni di pagamenti ascritte al precedente amministratore e risultanti dalla situazione di cassa registrata)” (Cass. civ. Sez. II, 28/05/2012, n. 8498).
Tale orientamento è stato recentemente ribadito dalla Suprema Corte, con la sentenza n. 3657, pubblicata in data 24 febbraio 2016.
Ed invero accadeva che l'ex amministratore di condominio, con atto di citazione, conveniva in giudizio il nuovo amministratore dello stabile, per sentirlo condannare al pagamento della somma di lire 103.045.024 da lui asseritamente anticipata in esecuzione di alcune delibere assembleari.
Il Condominio non si costituiva in giudizio, se non successivamente, tuttavia, nello stesso intervenivano volontariamente alcuni condòmini personalmente, i quali contestavano la pretesa creditoria, sia in relazione al quantum richiesto, sia per quanto concerne la corretta tenuta della contabilità condominiale.
In subordine, chiedevano comunque che le somme eventualmente accertate come dovute, venissero ripartite tra tutti i condòmini.
Nelle more si costituiva anche il Condominio, in persona del nuovo amministratore p.t. chiedendo il rigetto della domanda.
Il Tribunale di Forlì rigettava la domanda dell'ex amministratore per carenza di prova, al pari della successivamente adita, Corte d'Appello di Bologna, che all'esito della disposta Consulenza Tecnica d'Ufficio, confermava integralmente la sentenza di primo grado.
In particolare, veniva rilevato nella sentenza di secondo grado che, per come evidenziato nella perizia contabile, l'ex amministratore aveva omesso di contabilizzare gli effettivi pagamenti fatti dai condòmini per importi superiori a quelli presuntivamente eseguiti personalmente dall'amministratore dell'epoca.
Che, pertanto, sul punto, non vi era prova delle somme asseritamente anticipate dallo stesso.
Non pago, l'ex amministratore proponeva ricorso per cassazione, affidando lo stesso a nove motivi, molti dei quali riguardanti aspetti squisitamente procedurali.
La Suprema Corte, oltre a “bacchettare” il ricorrente per l'eccessiva lunghezza del ricorso (oltre 40 pagine), molte delle quali “dedicate alla trascrizione integrale di tutti gli atti processuali dei giudizi di primo e secondo grado, talvolta anche mediante la tecnica informatica del “copia e incolla””, ritenute assolutamente inutili ai fine del giudizio, anzi in violazione del dovere di sinteticità e sommarietà dell'esposizione dei fatti, ex art. 366 n. 3 c.p.c., riteneva possibile esaminare solo i restanti motivi - previa riconduzione dell'atto ai requisiti di sinteticità- qualora rispondessero al principio di autosufficienza del ricorso.
Tra i motivi esaminati, quello relativo alla supposta violazione dell'art. 112 c.p.c. ed al vizio di motivazione, per quanto concerne le censure all'operato del consulente tecnico ma anche, e soprattutto, sulla efficacia probatoria dei bilanci, tutti regolarmente approvati dall'assemblea, circostanza che risulterebbe sufficiente a soddisfare il prescritto onere probatorio.
La Corte di Cassazione, rigetta integralmente il ricorso proposto dall'ex amministratore, condannandolo anche alle spese del giudizio di legittimità.
In, particolare, afferma il Supremo Collegio, il giudice di secondo grado, sul punto relativo alla prospettata approvazione dei bilanci da parte dell'assemblea, ha correttamente e opportunamente motivato considerando l'omessa contabilizzazione dei pagamenti fatti dai condomini, i quali hanno versato importi superiori rispetto a quelli indicati in bilancio, con ciò escludendo che i pagamenti deliberati fossero stati eseguiti con fondi dell'amministratore.
Ed invero, chiosa la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 3657 del 24.02.2016: “una corretta contabilizzazione avrebbe evidenziato l'assenza di importi apparentemente pagati dall'amministratore posto che, come emerge dalla CTU, i pagamenti di tal genere erano per importi inferiori alle omesse contabilizzazioni”.
Ciò posto, se è pur vero che l'approvazione del rendiconto condominiale da parte dell'assemblea, qualora rechi un importo di spesa superiore rispetto ai contributi condominiali versati da ogni singolo condomino, può valere come riconoscimento di debito da parte degli stessi in favore dell'amministratore, nel caso in cui le poste a debito dei condòmini siano state esposte con sufficiente specificità e chiarezza, per come più volte ricordato dalla giurisprudenza di legittimità (Cfr.: Cass. 10153/2011; Cass. 8498/2012; Cass. 15401/2014), tuttavia, appare evidente che, se viene accertato in giudizio il difetto di contabilizzazione delle quote versate dai condòmini, l'approvazione del relativo bilancio non vale a fondare il diritto di credito in favore dell'amministratore per le somme che lo stesso sostiene di aver anticipato in favore del Condominio, dovendo egli pur sempre fornire la rigorosa ed effettiva prova degli anticipi diretti dallo stesso effettuati.

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