Condominio

Disabili in condominio, sì al servo-scala anche se gli altri condòmini si rifiutano

di Paolo Accoti


La normativa in materia di eliminazione delle barriere architettoniche - nel caso di specie, l'installazione di un servo scala - sorretta da evidenti principi di solidarietà, prescinde dalla persistente presenza di un condomino disabile, di talché il diritto al conservazione e all'utilizzo degli anzidetti dispositivi provvisori, qualora già installati, non può configurarsi quale un diritto personale, intrasmissibile, del condomino disabile, pertanto, lo stesso non viene meno con il suo decesso.
Detto principio, espresso dalla Corte di Cassazione, Sez. II civile, nella sentenza n. 3858 del 26 febbraio 2016, riprendo l'analogo assioma già pronunciato con particolare riferimento a un ascensore condominiale (in tal senso: Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 18334 del 25 ottobre 2012).
La sentenza annotata, tuttavia, si profila interessante sotto altri punti di vista, in particolare per quel che concerne il rapporto tra innovazioni in condominio e condòmini affetti da disabilità.
Uno dei partecipanti alla comunione conveniva in giudizio, dinnanzi al Giudice di pace, un condomino disabile, ad ausilio del quale era stato installato un servo scala, affinché venisse imposto al medesimo, dopo l'uso, la collocazione sul pianerottolo prospiciente la sua abitazione del relativo seggiolino.
Tanto in considerazione del fatto che, lo stazionamento del predetto seggiolino montascale sugli ultimi tre gradini del quarto piano, dirimpetto all'abitazione dell'attore, causava la riduzione del piano di calpestio di quasi la metà del suo spazio, costituendo vieppiù un pericoloso ostacolo.
Nelle more del giudizio, decedeva il condomino convenuto e, in sua vece, si costituivano in proprio e nella qualità gli eredi del de cuius, i quali avversavano la domanda attorea.
La domanda in primo grado veniva accolta, tuttavia, sull'appello proposto dagli eredi, il Tribunale di Asti, in riforma della gravata sentenza, respingeva la domanda attorea, sulla scorta del minimo ingombro operato dal seggiolino del servo scala e, pertanto, ne riteneva la sua tollerabilità, in virtù della minima compressione del diritto del condomino - controparte - al pari uso del bene comune.
Il condomino soccombente proponeva ricorso per cassazione, sulla scorta di tre motivi di diritto, in particolare, per la asserita dedotta nullità della sentenza in virtù della mancata dichiarazione del difetto di legittimazione e di interesse ad agire degli eredi, appellanti in secondo grado, i quali, alla morte del loro congiunto, non conservavano alcun diritto al mantenimento e, pertanto, all'uso del dispositivo per disabili, siccome strumento evidentemente connesso alla condizione di disabilità del condomino premorto, nonché per il divieto generalizzato del diritto all'anzidetta installazione ed all'uso del servo scala.
La Corte di Cassazione ritiene le doglianze infondate e, pertanto, rigetta il ricorso.
Premette il Supremo Collegio, che nei giudizi afferenti l'uso di dispositivi per l'eliminazione delle barriere architettoniche, giusto disposto dell'articolo 2, comma 2, della legge 13 del 9 gennaio 1989, la legittimazione attiva risiede in capo agli eredi del portatore di handicap, a favore del quale il dispositivo era stato installato, ciò sulla scorta del presupposto per cui detta normativa persegue certamente finalità particolari per l'invalido, tuttavia, le stesse rivestono anche un interesse generale alla accessibilità agli edifici.
Ciò posto, sottolinea come: «Con riferimento alla installazione degli impianti cosiddetti provvisori, del tipo servo scala, l'articolo 2, comma 2, della legge 13/1989, prevede una forma di autotutela, consentendo al portatore di handicap di superare il rifiuto del condominio e di installare a sue spese servo scala o altre strutture mobili, ovvero di modificare l'ampiezza delle porte d'accesso. Ai fini della installazione del dispositivo antibarriera è pertanto necessaria la presenza di un soggetto residente portatore di handicap, anche in funzione della erogazione di contributi pubblici».
Nondimeno, se appare evidente che l'installazione dell'apparecchiatura per disabili, costituente innovazione, risulta connessa strettamente alla persona affetta da minorazione, «non altrettanto è a dirsi dell'uso del dispositivo, che può servire contemporaneamente altri soggetti che vivono nel medesimo condominio, dovendosi in ogni caso ritenere che la funzione antibarriera - realizzata con il contributo pubblico - non venga meno con la persona nel cui interesse il dispositivo è stato installato».
Pertanto, viene esclusa la configurabilità di un "diritto personalissimo" all'uso dell'impianto, potenzialmente utilizzabile da più condomini portatori di handicap, l'anzidetta circostanza: «impedisce di configurare il diritto al mantenimento e all'uso dei dispositivi cosiddetti provvisori, ove già installati, come diritto personale ed intrasmissibile del condomino disabile, che si estingue con la morte dello stesso».
Peraltro, qualora emerga dall'istruttoria, come nel caso di specie, l'inesistenza di un pregiudizio in considerazione dell'esiguità dell'ingombro del seggiolino del servo scala in posizione di riposo, non può ritenersi compromesso l'utilizzo concorrente, e paritario, da parte degli altri condomini, risultando evidentemente tollerabile il non importante restringimento del piano di calpestio, specie nell'ottica di un contemperamento delle esigenze di tutela della proprietà con il principio solidaristico, imposto dall'articolo 1120, II comma, codice civile.

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