Condominio

Mediazione civile obbligatoria e liti condominiali: uno sguardo d'insieme

di Stefania Romano

L'art. 5 comma 1bis del d.lgs. 28/2010 s.m.i. ha confermato l'obbligatorietà del tentativo di conciliazione avanti ad Organismi di mediazione accreditati dal Ministero della Giustizia per controversie aventi ad oggetto controversie in materia condominiale.
Nonostante si stiano affermando – secondo un'interpretazione teleologica dell'introduzione dell'obbligatorietà di tale tentativo di conciliazione – interpretazioni estensive delle materie oggetto di mediazione civile, la nozione di controversia condominiale deve essere circoscritta ai casi in cui l'oggetto della controversia è disciplinata dalle norme in materia di condominio, come peraltro recentemente riformate.
Al contrario, non si può ritenere che rientrino nella nozione in esame tutte le controversie in cui il condominio è parte, vuoi istante vuoi convocato, dal momento che l'amministratore di condominio, nell'esercizio delle sue funzioni, è chiamato a promuovere giudizi civili a tutela della proprietà condominiale, ma non per solo questo elemento soggettivo si potrà ritenere che la controversia sia di “materia condominiale”; d'altra parte, non si può escludere a priori che il condominio possa essere parte, attrice o convenuta, di controversie che ricadano in una delle altre materie elencate dal suddetto art. 5 comma 1bis d. lgs. 28/2010 s.m.i. (es. servitù con terzi e con un ente condominiale o come fondo servente o come fondo dominante).
Tale distinzione non ricade sugli adempimenti che l'amministratore è chiamato a svolgere in nome e per conto del condominio nell'ambito della procedura di mediazione, sia dal lato attivo che da quello passivo, ma ha una rilevanza in termini di inquadramento dell'oggetto della controversia e di corretta impostazione del tentativo di conciliazione, affinché la condizione di procedibilità rispetto all'eventuale futuro giudizio civile possa intendersi avverata.
L'art. 71 bis disp. att. c.c. - introdotto dall'art. 25 L. 11.12.2012 n. 220 con decorrenza dal 18.06.2013 – ha contribuito a chiarire la nozione di controversia in materia condominiale, precisando che è da intendersi tale quella derivante dalla violazione o dall'errata applicazione delle disposizioni del libro III, titolo VII, capo II, del codice e degli articoli da 61 a 72 delle disposizioni per l'attuazione del codice.
L'amministratore di condominio, dunque, se intende attivare una procedura di mediazione o se riceve, per conto del condominio, la convocazione alla partecipazione ad un tentativo di conciliazione è chiamato a verificare innanzitutto la competenza territoriale dell'Organismo da adire o adito, ossia che l'Organismo abbia una sede accreditata presso il Ministero della Giustizia nel circondario del Tribunale ove è sito il condominio (come previsto dall'art. 71 quater comma 2 disp. att. c.c., che è da intendersi norma speciale rispetto a quella contenuta nel d.lgs. 28/2010 e comporta dunque una competenza dell'Organismo di mediazione potenzialmente diversa da quella del giudice naturale precostituito).
L'amministratore inoltre è legittimato a partecipare alla procedura di mediazione esclusivamente previa delibera assembleare da assumere con le maggioranze previste dall'art. 1136 comma 2 c.c. e, al fine della convocazione di tale assemblea per il caso in cui il condominio sia convocato in un tentativo di conciliazione, deve fare istanza all'Organismo di mediazione affinché provveda a rinviare il primo incontro a data utile per consentire tale convocazione.
All'assemblea l'amministratore dovrà esporre le questioni oggetto di controversia e sottoporre ai condomini la nomina di un legale che assista il condominio nella mediazione; tale legale, a sua volta, sarà tenuto all'informativa ex art. 4 comma 3 d.lgs. 28/2010 s.m.i. su caratteristiche, modalità di svolgimento e vantaggi del tentativo di conciliazione rispetto al giudizio civile, o da attivare o da subire da parte del condominio.
Tali vantaggi, peraltro, potrebbero indurre l'amministratore di condominio a scegliere di attivare una procedura di mediazione anche di natura volontaria, ossia al di fuori delle materie elencate dall'art. 5 comma 1bis d.lgs. 28/2010 s.m.i., per sfruttare tempi ridotti, costi contenuti e modalità peculiari di gestione della controversia proprie dei tentativi di conciliazione avanti ad Organismi di mediazione, nonché le agevolazioni fiscali in materia immobiliare e la possibilità di avere un titolo esecutivo senza costi onerosi.
Infine, l'amministratore può proporre all'assemblea la modifica una tantum del Regolamento condominiale – che avverrà a maggioranza o all'unanimità, a seconda del tipo di regolamento in vigore – con l'introduzione di una clausola di conciliazione che ha il vantaggio non tanto di obbligare ad adire un Organismo di mediazione civile prima di promuovere un giudizio civile da parte o nei confronti del condominio, stante l'obbligatorietà di cui sopra, quanto di scegliere preventivamente l'Organismo a cui affidare la gestione della controversia. A tale riguardo, si segnala che il d.lgs. 28/2010 ammette la conclusione di Convenzioni sulla tariffa della mediazione e ben potrebbe un condominio percorrere tale strada.
Tale scelta potrà rivelarsi foriera di effetti positivi per la gestione del condominio, in quanto la mediazione civile è svolta secondo modalità che, avendo come finalità la ricerca di un accordo di conciliazione volto a dare soddisfazione agli interessi concreti dei soggetti coinvolti, senza in alcun modo distribuire torti o ragioni, ha sicuramente il benefico effetto di consentire una prosecuzione serena dei rapporti; tale risultato, al contrario, è spesso precluso da una sentenza che, emessa da un giudice terzo ed esclusivamente sulla base delle posizioni assunte in diritto dalle parti, rischia di scontentare tutti.

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