Condominio

Gli «interpelli del condominio»: le regole del “supercondominio”

di Federico Ciaccafava

Il “supercondominio”o “condominio complesso” è una tipologia edificatoria formata da complesse strutture abitative articolate in una pluralità di edifici dotati di parti comuni. Esaminiamo le norme che regolano questo istituto.

D. Quali sono le regole che disciplinano il fenomeno contraddistinto dall'espressione “supercondominio”?
R. In sede di riforma della materia condominiale, operata con la nota legge n. 212/2012, il legislatore, pur astenendosi dal pronunciare espressamente il termine “supercondominio”, ha inteso considerare e disciplinare anche tale istituto. In particolare, due sono le disposizioni che hanno interessato direttamente la figura in esame: da un lato, l'art. 1117-bis cod. civ., norma che individua alcune fattispecie riconducibili al “supercondominio” latamente inteso; dall'altro, l'art. 67, commi 3 e 4, disp. att. cod. civ. norma che invece individua il regime della rappresentanza nell'assemblea del supercondominio.

D. Prendendo in esame la prima disposizione, cosa prescrive l'art. 1117-bis cod. civ.? E qual è il fondamento di tale norma?
R. L'art. 1117-bis cod. civ. stabilisce che le disposizioni dettate per il condominio negli edifici (cfr., Capo II, Titolo VII, del Libro III, artt. 1117 e ss. cod. civ.) si applicano “.. in quanto compatibili, in tutti i casi in cui più unità immobiliari o più edifici ovvero più condominii di unità immobiliari o di edifici abbiano parti comuni ai sensi dell'articolo 1117..”. La disposizione tende essenzialmente ad affermare due fondamentali principi: da una parte, come anticipato, elabora e codifica una serie di fattispecie riconducibili al fenomeno del “supercondominio o condominio complesso”; dall'altra, fatto salvo un previo giudizio di compatibilità, prescrive l'applicazione a tali ipotesi normative della disciplina propria del condominio negli edifici. Il legislatore della riforma, quindi, nel disciplinare positivamente l'istituto del “supercondominio”, ha finito per ritenere a quest'ultimo estendibili, in via analogica, le norme fissate per il condominio tradizionale. In tal modo, la norma in esame ha preso posizione su due questioni che hanno costituito, per alcuni decenni, l'oggetto prevalente del dibattito dottrinale e giurisprudenziale: ovvero, la questione della individuazione delle fattispecie che registrano la presenza del fenomeno noto appunto come “supercondominio”; e la connessa questione relativa alla disciplina giuridica applicabile a tale fenomeno: da un lato, la tesi incline a favorire le norme della comunione ordinaria (cfr., art. 1110 e ss. cod. civ.), dall'altro, la tesi invece favorevole all'applicazione proprio delle disposizioni sul condominio negli edifici (art. 1117 e ss. cod. civ.).

D. Come avviene la costituzione del supercondominio?
R. Secondo un orientamento consolidato nella giurisprudenza di legittimità, ai fini della costituzione di un supercondominio, non è necessaria né la manifestazione di volontà dell'originario costruttore, né quella di tutti i proprietari delle unità immobiliari di ciascun condominio. In particolare, si è espressamente affermato che, al pari del condominio negli edifici, anche il c.d. “supercondominio” viene in essere “ipso iure et facto”, se il titolo non dispone altrimenti, senza bisogno di apposite manifestazioni di volontà o altre esternazioni e tanto meno d'approvazioni assembleari, sol che singoli edifici, costituiti in altrettanti condomini, abbiano in comune talune cose, impianti e servizi legati, attraverso la relazione di accessorio e principale, con gli edifici medesimi e per ciò appartenenti, “pro quota”, ai proprietari delle singole unità immobiliari comprese nei diversi fabbricati.

D. Cosa s'intende in particolare per “più unità immobiliari o più edifici” aventi parti comuni?
R. Occorre premettere che, complice il recente varo delle nuove disposizioni, in assenza di utili e puntuali indicazioni provenienti dalla giurisprudenza, l'interpretazione del testo normativo è stata affidata in forma esclusiva agli autori e commentatori della riforma. Sotto tale profilo, in adesione alla migliore dottrina, si ritiene che, con la menzione “più unità immobiliari”, il legislatore abbia inteso propriamente riferirsi al frequente fenomeno delle c.d. “villette a schiera”, denominate comunemente anche come “condomini orizzontali”. Quanto alla dizione “più edifici”, la stessa appare invece idonea ad individuare i c.d. “consorzi di urbanizzazione”, i quali sono caratterizzati da una lottizzazione e costruzione di villette di proprietà individuale sui singoli lotti.

D. Uno o più edifici articolati in villette a schiera e uno o più edifici in regime di condominio formano un supercondominio?
R. Secondo la prima lettura data dalla migliore dottrina al dettato normativo, benché la formulazione dell'art. 1117-bis cod. civ. possa sembrare escluderlo, la figura del supercondominio non esige l'omogeneità dei suoi componenti strutturali. Ne consegue che è configurabile un supercondominio anche nell'ipotesi descritta nel quesito.

D. In presenza di un supercondominio cosa accade se vi sono oltre otto condomini?
R. In tal caso si dovrà procedere alla nomina dell'amministratore che andrà ad aggiungersi all'eventuale amministratore di ciascun edificio che ha con gli altri impianti o servizi in comune.

D.
Si è fatta menzione del “condominio orizzontale”. Cosa significa e quali le differenze rispetto al c.d. “condominio verticale”?
R. Il “condominio verticale” rappresenta la forma “classica” di condominio, composto da edifici a sviluppo verticale ad unità sovrapposte. Il condominio orizzontale individua invece più edifici – ad esempio, villette unifamiliari – aventi in comune una serie di opere e/o aree che, pur staccate dalle singole costruzioni, sono destinate al servizio degli stessi.

D. Cosa s'intende invece con l'espressione “più condominii di unità immobiliari o di edifici” aventi parti comuni?
R. Secondo i primi commentatori del testo di riforma della disciplina condominiale, la prima ipotesi individua una serie di edifici separati da un solo muro comune, i quali tuttavia hanno o hanno conservato, nel caso di scioglimento ex artt. 61, 62 disp. att. cod. civ., parti comuni sempre ai sensi dell'art. 1117 cod. civ.; l'ipotesi di più condominii di edifici aventi parti comuni è invece riferibile ad un complesso residenziale, formato da un insieme di edifici autonomi o rappresentato anche da vari blocchi, ciascuno dei quali a sua volta formato da vari fabbricati costituiti in condominio.

D. Per tutte e quattro le ipotesi normative l'elemento di raccordo ed unificazione è dato dall'esistenza di “parti comuni” ai sensi dell'art. 1117 cod. civ. Cosa vuol dire?
R. L'art. 1117 cod. civ., cui espressamente rinvia il disposto dell'art. 1117-bis cod. civ. suddivide le parti comuni in: a) parti necessarie alla sussistenza dell'edificio (il suolo su cui sorge l'edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate); b) le parti strumentali ad un miglior utilizzo del condominio e dei servizi offerti (le aree destinate a parcheggio, i locali per i servizi in comune, come la portineria, incluso l'alloggio del portiere, la lavanderia, gli stenditoi e i sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all'uso comune); c) le opere e gli impianti che servono all'uso ed al godimento comune (ascensori, pozzi, fognature, sistemi di distribuzione del gas, energia elettrica, riscaldamento e condizionamento, di ricezione televisiva e di flusso informativo fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale, etc.). Tanto premesso, in presenza di tali parti comuni riscontrabili nelle ipotesi di supercondominio, il legislatore, sia pure con il temperamento costituito dalla espressa previsione della necessità della verifica della loro compatibilità, ha sancito l'applicazione delle disposizioni dettate per il condominio.

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