Condominio

Assegnare i parcheggi non è scioglimento della comunione

di Jada C. Ferrero e Silvio Rezzonico

Si è spinta fino in Cassazione una guerra legale che opponeva due fratelli liguri nella spartizione di spazi in comune: posti auto in cortile e vano sottotetto.
Uno dei due, che chiameremo il fratello A, a un certo punto ricorre ai giudici per procedere allo scioglimento della comunione esistente sul cortile adiacente al fabbricato di loro proprietà, o in subordine — ove la divisione non fosse stata possibile — chiedendo l'individuazione e l'assegnazione, all'interno dell'area comune, dei posti-auto di pertinenza di ciascuno. Non solo: vuole anche il riparto del sottotetto. Il fratello B resiste.
Il Tribunale respinge il ricorso: il cortile è indivisibile. Però, sulla base di una Ctu, individua i posti auto in esso ricavabili e li ripartisce, assegnandoli ai singoli fratelli. Divide anche “salomonicamente” il sottotetto, con facoltà per ognuno dei due di erigere una parete divisoria. La Corte d'appello nel settembre 2010 conferma la sentenza di primo grado.
Il fratello B nel 2011 si rivolge allora in Cassazione, che in una recente sentenza ha respinto il ricorso (sentenza n. 23118/15 sezione II Civile, presidente Vincenzo Mazzacane, depositata il 12 novembre), lamentando la falsa applicazione da un lato dell'art 1102 che regola la cosa comune, dall'altro dell'art. 1119 che attiene alla “indivisibilità” di quest'ultima. Quanto ai parcheggi, contesta il fatto che i giudici di merito, assegnando individualmente ai comproprietari i posti auto nel cortile comune, avrebbero creato un “nuovo” diritto reale, in violazione del principio di tipicità degli stessi, e avrebbero così precluso a ciascun condomino l'uso della cosa comune in tutta la sua estensione. Quanto al sottotetto, contesta il muro divisorio, che gli avrebbe impedito di raggiungere il tetto o le altre parti comuni per effettuare eventuali riparazioni: entrambe le doglianze sono state però respinte.
Secondo la Cassazione, ben ha fatto il giudice di primo grado ad assegnare in uso e in godimento ai fratelli i singoli posti auto in cortile. E' un potere di regolamentazione dell'uso della cosa comune normalmente consentito all'assemblea di condominio: “Non determina la divisione del bene comune, né la nascita di una nuova figura di diritto reale, ma si limita a rendere più ordinato e razionale l'uso paritario della cosa comune”. Più che naturale, quindi, che in mancanza di accordo con l'altro comproprietario, la regolamentazione dell'uso potesse essere disposta dal giudice.
Nessuna questione sulla ripartizione del sottotetto, mai contestata da nessuno dei fratelli. Quanto invece alla facoltà di erigere il muro divisorio, la Cassazione – dopo aver osservato che nella specie non sussisteva alcuna impossibilità di accesso per eseguire le necessarie riparazioni – ha puntualizzato che «l'onere di consentire al vicino il transito della propria parte del sottotetto per accedere alle parti comuni, al fine di eseguire le necessarie riparazioni, non costituisce alcun nuovo diritto reale, né rappresenta un onere atipico, posto a carico delle parti dai Giudici di merito, ma discende direttamente dalla applicazione dell'art. 843, primo comma, c.c., in tema di “accesso al fondo”».

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