Condominio

Il quesito: le deleghe al socio della Sas che amministra il condominio

di Raffaele Cusmai

Da Condominio24
La legge 220-12, impone il divieto di avere le deleghe per l'amministratore condominiale per qualsiasi assemblea. Una Sas con studio familiare composto da non condòmini, con 2 soci accomandanti e 2 accomandatari, ha assunto l’amministrazione del condominio. E ' corretto il comportamento del socio accomandante che si presenta in assemblea con alcune deleghe? Il divieto è estensibile anche ai soci sia accomandanti che accomandatari ?

Risposta
L'art. 67, delle disposizioni attuative del codice civile prevede il divieto per l'amministratore di ricevere deleghe per la partecipazione a qualunque assemblea.
Al contempo, la legge di riforma del condominio ha espressamente previsto la possibilità che a svolgere l'incarico di amministratore siano anche delle società ma, in tal caso, l'art. 71 bis, disp. att. c.c., sancisce che i requisiti previsti dalla legge per svolgere l'incarico di amministratore devono essere posseduti dai soci illimitatamente responsabili, dagli amministratori e dai dipendenti incaricati di svolgere le funzioni di amministrazione dei condominii a favore dei quali la società presta i servizi.
Ciò precisato, deve quindi concludersi come non sussista, di fatto, un espresso divieto di conferire una delega al socio accomandante in quanto, generalmente, lo stesso non ha compiti di amministrazione.
L'articolo 67, disp. att., c.c. dispone infatti che ogni condomino può intervenire in assemblea anche a mezzo di rappresentante munito di apposita delega scritta. Qualora i condomini siano più di venti però, il soggetto delegato non può rappresentare più di un quinto dei condomini e del valore proporzionale delle rispettive proprietà.
Nel caso in esame è stato rappresentato come la S.a.s. in questione risulterebbe uno “studio familiare” e, quindi, a prescindere dalla formalità del ruolo assunto dal socio accomandante, “potrebbe”, in linea puramente generale ed astratta, ravvisarsi un possibile conflitto di interessi in capo al socio accomandante delegato da alcuni condomini.
Sul punto, si evidenzia come la giurisprudenza di merito ha avuto modo di affermare che «dal momento che la normativa sul condominio non contiene alcuna disposizione in relazione al conflitto di interessi, la giurisprudenza ha fatto ricorso alla disciplina sul conflitto di interessi prevista a proposito della assemblea delle società di capitali » (cfr. Trib. Catanzaro 15 marzo 2011).
Si pensi quindi al caso astratto in cui sussista un amministratore-condomino il cui voto risulti determinante ai fini dell'approvazione del rendiconto condominiale.
Tuttavia si rileva al contempo che, affinché una deliberazione possa essere impugnata ed annullata nei termini di legge, la giurisprudenza ha affermato come «il conflitto di interessi determina l'invalidità della delibera assembleare, ma soltanto quando sia possibile dimostrare concretamente l'ingiusto vantaggio che il condomino in conflitto d'interessi intende assicurarsi a danno degli altri condomini, perché una valutazione solo generica e astratta del conflitto non è sufficiente (cfr. giurisprudenza cit.).
In conclusione, e salvo ulteriori elementi non desumibili dal solo quesito posto, quali ad esempio la concreta attività svolta dal socio accomandante all'interno della S.a.s in questione, seppur non si ravvede alcun divieto formale circa la possibilità di conferire deleghe nei suoi confronti, deve al contempo essere valutata la “potenziale” sussistenza, a seguito di una tale delega, di un conflitto di interessi, che va però dimostrato in concreto.

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