Condominio

Gli «interpelli del condominio»: come gestire l’usufrutto in condominio

di Federico Ciaccafava

Può accadere che nello stabile condominiale una o più unità immobiliari siano gravate dal diritto di usufrutto. Occupiamoci di tale ipotesi esaminando le varie questioni sollevate dal tema oggetto di indagine anche alla luce delle disposizioni dettate in merito dal legislatore.

D. Prima di affrontare le diverse questioni che riguardano la figura in esame nel regime del condominio negli edifici, è opportuno tracciare sinteticamente la disciplina dell'usufrutto. Cosa si intende?
R. Il diritto di usufrutto conferisce al titolare di esso (usufruttuario) il diritto di godere della cosa, secondo la diligenza del buon padre di famiglia, traendone, nel rispetto della sua destinazione economica, ogni utilità che questa può dare, con l'obbligo di restituirla al termine dell'usufrutto stesso (art. 981 e ss. cod. civ.). La costituzione dell'usufrutto può avvenire: (i) per contratto (il proprietario cede ad altri l'usufrutto riservandosi la c.d. “nuda proprietà”, o, viceversa, si riserva l'usufrutto cedendo ad altri la “nuda proprietà”); (ii) per testamento; (iii) per disposizione di legge; (iv) per usucapione. L'usufrutto non può che avere durata temporanea; se ne è titolare una persona fisica non può comunque eccedere la vita dell'usufruttuario. Tra tutti i diritti reali di godimento, l'usufrutto è quello che più comprime il diritto di proprietà, la quale, se gravata dal suddetto diritto, viene usualmente definita appunto “nuda proprietà”. Come precisato anche in giurisprudenza, di regola, in materia condominiale, l'esistenza di diritti reali o personali di godimento sulla singola unità immobiliare non è irrilevante nei rapporti tra il proprietario ed il Condominio: ciò lo si desume sia dalla opponibilità “erga omnes” dell'usufrutto immobiliare, soggetto a trascrizione ex art. 2643, n. 2), cod. civ., sia dagli artt. 67, comma 6 e seguenti, disp. att. cod. civ. e 10, comma 1, della legge n. 392/1978, i quali attribuiscono poteri diversamente calibrati di intervento in assemblea e di voto, rispettivamente, all'usufruttuario ed al conduttore.

D. Nel caso in cui in un edificio condominiale vi siano una o più unità immobiliari gravate di usufrutto quali particolari questioni si pongono?
R. Qualora nel Condominio risultino presenti una o più unità immobiliari gravate di usufrutto si pongono, principalmente all'attenzione dell'amministratore, due correlati ordini di problemi: il primo, è connesso alla esatta individuazione, tra nudo proprietario e usufruttuario, del soggetto legittimato a partecipare all'assemblea dei condomini nonché ad esprimere il proprio voto; il secondo, è invece connesso alla esatta determinazione delle modalità di ripartizione e di recupero, in caso di morosità, delle spese condominiali riguardanti l'unità immobiliare in esame.

D. Cominciando ad esaminare il primo problema, quali sono le regole fissate dal legislatore in ordine alla partecipazione ed al voto in sede di assemblea dei condomini?
R. Per quanto concerne la partecipazione ed il voto in sede assembleare, è la stessa disciplina del codice a dettare le norme da applicare. Dispone, infatti, l'art. 67, commi 6 e 7, disp. att. cod. civ.: “L'usufruttuario di un piano o porzione di piano dell'edificio esercita il diritto di voto negli affari che attengono all'ordinaria amministrazione e al semplice godimento delle cose e dei servizi comuni. Nelle altre deliberazioni, il diritto di voto spetta ai proprietari, salvi i casi in cui l'usufruttuario intenda avvalersi del diritto di cui all'articolo 1006 del codice ovvero si tratti di lavori od opere ai sensi degli articoli 985 e 986 del codice. In tutti questi casi l'avviso di convocazione deve essere comunicato sia all'usufruttuario sia al nudo proprietario”. In primo luogo, quindi, l'amministratore – cui le richiamate disposizioni sono evidentemente in primis dettate – sarà tenuto ad inviare l'avviso di convocazione, rispettivamente, all'usufruttuario o al nudo proprietario, a seconda dell'oggetto delle deliberazioni così come fissato nell'ordine del giorno contenuto nel predetto avviso. In particolare, l'usufruttuario ha il diritto di partecipare all'assemblea e di esprimere il proprio voto negli affari che riguardano l'ordinaria amministrazione ed il semplice godimento delle cose e dei servizi comuni; viceversa, al nudo proprietario competono tutte le decisioni riguardanti le innovazioni, le ricostruzioni e le manutenzioni straordinarie delle parti comuni dell'edificio. L'amministratore dovrà inoltre eventualmente convocare entrambi qualora l'assemblea sia chiamata a discutere e deliberare su più argomenti: alcuni dei quali spettanti all'usufruttuario, altri di pertinenza invece del nudo proprietario. Parimenti, l'avviso di convocazione dovrà dall'amministratore essere inviato tanto all'usufruttuario – al quale spetta il diritto di voto – quanto al nudo proprietario in due distinte ipotesi espressamente previste dalla legge: (i) l'ipotesi in cui l'usufruttuario intenda avvalersi del diritto di cui all'art. 1006 cod. civ. (ovvero del caso in cui l'usufruttuario faccia eseguire a proprie spese riparazioni poste a carico del proprietario il quale rifiuti o ritardi ad eseguire; (ii) l'ipotesi in cui si tratti di lavori o opere ai sensi degli artt. 985 e 986 cod. civ. (ovvero di miglioramenti ed addizioni). Nel silenzio del legislatore, non è per l'interprete sempre agevole individuare il criterio di distinzione tra atti di ordinaria ed atti di straordinaria amministrazione. Sotto tale profilo, sono state avanzate dagli autori diverse soluzioni. Nella più risalente giurisprudenza di legittimità si è affermato che le deliberazioni concernenti la nomina dell'amministratore e la determinazione del compenso da corrispondere, riflettendo affari di ordinaria amministrazione, devono essere adottate dall'assemblea dei condomini con la preventiva convocazione e con il voto dell'usufruttuario non già del nudo proprietario; viceversa, più di recente, la Suprema Corte ha invece precisato che, qualora un'unità immobiliare facente parte di un Condominio sia oggetto di diritto di usufrutto, all'assemblea che intenda deliberare l'approvazione del preventivo di spesa per il rifacimento della facciata condominiale deve essere convocato il nudo proprietario, trattandosi di opere di manutenzione straordinaria.

D. Altra questione riguarda l'imputazione e ripartizione delle spese condominiali. Cosa può dirsi al riguardo?
R. In tale ipotesi, occorre premettere che, salvo il già richiamato art. 67 disp. att. cod. civ., nel regime del condominio negli edifici non si rinviene una disposizione specifica circa l'imputazione e la ripartizione delle spese tra il nudo proprietario e l'usufruttuario. Nel vigore della previgente disciplina, la questione è stata affrontata dalla Corte di cassazione la quale ha codificato una serie di principi che è utile richiamare. In sintesi, è necessario in primo luogo ricordare che in materia di usufrutto il legislatore ha disciplinato il regime delle spese da ripartire tra i due soggetti (usufruttuario e nudo proprietario). Per effetto di tale previsione normativa: (i) sono a carico dell'usufruttuario: le spese ed, in genere, gli oneri relativi alla custodia, amministrazione e manutenzione ordinaria della cosa; le riparazioni straordinarie rese necessarie dall'inadempimento degli obblighi di ordinaria manutenzione (art. 1004 cod. civ.); (ii) sono, invece, a carico del nudo proprietario le riparazioni straordinarie, intendendo per tali quelle necessarie ad assicurare la stabilità dei muri maestri e delle volte, la sostituzione delle travi, il rinnovamento, per intero o per una parte notevole, dei tetti, solai, scale, argini, acquedotti, muri di sostegno o di cinta; l'usufruttuario deve inoltre corrispondere al proprietario, durante l'usufrutto, l'interesse delle somme spese per le riparazioni straordinarie (art. 1005 cod. civ.). Come anticipato, inoltre, quando la porzione di immobile facente parte di un condominio è oggetto del diritto di usufrutto, l'atto dal quale tale situazione deriva, se debitamente trascritto, risulta opponibile “erga omnes” e quindi anche al Condominio, il quale è tenuto ad osservare le norme dettate dal codice (artt. 1004 e 1005 cod. civ.), in ordine alla ripartizione delle spese fra nudo proprietario e usufruttuario.

D. Tanto premesso, alla luce dei principi elaborati in giurisprudenza, quali indicazioni possono essere tratte dall'assemblea e dall'amministratore?
R. In generale, occorre premettere che le attribuzioni dell'assemblea in ordine alla ripartizione delle spese per le parti comuni sono circoscritte alla verifica ed alla applicazione in concreto dei criteri fissati dalla legge e non comprendono il potere di introdurre deroghe ai criteri medesimi. Ciò in quanto tali deroghe, venendo ad incidere sui diritti individuali dei singoli condomini, possono conseguire soltanto ad una convenzione: pertanto, anche per quanto concerne l'imputazione e la ripartizione delle spese tra nudi proprietari ed usufruttuari, l'assemblea dei condomini non può modificare i criteri stabiliti dalla legge. Da ciò consegue che l'obbligo di contribuzione a carico dei diversi soggetti (gli usufruttuari ed i nudi proprietari) discende pertanto per legge in ragione della natura stessa della spesa: anche se nel verbale dell'assemblea non vengono specificamente indicati i soggetti obbligati, l'imputazione e la ripartizione sono, come si dice, “in re ipsa”, in dipendenza della funzione e del fondamento della spesa. Posto, quindi, che, per legge, le spese devono essere imputate e ripartite secondo la funzione e il fondamento delle stesse, in sede di approvazione del bilancio l'assemblea deve analiticamente distinguere le spese per l'uso da quelle per la conservazione. Non è necessario, tuttavia, che debba anche ascriverle espressamente ai diversi soggetti obbligati, essendo l'imputazione implicita e connessa con l'oggetto. In tal modo, qualora tra i partecipanti al condominio figurino anche usufruttuari, è possibile ripartire tra i medesimi ed i nudi proprietari tali spese in base alla natura delle stesse, secondo i criteri fissati dal codice civile (artt. 1004 e 1005 cod. civ.) con una mera operazione esecutiva. L'amministratore sarà pertanto tenuto a ripartire esattamente tra i due soggetti i contributi condominiali a questi rispettivamente imputabili ponendo a carico dell'usufruttuario quelli occorrenti per la manutenzione ordinaria dell'edificio e per l'esercizio dei servizi comuni (pulizia ed illuminazione delle scale, degli atri e dei vestiboli, compenso al portiere ed all'amministratore, esercizio degli impianti dell'ascensore, del riscaldamento centralizzato e dell'aria condizionata, etc.) e in capo al nudo proprietario quelli riguardanti le innovazioni, le ricostruzioni e le opere di manutenzione straordinaria. In altri termini, una volta imputate e ripartite secondo la loro funzione ed il loro fondamento, spetta all'amministratore, in sede di esecuzione, ascrivere le spese, secondo la natura di esse, ai diversi soggetti obbligati, anche nel caso in cui l'assemblea non abbia provveduto ad individuarli. I principi giurisprudenziali esposti devono tuttavia tener conto di una fondamentale previsione introdotta dalla recente riforma del condominio proprio in tema di contributi dovuti al Condominio in caso di usufrutto dell'unità immobiliare. Infatti, ai sensi dell'art. 67, ultimo comma, disp. att. cod. civ. “Il nudo proprietario e l'usufruttuario rispondono solidalmente per il pagamento dei contributi dovuti all'amministrazione condominiale”. Il legislatore ha pertanto istituito un vincolo solidale che avvince nudo proprietario e usufruttuario per il pagamento dei contributi dovuti al Condominio. Ciò significa che l'amministratore potrà richiedere ed agire nei confronti dell'uno o dell'altro per l'adempimento dell'intera quota di spettanza gravante sull'unità immobiliare concessa in usufrutto. In altri termini, la solidarietà, realizzando una funzione di garanzia del credito, tende a favorire l'amministrazione condominiale creditrice, consentendo così all'amministratore di rivolgersi ed agire verso quello tra i condebitori in solido che appare o ritiene più solvibile. A tal fine, si precisa che, in virtù dell'espresso richiamo operato dall'art. 72 disp. att. cod. civ., tutte le disposizioni contenute nella richiamata norma hanno natura inderogabile: cosicché l'eventuale norma contraria contenuta nel regolamento condominiale deve ritenersi nulla per contrasto con norma imperativa di legge.

D. In conclusione, non può omettersi una considerazione di decisiva importanza. Come può l'amministratore, anche ai fini del corretto assolvimento dei propri obblighi, conoscere l'esistenza del diritto di usufrutto?
R. E' evidente che la disciplina esposta in tanto può trovare concreta applicazione in quanto l'amministratore e, per il suo tramite, l'assemblea dei condomini nonché quest'ultimi siano resi edotti dell'esistenza dell'usufrutto. Giova, sotto tale aspetto, osservare che, in seguito alla obbligatoria istituzione e tenuta del registro dell'anagrafe condominiale (cfr., art. 1130, comma 1, n. 6), l'amministratore, una volta ricevute le comunicazioni imposte dalla legge, sarà tenuto ad annotare e, quindi a tenere in debito conto, anche i dati dei titolari dei diritti reali di godimento, tra i quali può senza dubbio annoverarsi proprio l'usufrutto dell'unità immobiliare sita nel condominio amministrato. In difetto, per limitarci alle sole riunioni assembleari, l'assemblea dovrà ritenersi validamente indetta e tenuta con la convocazione del proprietario, salvo che l'amministratore non sia venuto comunque a conoscenza, anche aliunde dell'esistenza del diritto in esame.

Riferimenti normativi
Cod. Civ. art. 978
Cod. Civ. art. 981
Cod. Civ. art. 985
Cod. Civ. art. 986
Cod. Civ. art. 1004
Cod. Civ. art. 1005
Cod. Civ. art. 1006
Cod. Civ. art. 1123
Cod. Civ. art. 1130
Cod. Civ. art. 2643
Disp. att. cod. civ. art. 67
Disp. att. cod. civ. art. 72


Riferimenti giurisprudenziali
Corte di Cassazione, Sezione II, sentenza 24 marzo 2014, n. 6877
Corte di Cassazione, Sezione II, sentenza 4 luglio 2013, n. 16774
Corte di Cassazione, Sezione II, sentenza 16 febbraio 2012, n. 2236
Corte di Cassazione, Sezione II, sentenza 14 dicembre 2011, n. 26831
Corte di Cassazione, Sezione II, sentenza 28 agosto 2008, n. 21774
Corte di Cassazione, Sezione II, sentenza 27 ottobre 2006, n. 23291
Corte di Cassazione, Sezione II, sentenza 21 novembre 2000, n. 15010
Corte di Cassazione, Sezione II, sentenza 5 novembre 1990, n. 5611
Corte di Cassazione, Sezione II, sentenza 4 gennaio 1969, n. 10.

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