Condominio

Gli «interpelli del condominio»: il punto sulle tipologie di regolamento condominiale

di Federico Ciaccafava

Rispetto all'unitario “genere” regolamento di condominio, sia in dottrina che in giurisprudenza sono state nel corso degli anno elaborate una serie di “speci” dell'atto che è opportuno rivisitare e riassumere sinteticamente.

D. Prima di esaminare le varie tipologie di regolamento, è opportuno elaborarne una definizione. Sotto tale aspetto come può essere definito il regolamento di condominio?
R. In mancanza di una nozione da parte del legislatore, non possiamo che far riferimento alle indicazioni provenienti dalla giurisprudenza. In particolare, secondo i giudici di legittimità, il regolamento di condominio, quali che ne siano l'origine ed il procedimento di formazione, si configura, in relazione alla sua specifica funzione di costituire una sorta di statuto della collettività condominiale, come atto volto ad incidere, con un complesso di norme giuridicamente vincolanti per tutti i componenti tale collettività, su un rapporto plurisoggettivo concettualmente unico, ed a porsi quale fonte di obblighi e di diritti, non tanto per la collettività condominiale come tale, quanto, soprattutto, per i singoli condomini.

D. Tanto premesso, soprattutto in dottrina, a seconda della fonte dalla quale trae origine l'atto, si suole distinguere un regolamento di fonte interna da un regolamento di fonte esterna. Cosa s'intende?
R. Il regolamento interno – quale modello disegnato dal legislatore del codice civile – promana da una deliberazione assunta a maggioranza qualificata dall'assemblea dei condomini regolarmente costituita, atteggiandosi quindi quale risultato dell'iniziativa assunta dagli stessi condomini interessati. Il regolamento esterno è invece predisposto e redatto da un soggetto estraneo al Condominio, e promana quindi da una volontà unilaterale espressa normalmente dall'unico proprietario dell'edificio o dal costruttore dello stesso. Tale regolamento diviene vincolante per i singoli condomini qualora quest'ultimi lo abbiano accettato, il che, di regola, ha luogo in sede di costituzione del Condominio mediante il richiamo del predetto regolamento nei singoli atti di acquisto delle unità immobiliari componenti lo stabile condominiale.

D. Si parla anche di regolamento obbligatorio e regolamento facoltativo. Cosa vuol dire?
R. Il regolamento interno si distingue, a sua volta, in regolamento obbligatorio ed in regolamento facoltativo. Il primo deve essere formato quando il numero dei condomini è superiore a dieci; il secondo, può essere formato in un edificio condominiale avente dieci o meno di dieci condomini, configurandosi quindi quale atto di autonoma scelta, di autodisciplina dell'assemblea dei condomini. Ai fini del computo numerico, si ritiene che, in caso di un unico proprietario di più unità immobiliari, questi debba essere considerato sempre come un solo condomino; parimenti, se l'unità immobiliare è oggetto di proprietà comune ed indivisa, i comproprietari si computano sempre come un solo condomino.

D. Si distingue poi un regolamento di natura regolamentare da un altro di natura contrattuale. Cosa s'intende con tali frequenti espressioni?
R. Prescindendo dalla fonte, e quindi dalla sua formazione interna o esterna, riguardato da un punto di vista sostanziale, ovvero del contenuto delle singole norme o clausole dell'atto, si suole ulteriormente distinguere il regolamento condominiale in altre due diverse tipologie. Così, anche se la terminologia non è sempre univoca, si discorre in termini di regolamento di natura tipicamente regolamentare o assembleare e di regolamento di natura contrattuale, definito anche di natura negoziale o convenzionale. Ora, il primo, individua quelle disposizioni del regolamento aventi ad oggetto le modalità d'uso della cosa comune e, in genere, l'organizzazione ed il funzionamento dei servizi condominiali; il secondo, individua invece quelle norme del regolamento aventi ad oggetto: (i) limitazioni dei diritti dei condomini sulle parti comuni; (ii) limitazioni dei diritti dei condomini sulle proprietà esclusive; (iii) attribuzioni ad alcuni condomini di maggiori diritti rispetto ad altri.

D. A quali fini assume rilevanza una tale distinzione?
R. La distinzione assume rilevanza in sede di modificazioni o variazioni da apportare al contenuto del regolamento. Infatti, come messo in luce dalla giurisprudenza di legittimità, se il regolamento di condominio, indipendentemente dalla sua formazione interna o esterna, si limita soltanto a dettare norme che disciplinano l'uso e le modalità di godimento delle cose comuni, la ripartizione delle spese relative e la tutela del decoro dell'edificio, investendo quindi materie che rimangono nell'ambito della organizzazione della vita interna del condominio, allora lo stesso ben può esser modificato dall'organo cui quel potere di organizzazione è devoluto: ovvero, l'assemblea dei condomini con la maggioranza prevista dall'art. 1136, comma 2, cod. civ.; al contrario, invece, se il regolamento di condominio pone norme limitatrici dei diritti dei condomini sulle parti comuni o sulle proprietà esclusive, ovvero attributive ad alcuni condomini di maggiori diritti rispetto ad altri, in tali ipotesi, allora, nessuna modificazione o variazione può essere ammessa senza il consenso unanime di tutti i partecipanti al condominio. A tal fine occorre tuttavia precisare che, riferito al regolamento di condominio, il termine “contrattuale”, può assumere una duplice valenza, potendo attenere non solo, come detto, al contenuto dell'atto, ma anche alla formazione dello stesso. In questi termini devono ritenersi di natura “contrattuale” tanto le norme di un regolamento di condominio che, come detto, vengono predisposte dall'unico originario proprietario dell'edificio ed accettate con i singoli atti di acquisto dai condomini (fonte esterna), quanto quelle adottate in sede assembleare con il consenso unanime di tutti i condomini (fonte interna). Infine, si ricorda che il regolamento di condominio, anche se contrattuale, approvato cioè da tutti i condomini, non può menomare i diritti dei singoli condomini sulle parti comuni e sui beni di proprietà individuale quali risultano dagli atti di acquisto e dalle convenzioni (art. 1138, comma 4, cod. civ.). Inoltre, tanto il regolamento quanto eventuali pattuizioni intervenute tra tutti i condomini non possono derogare alla disciplina – ritenuta appunto inderogabile – fissata in un gruppo di articoli del codice civile (art. 1138, comma 4, cod. civ.). In particolare, si tratta di: rinunzia del condomino al diritto sulle parti comuni (art. 1118, comma 2, cod. civ.); indivisibilità delle parti comuni (art. 1119 cod. civ.); potere di disporre innovazioni da parte della maggioranza qualificata (art. 1120 cod. civ.); disciplina concernente la nomina, la revoca e gli obblighi dell'amministratore (art. 1129 cod. civ.); disciplina della rappresentanza dell'amministratore (art. 1131 cod. civ.); posizione dei condomini dissenzienti rispetto alle liti (art. 1132 cod. civ.); costituzione e validità delle deliberazioni assembleari (art. 1136 cod. civ.); regime delle impugnazioni delle predette deliberazioni (art. 1137 cod. civ.). Parimenti, giusta il disposto dell'art. 72 disp. att. cod. civ. i regolamenti di condominio non possono derogare alla disciplina – ritenuta anch'essa inderogabile – fissata in un gruppo di articoli delle disposizioni di attuazione al codice civile. In particolare, si tratta di: regime della riscossione dei contributi condominiali (art. 63 disp. att. cod. civ.); convocazione dell'assemblea di condomini (art. 66 disp. att. cod. civ.); intervento in assemblea (art. 67 disp. att. cod. civ.); rettifica e modifica dei valori proporzionali delle singole unità immobiliari espresse nella tabella millesimale allegata al regolamento di condominio (art. 69 disp. att. cod. civ.). Per espressa previsione di legge, infine, le norme del regolamento di condominio non possono vietare di possedere o detenere animali domestici (art. 1138, comma 5, cod. civ.).

Riferimenti normativi
Cod. Civ. art. 1138

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