Condominio

Gli «interpelli del condominio»: il rimborso delle spese effettuate dal condòmino

di Federico Ciaccafava

Da Condominio24

Può accadere che, nel regime del condominio negli edifici, il singolo condomino, assumendo la gestione delle parti comuni, sostenga delle spese inerenti alle parti comuni. Chiediamoci se, in tali ipotesi, possa o meno ottenerne il rimborso dalla collettività condominiale.

D. In primo luogo, occorre chiedersi: a chi compete la gestione dei beni e dei servizi comuni?
R. Nel regime della proprietà condominiale, la ripartizione delle spese tra i condomini presuppone necessariamente a monte una attività di gestione dei beni e dei servizi comuni. Ora, tale attività è dalla legge demandata alle attribuzioni dell'amministratore ed alla competenza dell'assemblea, quali unici soggetti legittimati ad effettuare e deliberare le spese. In particolare, rispettivamente, al primo compete l'ordinaria amministrazione; alla seconda, la straordinaria amministrazione.

D. Tanto premesso, può il singolo condomino sostenere spese per la parti comuni?
R. La risposta al quesito si rinviene nel disposto dell'art. 1134 cod. civ. Secondo la nuova formulazione della norma codicistica “Il condomino che ha assunto la gestione delle parti comuni senza autorizzazione dell'amministratore o dell'assemblea non ha diritto al rimborso, salvo che si tratti di spesa urgente”. La citata disposizione, dilatandone marginalmente il contenuto, tende a riprodurre la previsione normativa in vigore prima dell'intervento di riforma dell'istituto condominiale a mente della quale “Il condomino che ha fatto spese per le cose comuni senza autorizzazione dell'amministratore o dell'assemblea non ha diritto al rimborso, salvo che si tratti di spesa urgente”.

D. Qual è il fondamento di tale norma?
R. Come è stato sottolineato sia in dottrina che in giurisprudenza, la norma in esame trova il suo fondamento nell'intento del legislatore di impedire indebite intromissioni del singolo condomino nelle sfere di competenza dell'assemblea o dell'amministratore. Infatti, salvo, come vedremo, si tratti di spesa urgente, il singolo condomino, il quale ritenga che occorra effettuare una spesa per interventi (opere o lavori) ritenuti necessari per la conservazione o il godimento di beni comuni, siano essi di manutenzione ordinaria o straordinaria, deve astenersi dal provvedervi direttamente. In tali ipotesi, infatti, il condomino è tenuto: (i) in primis, ad interpellare l'amministratore chiedendo formalmente a quest'ultimo di provvedere; (ii) in secondo luogo, nel caso in cui l'amministratore non ottemperi alla richiesta o non informi l'assemblea con regolare sua convocazione, il condomino potrà procedere a convocare direttamente l'organo assembleare. Nel caso poi in cui l'assemblea rifiuti di deliberare e conseguentemente di disporre gli interventi necessari, il condomino potrà adire l'autorità giudiziaria impugnando la relativa deliberazione e chiedendo al contempo la condanna del condominio all'esecuzione delle opere. Il divieto legale per il singolo condominio di effettuare spese non urgenti per le cose comuni senza autorizzazione dell'amministratore o dell'assemblea, sanzionato dal codice con l'irripetibilità dell'esborso, costituisce una deroga alla disciplina generale dettata in riferimento al regime della comunione: qui, infatti, ai sensi dell'art. 1110 cod. civ., negandosi qualsivoglia valutazione o accertamento del carattere di urgenza della spesa effettuata, il partecipante alla comunione consegue il diritto al rimborso se ha sostenuto spese in caso di trascuranza degli altri partecipanti o dell'amministratore.

D. A quali condizioni quindi il condomino può sostenere la spesa ed ottenere il rimborso?
R. Come accennato, unicamente l'amministratore e l'assemblea sono i soggetti legittimati ad erogare le spese afferenti la conservazione ed il godimento delle parti comuni. Ne discende che il singolo condomino, il quale assuma di sua iniziativa la gestione delle parti comuni sostenendo spese pur in mancanza dell'autorizzazione dell'amministratore o dell'assemblea, non ha diritto ad alcun rimborso. Tuttavia, tale diritto gli viene accordato dalla legge solo nel caso in cui si tratti di spese urgenti.

D. Decisivo diviene quindi il requisito dell'urgenza della spesa. Cosa deve intendersi al riguardo?
R. Il requisito dell'urgenza è stato scrutinato soprattutto nella giurisprudenza di legittimità formatasi sotto il vigore della disciplina previgente. A tal fine, i giudici, in molteplici pronunce, hanno chiarito che il requisito dell'urgenza esige che il condomino, per veder riconosciuto ed affermato il suo diritto al rimborso, sia in grado di dimostrare effettivamente che l'opera da realizzare rivestiva caratteri tali da rendere impossibile la formazione della volontà condominiale secondo l'iter ordinario. Sotto tale aspetto, si ritiene urgente la spesa la cui erogazione non può essere differita, senza danno o pericolo, fino a quando l'amministratore o l'assemblea dei condomini possano utilmente provvedere. La prova dell'indifferibilità della spesa incombe sul condomino che chiede il rimborso, il quale è tenuto a dimostrare la sussistenza delle condizioni che imponevano di provvedere senza ritardo e che impedivano di avvertire tempestivamente l'amministratore o gli altri condomini. In altre pronunce, la valutazione del requisito dell'urgenza della spesa è stata invece operata alla stregua del criterio del “bonus pater familias”: per opere urgenti - di fronte alle quali cade il divieto legale per il singolo condomino di eseguire di propria iniziativa opere relative alle cose comuni - si intendono quelle opere che, secondo il criterio del “bonus pater familias”, appaiono indifferibili allo scopo di evitare un possibile, anche se non certo, nocumento alla cosa comune.

D. Tali spese devono intendersi riferite alle sole parti comuni?
R. Sempre in giurisprudenza si è affermato che il precetto espresso nell'art. 1134 cod. civ. trova effettiva applicazione solo per le spese relative alla riparazione ed alla conservazione di beni comuni. Tuttavia, occorre sottolineare che non sono mancate alcune decisioni che hanno affermato l'operatività della norma in esame anche in relazione ai beni in proprietà esclusiva a condizione che quest'ultimi presentino una funzione di comune utilità (come ad esempio, il lastrico in uso esclusivo del condomino).

D. Quanto al diritto al rimborso, qual è la natura del relativo credito?
R. Per ciò che attiene al credito vantato dal condomino a titolo di rimborso, si è precisato che trattasi di credito di valuta, governato pertanto dal principio nominalistico: tale credito, di conseguenza, non è automaticamente rivalutabile, ma può dar luogo, nel caso di mora, solo ad una pretesa risarcitoria che, ai sensi dell'art. 1224 cod. civ., si esaurisce nella misura degli interessi legali sulla somma dovuta, fatta salva la prova del maggior danno.

D. La norma in esame è applicabile anche al caso del condominio minimo?
R. Nella giurisprudenza di legittimità si era determinato un contrasto avente ad oggetto il corretto regime giuridico applicabile al rimborso delle spese per la conservazione delle cose comuni nel caso di c.d. “condominio minimo”, ovvero quella peculiare forma di collettività condominiale che risulta composta da due soli partecipanti. In particolare, ci si era chiesti se, nel caso di edificio in condominio composto da due soli partecipanti, il rimborso delle spese per la conservazione delle parti comuni anticipate da un condomino fosse regolato dalla norma di cui all'art. 1134 cod. civ., la quale, appunto, riconosce il diritto al rimborso soltanto per le spese urgenti, ovvero se, in ragione della peculiarità della situazione di fatto e di diritto configurata dalla presenza di due soli proprietari, e dalla susseguente inapplicabilità del principio maggioritario, la fattispecie venga ad essere regolata dalla norma dettata dall'art. 1110 cod. civ. per la comunione in generale, secondo cui, come anticipato, il rimborso è subordinato alla mera trascuranza degli altri condomini. Il contrasto è stato poi risolto dall'intervento delle Sezioni Unite (Cass. civ. Sez. Un. Sent. n. 2046/2006) secondo le quali anche nel caso di condominio c.d. “minimo”, il rimborso delle spese per la conservazione delle parti comuni anticipate da un condomino resta governato dall'art. 1134 cod. civ. Nel riaffermare il principio, la Corte di cassazione ha recentemente tuttavia ribadito che pur in tale ipotesi il carattere dell'urgenza della spesa sostenuta, che legittima il condominio ad ottenerne il rimborso, deve tradursi in una sua effettiva indifferibilità, nel senso di non poter essere rinviata senza pregiudizio o pericolo per la cosa comune (Cass. civ., Sez. II Sent. n. 7457/2015).

Riferimenti normativi
Cod. Civ. art. 1110
Cod. Civ. art. 1134

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