Condominio

I conflitti sull'uso delle parti comuni sono di competenza del giudice di pace

di Pierantonio Lisi

La Corte di cassazione, con sentenza numero 21910 del 27 ottobre 2015, ha affermato la competenza del giudice di pace a decidere la causa intentata da alcuni condomini contro i gestori di un bar - e, presumibilmente, contro i condomini locatori dei locali - per la rimozione di tavolini e sedie collocati in una “galleria” comune, nella parte antistante l'esercizio commerciale.
La sentenza si inserisce nel consolidato orientamento giurisprudenziale che estende la competenza del giudice di pace ai conflitti sull'ammissibilità di determinate forme di godimento delle parti comuni, benché la norma si riferisca alla misura e alle modalità d'uso dei soli «servizi di condominio di case» (articolo 7, n. 2, codice di procedura civile).
La controversia – si legge nella motivazione – non attiene alle proprietà individuali del singolo condomino, ma al godimento delle parti comuni e, in particolare, alle modalità dell'uso che ciascun condomino può farne (negli stessi termini, ma con riferimento a un caso attinente all'uso delle proprietà individuali, Cassazione, 31 ottobre 2014, n. 23297).
È il caso di osservare, tuttavia, che il criterio per stabilire se la competenza sia del tribunale o del giudice di pace non è così semplice e lineare. In altri precedenti della Cassazione, infatti, si legge che la competenza resta del tribunale se ad essere controverso è lo stesso diritto del condomino di porre in essere una determinata facoltà di utilizzazione della parte comune. In un caso deciso di recente, un condomino aveva realizzato un'estesa pavimentazione di un giardino comune realizzandovi un “casottino-portico” e la controversia che ne è sorta è stata ritenuta di competenza del tribunale (Cassazione, 14 ottobre 2013, n. 23281).
In effetti, anche nel caso deciso dalla sentenza segnalata i condomini soccombenti avevano sostenuto che la controversia non riguardasse affatto la misura o le modalità di collocazione di tavolini e sedie negli spazi comuni, ma l'esistenza stessa del diritto di procedere all'installazione.
Sembrerebbe, quindi, che per individuare il giudice competente occorra fare i conti con la scivolosa distinzione tra il cosa e il come. Sarebbe molto più semplice, invece, distinguere i conflitti sulle modalità d'uso delle parti comuni, di competenza del giudice di pace, da quelli relativi alla realizzazione di vere e proprie opere sulle parti comuni, di competenza del tribunale. In questo modo, apparirebbe chiara la differenza tra i due casi illustrati: altro è utilizzare uno spazio comune per collocarvi sedie e tavolini, altro è alterarne consistenza e destinazione (Cassazione, 23 gennaio 2012, n. 869, affermando la competenza del giudice di pace, aveva già ritenuto lecita l'installazione di tavolini da bar in una limitata area del cortile comune per tempi contenuti).
La ragione dell'assenza della distinzione tra modalità d'uso e realizzazione di opere nelle sentenze citate risiede nel fatto che in materia di condominio si continuano a richiamare – a parere di chi scrive, impropriamente – norme che riguardano l'uso delle parti comuni per decidere della legittimità di vere e proprie opere sulle parti comuni. Basti pensare che l'apertura di una finestra in un muro perimetrale è comunemente considerata un modo di usare quel muro anziché – in modo più aderente alla realtà – un'opera potenzialmente lesiva del decoro architettonico o della stabilità dell'edificio.

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