Condominio

I comuni non possono rifiutare i contributi alle strade vicinali se queste sono pubbliche

di EdoardoValentino

Negli ultimi anni le pubbliche amministrazioni hanno cercato di limitare le spese al fine di tutelare la loro situazione economica, talvolta precaria.
In questo tentativo di razionalizzare le uscite, tuttavia, vi sono stati dei tagli di spese non consentiti dalla legge e deleteri per il buon andamento dei comuni e il benessere dei cittadini.
Un esempio di ciò può essere rinvenuto nel taglio dei contributi pubblici per la gestione delle strade vicinali.
Molte città, difatti, hanno abitazioni e condomini siti in strade vicinali, ossia strade di natura privata con uso pubblico.
Queste strade sono state inserite nel novero delle strade locali nella categorizzazione operata a seguito della riforma del Codice della Strada (Decreto Legislativo numero 285 del 30 aprile 1992 e successive modifiche).
In buona sostanza, quindi, queste strade sono di proprietà di privati, ma devono essere aperte al pubblico e quindi non possono essere chiuse con cancelli e sbarre.
La disciplina delle strade vicinali era contenuta nell'oggi abrogato Decreto Legislativo Luogotenenziale numero 1446 del 1918 che prevedeva che “il Comune è tenuto a concorrere nella spesa di manutenzione, sistemazione, e ricostruzione delle strade vicinali soggette al pubblico transito in misura variabile da un quinto sino alla metà della spesa, secondo la diversa importanza delle strade”.
In ragione della pubblica utilità della strada, quindi, la pubblica amministrazione era obbligata a versare un corrispettivo annuale a titolo di rimborso delle spese effettuate per il mantenimento della stessa.
A seguito dell'abrogazione della normativa, tuttavia, la disciplina non è variata in quanto – come affermato da un parere della Corte dei Conti del 2009 – “l'abrogazione del D.L. Lgt. 1446/1918 non comporta, a parere di questo Collegio, la eliminazione dei consorzi già costituiti in base a tale antica normativa”.
In buona sostanza, quindi, la Corte dei Conti ha confermato la sussistenza del diritto al rimborso in capo ai consorzi di strade vicinali esistenti prima dell'abrogazione della citata normativa.
Al fine di percepire il rimborso dal Comune, però, le strade vicinali devono avere alcune caratteristiche in mancanza delle quali la pubblica amministrazione può legittimamente omettere i versamenti.
Come già evidenziato, infatti, la strada vicinale ove sorge il condominio deve essere soggetta ad uso pubblico e quindi consentire il passaggio della generalità dei veicoli e non solo dei residenti.
Deve inoltre sussistere una concreta idoneità della strada a soddisfare esigenze di carattere generale, ossia avere funzione di collegamento tra la pubblica via ed altri luoghi di pubblico interesse (come strade, chiese o parcheggi).
Secondo la Corte di Cassazione, inoltre, per il solo motivo di collegamento viario e attraversamento del centro abitato, viene a crearsi una vera e propria servitù pubblica sulla strada vicinale della quale è titolare la collettività dei soggetti che ne usufruiscono (si veda sentenza Corte di Cassazione numero 58 dell'8 gennaio 1996), e con i relativi obblighi manutentivi in capo alla pubblica amministrazione.
Il Comune avrà in tal caso l'obbligo di sobbarcarsi parte delle spese di manutenzione e gestione (dal rifacimento dell'asfalto allo sgombero della neve) in misura variabile dal 20% al 50%.
E' possibile sostenere comunque che, in assenza di questi requisiti di carattere pubblicistico, non vi sia alcun obbligo contributivo da parte dei comuni, essendo la strada in questione utile unicamente agli abitanti che vi risiedono e quindi prettamente privata.
Vale la pena di specificare che, in questo ultimo caso, in assenza di elementi di uso pubblico e di contributi del comune, la strada vicinale sarà da considerarsi a tutti gli effetti privata e conseguentemente gli abitanti dei condomìni che la compongono potranno disporne la chiusura con cancelli o barriere mobili.

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