Condominio

Il condominio non risponde dei danni dell'appaltatore sulla proprietà privata

di Rosario Dolce

Non sussiste alcuna responsabilità solidale del condominio e del suo amministratore per i danni arrecati dall'appaltatore durante l'esecuzione dei lavori all'interno degli immobili privati. Ciascun condomino, in forza della regola della c.d. rappresentanza reciproca, può agire direttamente contro l'impresa appaltatrice, se non avverso la direzione lavori, ove ne sussistano le condizioni.
A ribadire il principio ha pensato una recente Sentenza del Tribunale di Palermo, emessa in data 21 settembre scorso.
Ecco il fatto. La facciata trecentesca di un palazzo monumentale del centro storico palermitano è stata interessata a ingenti lavori di restauro, che hanno determinato la rimodulazione anche degli infissi di ogni singola unità immobiliare.
Il proprietario dell'ultimo piano (tizio) ha così consentito l'accesso delle maestranze condominiali all'interno del proprio immobile. Nel mentre dell'esecuzione delle opere, ha aperto un contraddittorio con la direzione lavori condominiale, circa l'apertura degli infissi che, a suo avviso, doveva avvenire all'esterno del piccolo balconcinoe non all'interno, come da progetto. E così ha ottenuto che si disponesse, salvo poi dolersi posteriormente della scelta per aspetti di carattere tecnico. A distanza di un anno circa dalla chiusura delle opere, Tizio metteva in mora il Condominio, chiedendo il risarcimento del dannoper quanto asseritamente subito. Sulla scorta di tali premesse ha poi agito in giudizio.
Il Condominosi è costituito in causa ritualmente, eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva a resistere a siffatta domanda. Ha affermato che la responsabilità dell'occorso, ove fosse effettivamente provata, sarebbe da imputare direttamente alla impresa appaltatrice e alla stessa direzione lavori, in quanto trattasi di lavori, che, seppure discendenti da commessa condominiale, sono stati svolti su parti strutturali private. Ha chiesto e poi ottenuto di provvedere alla chiamata in causa dei predetti terzi per essere manlevato dalle ipotetiche responsabilità discendenti dal caso.
Così configurata la materia del contendere, il Giudice adito ha accolto in pieno la domanda preliminare e pregiudiziale formulata dal condominio.Nello specifico,ha ritenuto che nell'appalto di opere condominiali occorre distinguere i lavori che vengono eseguiti su parti comuni da quelli che invece incidono su parti private. Rispetto a questi ultimi il condòmino(Tizio) ha azione diretta nei soli confronti dell'appaltatore e della direzione lavori, ove lamenti la non corretta esecuzione delle opere alla regola dell'arte. La pronuncia, in proposito, richiama un filone giurisprudenziale recondito: il quale, già in passato, avevastabilitoche l'azione di risarcimento del danno connessa alla garanzia di cui agli articoli 1667, 1669 andrebbe proposta soltanto dai condomini proprietari nei confronti dell'appaltatore e non anche dal condominio (ex multis, Cass. Civ. 24301/2006; 5613/1996).
Sulla scorta di quanto sopra, il Giudice de quoha concluso affermando che, nel caso di denuncia di vizi sull'opera formulata da parte dei condomini, : “..non sussiste l'obbligo del condominio di agire per fare valere la garanzia per i vizi della cosa”.
La appena definita configurazione giuridica del rapporto tra appaltatore - direttore dei lavori, da una parte, e condominio e condòmini, dall'altra parte, rispetto le opere eseguite su parti private, ha chiaramente spiegatorefluenzeanche sotto il profilo processuale. In punto, il Giudice Palermitano ha meditato sugli effetti dell'azione esercitata da parte dell'attore (Tizio) rispetto la sfera soggettivadei terzi chiamati in causa (solo) da parte del condominio convenuto. Degna di rilievo è l'argomentazione parimenti tratta. E segnatamente: “Va osservato che non si tratta di estensione della domanda di garanzia in senso stretto, in quanto il condominio convenuto avendo preliminarmente eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva ha indicato e chiamato in causa quali legittimati passivamente in ordine alla domanda di risarcimento del danno il direttore dei lavori e la ditta esecutrice. Da qui deve ritenersi ininfluente che parte attrice abbia esteso la domanda nei confronti dei terzi chiamati in causa, diversamene invece la domanda sarebbe da considerarsi inammissibile nei confronti delle società convenuta in quanto non notificale.”. Il terzo, in effetti, può essere chiamato in causa, ai sensi dell'art. 106 c.p.c., sia perché risponda in luogo del convenuto, sia perché venga condannato a rispondere di quanto il convenuto sarà eventualmente tenuto a prestare all'attore. Nel primo caso, quando l'affermazione della responsabilità dell'obbligato principale e del garante trovano fondamento nel medesimo titolo, la garanzia si definisce “propria”; nel secondo caso, quando la responsabilità dell'uno e dell'altro traggono origine da rapporti o situazioni giuridiche diversi, la garanzia si definisce “impropria”(Cass., sez. III, 8 agosto 2002, n. 12029, m. 556848, Cass., sez. I, 30 settembre 2005, n. 19208, m. 584004).
Ciò posto, il principio che è dato trarre dalla pronuncia in disamina può così massimizzarsi. L'azione di risarcimento nei confronti dell'appaltatore e/o dei direttori dei lavori per i danni derivati a causa della non corretta e regolare esecuzione delle opere all'interno di immobili privati ubicati nel condominio degli edifici, può essere promossa direttamente da parte ciascuno dei compartecipi che ne lamenta la sussistenza, laddovelegittimati in proprio ad agire pur se icontratti originari sonostati stipulati dall'amministratore.

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