Condominio

L’usucapione è interrotta con notifica a entrambi i coniugi «occupanti» in comunione

di Maria Luigia Aiani

Anche la Suprema Corte di Cassazione conferma il principio che, nel matrimonio, vi sono due corpi ed un'anima. Con la sentenza 12192 depositata il 12/06/15, viene consolidato il principio in base al quale gli atti interruttivi del possesso utile all'usucapione, per essere efficaci, devono essere proposti nei confronti di ambedue i coniugi in regime di comunione legale. In caso contrario il possesso non viene scalfito e matura l'usucapione quale forma di acquisizione a titolo originario della proprietà immobiliare o dei diritti reali. Per meglio comprendere il principio si devono considerare i seguenti aspetti:
• l'usucapione è conseguente al possesso ultraventennale (decennale se vi è un titolo astrattamente idoneo all'acquisto) del bene immobile o del diritto reale (servitù, usufrutto, uso, abitazione …);
• caratteristica necessaria è rappresentata dal trattenere il bene, o la diversa situazione, come fosse proprio ancorchè con la consapevolezza della altruità ed anche contro la titolarità dei terzi. Pertanto, giusto tale aspetto, non sono valevoli, ai fini di eventuali interruzioni, le richieste o altre iniziative non giudiziali, da parte dei legittimi titolari dei diritti;
• l'usucapione, giusto quanto sopra, è interrotta solo in due ipotesi: o con il riconoscimento che l'usucapiente fa del diritto nei confronti del legittimo titolare o con la domanda (esclusivamente) giudiziale di costui nei confronti dell'usucapiente. Escluso pertanto e come molti pensano, che eventuali diverse iniziative del proprietario siano utili al recupero del bene. Sotto tale profilo, pertanto, le richieste verbali, a mezzo raccomandata o comunque comportamenti che non realizzino il riacquisto del possesso, non hanno alcun effetto nei confronti di chi esercita il medesimo;
• da considerare, ulteriormente, che la valutazione di tali comportamenti utili o meno all'eventuale interruzione, compete, in caso di contenzioso, al giudice del merito.
Chiariti questi aspetti, la sentenza citata affronta il tema del possesso utile all'usucapione nel caso di comunione legale tra coniugi. Affronta, il deciso, l'aspetto della eventuale possibile interruzione della situazione di fatto (il possesso, infatti, è definito come …. il potere sulla cosa che si manifesta in un'attività corrispondente all'esercizio della proprietà o di altro diritto reale …) capace di portare all'acquisizione del bene, quando ciò avvenga, come detto, nei confronti o da parte di coniugi in regime di comunione legale. E' noto, infatti, che in tale situazione, l'acquisto di beni da parte del marito o della moglie si estende, salvo gli specifici casi di esclusione (articolo 179 del Codice civile), in via automatica all'altro coniuge (articolo 177 del Codice civile). A seguito di ciò si ritiene ed è evidente che, il possesso a favore di uno, opera anche a favore dell'altro. Risulterebbe, infatti, incompatibile ed incomprensibile l'estensione dell'acquisto per usucapione a fronte di un possesso in capo ad uno solo dei due interessati.
Trattandosi, quindi, di situazioni inerenti a diritti reali (diritti, pertanto, inerenti agli immobili) e non di diritti di obbligazione (diritti inerenti al credito) gli eventuali atti interruttivi (riconoscimento o domanda giudiziale) devono essere proposti o subiti da parte o nei confronti di ambedue i coniugi in regime di comunione. Nel caso di specie, infatti, non è applicabile il principio in tema di diritti di obbligazione solidali per i quali, la prescrizione del diritto fatta valere nei confronti di un singolo, si estende anche agli altri condebitori. Nell'usucapione l'interruzione deve riguardare contemporaneamente ambedue i coniugi. Pertanto, eventuali comportamenti che potessero ritenersi come interruttivi (quali il riconoscimento a favore del legittimo proprietario o l'azione giudiziale diretta al recupero del bene promossa da quest'ultimo) se non posti in essere da o contro i consorti non hanno effetto. Nel caso di specie si era ritenuto che, la proposta di restituzione del bene manifestata dal solo coniuge usucapiente a favore del proprietario, in quanto operata solo dal marito, senza alcun intervento da parte della moglie, non aveva alcun effetto ai fini della maturazione del termine ventennale utile all'usucapione.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©