Condominio

Legittimazione processuale, all’amministratore un’autonomia riconosciuta

di Ettore Ditta

L'amministratore condominiale può resistere all'impugnazione della delibera assembleare e può proporre appello o ricorso per cassazione contro una sentenza, senza necessità di avere una autorizzazione o ratifica da parte dell'assemblea, perchè l'esecuzione e la difesa delle deliberazioni assembleari rientrano fra le attribuzioni proprie dell'amministratore. Questo è stato opportunamente deciso dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 8309 del 23 aprile 2015, che richiama due sue precedenti decisioni (n. 1451/2014 e n. 27292/2005), ma che così si contrappone così al principio enunciato dalle Sezioni Unite con la nota sentenza n. 18331 del 6 agosto 2010, secondo cui l'amministratore deve essere sempre autorizzato dall'assemblea per agire o costituirsi validamente in giudizio.
Le Sezioni Unite hanno adottato un principio che è stato giustificato con la necessità di consentire ai condomini di avere l'opportunità, in una apposita assemblea, di esprimere il proprio dissenso alla lite ai sensi dell'articolo 1132 del Codice civile, ma in questo modo per il condominio interessato si complica parecchio la possibilità di difendersi nel giudizio civile, come succede se nell'assemblea non viene raggiunta la maggioranza costitutiva o quella deliberativa, perfino nel caso in cui venga impugnata una delibera (che evidentemente in una precedente assemblea è stata approvata dagli stessi condomini).
Al contrario la facoltà per l'amministratore di agire o di costituirsi in giudizio (che peraltro gli amministratori in passato hanno sempre esercitato poco e solo nei casi urgenti, preoccupandosi di convocare al più presto i condomini per la ratifica dell'azione giudiziaria e così di permettere loro di esprimere un eventuale dissenso), consente al condominio di fare procedere la causa senza rallentamenti, lasciando comunque ai condomini la possibilità di chiedere conto all'amministratore delle sue scelte, se ritenute inopportune. Entrambe le posizioni trovano quindi una valida giustificazione, ma come si possono conciliare ? I giudizi civili purtroppo già soffrono una durata eccessiva e la indiscriminata necessità di una autorizzazione assembleare può rallentarli ancora di più.
La soluzione preferibile la offre la stessa sentenza n. 8309/2015, nella parte in cui richiama la precedente decisione della Cassazione n. 1451 del 23 gennaio 2014, che ha valutato la portata della decisione dalle Sezioni Unite n. 18331/2010, ritenendo però che non pone alcun ostacolo, in quanto l'ambito applicativo della regola della necessità dell'autorizzazione assembleare si riferisce solo ai giudizi che esorbitano dai poteri dell'amministratore previsti dai primi due commi dell'articolo 1131, mentre l'esecuzione delle deliberazioni dell'assemblea e la loro difesa rispetto alle impugnazioni rientrano nelle attribuzioni proprie dell'amministratore; infatti nella sua sfera di competenze ordinarie o incrementate dall'assemblea - osserva la sentenza - l'amministratore dispone di autonomi poteri di rappresentanza processuale, anche perchè altrimenti risulterebbe defatigatorio e frutto di un assurdo “iperassemblearismo” costringere l'amministratore a convocare ogni volta i condomini per ottenere il nulla osta ad agire o resistere al giudizio monitorio sul pagamento degli oneri condominiali o alla causa per far osservare il regolamento o all'impugnativa di una delibera assembleare o per chiedere la ratifica riguardo ad un procedimento cautelare diretto a preservare le parti comuni dello stabile.

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