Condominio

Riscaldamento, sull’aggravio di spese per il distacco si fa riferimento alle norme Uni

di Rosario Dolce

L'articolo 1118 codice civile, quarto comma, disciplina il diritto di rinunciare all'utilizzo dell'impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento, se dal suo distacco non vengano generati degli squilibri termici o aggravi di spesa a carico degli altri partecipanti. In tal caso il rinunziante è tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione ordinaria dell'impianto e per la sua conservazione e messa a norma.
Il condòmino distaccato però continua ad essere obbligato alla partecipazione delle spese di consumo del carburante o di esercizio ogni qual volta il costo di esercizio dell'impianto dopo la separazione non diminuisce e gli altri partecipanti, pertanto, sono gravati dall'imputazione della quota relativa precedente spettanza (tra le tante, Cassazione civile 9526/2014).
Il parametro principale per valutare l'aggravio dei costi è stato quindi individuato, da parte della giurisprudenza di legittimità (ante riforma), nelle spese di acquisto del carburante.
Per il Tribunale di Firenze – con la sentenza n 535 del 19 febbraio 2015 - tale criterio non è più attendibile e va rinnovato (si consideri che il fatto storico da cui prende spunto la vicenda postula la impugnativa di una delibera assembleare che negava il distacco ad un condòmino istante).
I costi di esercizio di una centrale termica condominiale dipendono da diversi elementi di eterogenea natura: si pensi al cattivo funzionamento dell'impianto per vetustà, all'aumento del costo del gas, alla rigidità di una stagione invernale rispetto ad un'altra; per fare solo alcuni esempi.
Le spese relative all'acquisto del combustibile sono solo una componente del costo complessivo dell'impianto.
L'aggravio o un ipotetico risparmio in conseguenza di un distacco non può, quindi, essere ricondotto a una semplice operazione matematica. Occorrono parametri tecnici assodati, anche per garantire la “certezza del diritto”.
Nella fattispecie, il Tribunale toscano li ha rinvenuti nella norma UNI-CTI 102000 del 2013.
Siffatta disciplina - elaborata dalla Commissione Tecnica 803 a supporto delle disposizioni legislative in materia di ripartizione delle spese (stante i contenuti della Direttiva 2012/27/UE del 25 ottobre 2012) -, esplica i criteri per dividere la spesa totale di riscaldamento e acqua sanitaria all'interno degli edifici di tipo condominiale dotati di impianto termico centralizzato.
Il principio legale si basa sulla ripartizione del costo del calore prodotto dal generatore (che dipende, a sua volta, dal costo del vettore energetico e dall'efficienza dell'impianto) in due componenti valoriali: il consumo volontario e il consumo involontario.
Il consumo volontario è la componente del costo variabile ad utente/condòmino e andrebbe commisurata in ragione dei dispositivi di termoregolazione (valvola termostatica o termostato) e dei consumi ivi registrati.
Il consumo involontario è, invece, la componente fissa del costo imputabile ad ogni utente/condòmino, la quale andrebbe ripartita sulla scorta dei millesimi di riscaldamento (intesi, dalla norma UNI 10200, come millesimi di potenza termica installata o millesimi di fabbisogno periodico).
Per il citato tribunale, la determinazione del predetto “aggravio di spese” (di cui discorre l'articolo 1118, comma IV, codice civile) andrebbe commisurata precipuamente al parametro del consumo involontario. E segnatamente: “…su quest'ultima componente dovrebbe focalizzarsi l'attenzione per la determinazione di quei costi, non dipendenti dalla volontà dei singolo condomino che, in caso di distacco, determinerebbe un aggravio per i restanti condòmini allacciati. A titolo esemplificativo e non esaustivo possiamo ricondurre questa voce le perdite del camino e alle dispersioni termiche della rete di distribuzione alle singole unità immobiliari. Un richiamo alla suddivisione delle spese di riscaldamento in una “quota fissa” da deliberarsi in assemblea e in una “quota a consumo”, si rinviene anche nel Decreto della Giunta Provinciale di Bolzano….”.
Sulla scorta di tale presupposto, e a fronte degli esiti della CTU (con la quale è stato confermato che alcun aggravio di spesa inciderebbe nella fattispecie per coloro che continueranno ad usufruire dell'impianto di riscaldamento centralizzato) il citato decidente ha ritenuto illegittima una delibera assembleare con la quale si era negato ad un condòmino il distacco dal servizio comune.
La portata innovativa della pronuncia si coglie, tuttavia, nella individuazione di un nuovo criterio tecnico per valutare giuridicamente la legittimità del distacco dei condòmini dall'impianto di riscaldamento, sì da concedere un po' più di certezza ad una disciplina in sé alquanto aleatoria

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