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Gli «interpelli del condominio»: la competenza per materia delle controversie condominiali

di Federico Ciaccafava

Da Condominio24

Nell'ambito delle controversie condominiali, concentriamo la nostra attenzione sulla specifica questione attinente alla individuazione ed ai criteri di determinazione della competenza per materia.

D. In termini generali, cosa si intende per competenza?
R. La competenza può essere definita come la parte della giurisdizione concretamente attribuita a ciascun giudice. Le norme sulla competenza sono dettate dal legislatore per ripartire il complesso degli affari civili tra i vari uffici giudiziari, avuto riguardo, a tal fine, sia ad esigenze obiettive di economicità ed efficienza dei processi, sia agli interessi ed alle comodità delle parti. I criteri dettati a tale scopo sono distinti in tre ordini: la materia, il valore ed il territorio. Il primo, del quale ci occupiamo in questa sede in relazione al condominio negli edifici, attiene al tipo di rapporto controverso (per esempio, diritti reali immobiliari, locazioni, successioni, etc.) e, se utilizzato accortamente, ossia attraverso definizioni normative non equivoche, non crea troppi problemi all'interprete (Balena G.). Il secondo criterio investe invece il rilievo economico della causa ed incontra spesso notevoli difficoltà applicative legate alla concreta determinazione del preciso valore della lite. Combinandosi tra loro, tali criteri hanno la funzione di stabilire in senso verticale ed in modo univoco quale tra i giudici ordinari abbia la cognizione di un data lite. Il criterio del territorio opera infine in senso orizzontale, tendendo a ripartire il carico del contenzioso tra i vari uffici giudiziari presenti sul territorio nazionale: quest'ultimo poi può condurre all'individuazione di una pluralità di fori concorrenti, spettando poi all'attore la scelta tra il ventaglio di opzioni offerte.

D. Quali sono le disposizioni normative che riguardano la competenza per materia in ambito condominiale?
R. In primo luogo, occorre osservare che, ai sensi dell'art. 9 cod. proc. civ., il tribunale è competente per tutte le cause che non sono di competenza di altro giudice. Trattasi, a ben vedere, di una competenza per materia definita di carattere residuale, dovendo il tribunale ritenersi competente per tutte le controversie che non sono espressamente sottoposte alla cognizione del giudice di pace. In secondo luogo, ai sensi dell'art. 7, comma 3, n. 2), il giudice di pace è “competente, qualunque ne sia il valore, per le cause relative alla misura ed alle modalità d'uso dei servizi di condominio di case”.

D. Cosa deve intendersi per “cause relative alla misura ed alle modalità d'uso dei servizi di condominio di case”?
R. Come la migliore dottrina processualistica ha posto in risalto, dal punto di vista concettuale, per causa relativa alla misura dell'uso di un servizio comune s'intende quella in cui si controverte sulla portata quantitativa, ovvero sull'estensione del diritto di uso dei singoli condomini nei riguardi del servizio comune, cioè sui limiti di tale diritto; per causa relativa alle modalità di uso s'intende invece la lite in cui si controverte sul modo in cui il diritto d'uso dei singoli condomini, il cui ambito sia peraltro fuori discussione, debba essere esercitato. Gli stessi autori hanno comunque sottolineato come la distinzione tra le due categorie di cause, pur possibile dal punto di vista “meramente astratto”, non è sempre agevole da tradurre sul piano pratico e concreto. Quanto all'espressione uso dei servizi di condominio, la stessa si riferisce non solo ai servizi condominiali in senso tecnico, ma a tutte le cose comuni indicate nell'art. 1117 cod. civ.

D. Quali sono i principi più significativi elaborati in seno alla giurisprudenza di legittimità in ordine alla esatta individuazione di tali cause?
R. Nella giurisprudenza di legittimità, si è di recente ribadito (cfr., Cass. civ. Sent. n. 23297/2014) che, tra le cause relative alla misura ed alle modalità d'uso dei servizi del condominio, soggette alla cognizione del giudice di pace, debbono annoverarsi sia quelle che riguardano le riduzioni o limitazioni quantitative del diritto di godimento dei singoli condomini sulle cose comuni, sia quelle che concernono limiti qualitativi di esercizio delle facoltà comprese nel diritto di comunione in proporzione delle rispettive quote. Costante, inoltre, è il fondamentale principio (cfr. da ultimo, Cass. civ. Sent. n. 23281/2013), secondo il quale, nel regime del condominio negli edifici, le cause relative alle “modalità di uso dei servizi condominiali”, appartenenti alla competenza del giudice di pace a norma dell'art. 7, comma 3, n. 2), cod. proc. civ., sono soltanto le controversie nelle quali si disputi dei limiti qualitativi o quantitativi dell'esercizio delle facoltà contenute nel diritto di comunione. Ciò comporta che non possono invece essere ricomprese in tale ambito le liti nelle quali si controverta dell'esistenza, anche parziale, del diritto di comproprietà del singolo condomino, ovvero si neghi in radice un diritto vantato dallo stesso sulla cosa comune. Si ricorda inoltre che, sempre la giurisprudenza del Supremo Collegio ha affermato che nelle cause previste dall'art. 7 cod. proc. civ., comma 3, n. 2, inerenti alle modalità di uso dei servizi e dei beni condominiali, devono essere annoverate non solo quelle che scaturiscono dal rapporto di condominio inteso in senso proprio, e cioè quelle che insorgano tra il condominio ed i singoli condomini, ovvero fra i condomini, ma anche quelle, con identico oggetto, che vengono ad interessare soggetti diversi dai partecipanti alla collettività condominiale e, pur tuttavia, legittimati, per altro titolo (quale, ad esempio, la locazione di unità immobiliari comprese nello stabile in condominio, ovvero l'esercizio di diritti di servitù sulle aree di pertinenza condominiale, all'uso delle parti comuni di questo e dei servizi ad esso relativi). In altri termini, tra le cause inerenti le modalità di uso dei servizi e dei beni condominiali rientrano a pieno titolo anche quelle liti promosse nei confronti di coloro che, pur non essendo condòmini, siano comunque legittimati all'uso delle parti comuni del fabbricato condominiale. Quanto infine alla questione relativa alla individuazione di una competenza per materia in grado di attrarre l'impugnazione di una delibera assembleare, si è espressamente precisato che, ove venga impugnata una delibera assembleare, il riparto di competenza deve avvenire in base al principio contenutistico: ossia con riguardo al tema specifico del deliberato assembleare di cui l'attore con l'impugnativa intende dolersi.

D. In applicazione dei suindicati principi, nella concreta casistica, come è stata ripartita la competenza per materia tra il giudice di pace ed il tribunale?
R. Sulla scia delle regole e dei principi elaborati in seno alla Corte Suprema di cassazione, chiamata a dirimere i conflitti, è possibile tracciare un quadro in grado di rappresentare la distribuzione del contenzioso insorto in merito alla esatta individuazione del giudice competente per materia. Rientrano infatti tra le cause relative alla misura ed alle modalità d'uso dei servizi di condominio, attribuite quindi alla competenza del giudice di pace:
(i) la controversia avente ad oggetto la legittimità o meno della sosta di un'autovettura negli spazi comuni condominiali deducendo la contrarietà ad una espressa esclusione posta dal regolamento condominiale o da una deliberazione assembleare ovvero in quanto incompatibile con l'esercizio da parte degli altri condomini di loro concorrenti facoltà della stessa natura sul medesimo bene;
(ii) la controversia relativa alle modalità di custodia della chiave di accesso al lastrico solare, a nulla rilevando che l'attore abbia dedotto come fondamentale motivo di censura la mancata inclusione di tale oggetto nell'ordine del giorno dell'assemblea condominiale;
(iii) la controversia insorta a seguito dell'azione proposta da un condomino al fine di contestare la legittimità dell'individuazione assembleare del posto auto ad esso assegnato senza tenere conto dell'eccessiva difficoltà di accesso ed uscita dallo stesso;
(iv) la controversia riguardante l'installazione di una apertura automatica del portone di ingresso dello stabile mediante citofoni installati nelle singole unità immobiliari, nonché l'adozione dell'uso della chiave per l'utilizzo dell'ascensore;
(v) la controversia relativa alla misura del godimento del servizio comune di riscaldamento;
(vi) la controversia avente ad oggetto la legittimità o meno di alcune forme di utilizzazione delle parti comuni, quali l'aggancio di cavi elettrici ai muri comuni condominiali e l'installazione sui muri stessi o su tetti o su terrazze parimenti comuni di centraline elettroniche ed antenne televisive;
Non rientrano tra le cause relative alla misura ed alle modalità d'uso dei servizi di condominio, e sono pertanto attribuite alla competenza del Tribunale:
(i) la controversia riguardante i limiti di esercizio del diritto del condomino sulla sua proprietà esclusiva, derivanti da una clausola del regolamento condominiale (nel caso di specie, svolgimento da parte di un condomino di attività di laboratorio fotografico in violazione di una norma del regolamento condominiale contrattuale contenente l'obbligo di mantenimento della “destinazione d'uso del fabbricato quale zona residenziale”):
(ii) la controversia relativa al diritto di utilizzazione del pianerottolo comune, che si assume leso dall'apertura verso l'esterno (in sostituzione di quella verso l'interno) di una porta di accesso all'appartamento di proprietà di un condomino;
(iii) la controversia insorta a seguito dell'impugnazione da parte di un condomino della delibera che, destinando a parcheggio l'area del cortile condominiale, abbia operato, in violazione dell'art. 1102 cod. civ., un mutamento della naturale destinazione del predetto cortile;
(iv) la controversia in cui si disputi circa l'esistenza o l'inesistenza del diritto stesso di usare le cose comuni per determinati fini, come la lite avente ad oggetto la sussistenza o meno di un divieto di parcheggio negli spazi comuni, asseritamente imposto dal regolamento di condominio.

RIFERIMENTI NORMATIVI
Cod. civ. art. 1117
Cod. Proc. Civ. art. 7
Cod. Proc. Civ. art. 8

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