Condominio

Umidità nell’edificio: rimedi pratici e azioni di risarcimento

di Giuseppe Bordolli

Negli edifici condominiali può risultare particolarmente evidente il fenomeno dell'umidità che, senza dubbio, è tra le principali cause di degrado degli immobili.
Tale fenomeno, infatti, porta alla formazione di muffe, alterazioni di pitture e, nei casi più gravi, al distacco dell'intonaco e alla disgregazione dei muri.
Queste manifestazioni spesso si sviluppano all'interno delle abitazioni dei condomini, in ambienti dove normalmente fenomeni di condensazione non dovrebbero svilupparsi (camere da letto, saloni, eccetera).
Il problema nasce da vizi costruttivi ma non si può escludere che le condizioni per una condensa superficiale siano favorite dall'introduzione di sistemi di termoregolazione e contabilizzazione.
Umidità e vizi costruttivi delle parti comuni: la responsabilità
L'umidità che interessa gli edifici condominiali può essere causata dalla mancata od errata costruzione di vespai ma anche da un'inadeguata coibentazione delle strutture perimetrali o delle coperture dell'edificio condominiale o dalla presenza di ponti termici in corrispondenza degli infissi.
A fronte di tali problemi si rende necessaria un'azione di responsabilità per gravi difetti nei confronti del costruttore, al quale è abilitato, oltre ai condomini, l'amministratore del condominio.
Infatti, secondo la normativa condominiale, l'amministratore può chiedere non soltanto misure cautelari ma anche atti diretti a conservare le parti comuni.
Di conseguenza è legittimato a proporre l'azione contro l'appaltatore diretta a rimuovere i gravi difetti della costruzione che possano porre in pericolo la sicurezza del caseggiato, anche senza la preventiva autorizzazione dell'assemblea dei condomini (ma il passaggio in assemblea è assolutamente consigliato).
In ogni caso i fenomeni di condensazione possono essere denunciati solo se si verificano entro il decennio dal compimento dell'opera.
Inoltre il termine di un anno per la denuncia, previsto dall'art.1669 c.c. a pena di decadenza, decorre dal giorno in cui il condominio consegua un apprezzabile grado di conoscenza oggettiva della gravità dei difetti, che può aversi solo con un'indagine tecnico–peritale.
Vizi delle parti comuni ed danni da umidità al singolo condomino
Qualora una porzione di proprietà esclusiva, all'interno di edificio condominiale, risulti danneggiata a causa della presenza di vizi relativi a parti comuni (vizi, seppure imputabili all'originario costruttore-venditore), deve comunque riconoscersi al titolare di detta porzione di proprietà esclusiva la facoltà di esperire azione risarcitoria anche nei confronti del condominio.
Ne consegue che se l'umidità delle parti comuni è causa di danni ad un singolo condomino o ad un ristretto gruppo di condomini, il condominio è responsabile in via autonoma nei loro confronti (c.d. responsabilità da custodia)
Ma non si tratta di una responsabilità a titolo derivativo bensì di una autonoma fonte di responsabilità che ricorre anche se l'umidità negli appartamenti risulta causato da anomalie o vizi insorti nelle parti comuni prima dell'inizio del rapporto di custodia.
È evidente però che, laddove vi sia la presenza dei presupposti indicati, al condomino danneggiato conviene, sempre e comunque, agire sia nei confronti del costruttore, sia nei confronti del condominio (essendo la responsabilità di quest'ultimo autonoma, e quindi concorrente con quella dell'appaltatore), al fine di individuare comunque un soggetto solvibile.
Tuttavia il condominio può sollevarsi da ogni responsabilità dimostrando che i danni da umidità sono sicuramente riconducibile allo stesso danneggiato.
Così, ad esempio, il comportamento del proprietario che cambia la destinazione d'uso dell'immobile e/o la mancata areazione del locale sono fenomeni idonei ad interrompere qualsiasi collegamento tra la cosa in custodia (i muri comuni) e il danno (la muffa nei muri).
In ogni caso il risarcimento è escluso se le infiltrazioni provenienti da parti comuni dell'edificio, da cui scaturisce l'umidità del locale di proprietà esclusiva, sono riconducibili alle tecniche in uso all'epoca della costruzione dell'edificio.
Termoregolazione e contabilizzazione di calore e formazione di condensa
A seguito dell'introduzione nel caseggiato di un sistema di termoregolazione e contabilizzazione, il singolo condomino che vuole ridurre le spese o si allontana dall'abitazione per qualsiasi motivo (vacanze, trasferte di lavoro) può mettere le valvole termostatiche sullo zero (posizione antigelo).
Di conseguenza è possibile che, tenendo una temperatura minima all'interno del suo appartamento, abbassi la temperatura superficiale della parete confinante con l'appartamento di un altro condomino.
In tal modo, sulla parete divisoria, che non è coibentata, si possono creare le condizioni per una condensa superficiale che riguarderà esclusivamente l'appartamento riscaldato.
Il condomino interessato dal fenomeno potrebbe quindi essere costretto pagare di tasca propria le opere necessarie per isolare termicamente le pareti oggetto di condensa che sono rivolte verso l'ambienti freddi del vicino (e il problema potrebbe anche riguardare le pareti confinanti con il vano scale).
Del resto, non vi è alcuna disposizione di legge che obblighi a tenere una temperatura minima in casa (anzi, l'obiettivo dichiarato della legge è favorire la riduzione dei consumi energetici attraverso la contabilizzazione).

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