Condominio

Sotto la cantina non si può scavare

di Enrico Morello

La Cassazione (sentenza 11667/2015) interviene in materia di “sottosuolo”, del quale a dire del condominio (attore) un singolo condòmino (convenuto) si era in parte impossessato illegittimamente eseguendo lavori di ampliamento della cubatura dei proprii locali mediante l'abbassamento dell'originario piano di calpestio di circa 60 cm.
Da qui la richiesta del Condominio di ripristino tramite innalzamento del piano di calpestio (si veda anche l’articolo pubblicato il 20 aprile scorso su una sentenza di analogo tenore).
Il convenuto condòmino si difendeva, nei vari gradi di giudizio, sostanzialmente richiamando la disposizione di cui all'art. 1102 Codice Civile. che permette ai singoli di utilizzare parti comuni dello stabile purchè non impediscano agli altri partecipanti alla comunione di farne (anche solo ipoteticamente) parimenti uso, e ricordando che la presunzione di proprietà comune ex articolo 1117 del Codice civile deve sempre fondarsi su elementi oggettivi che rivelino l'attitudine funzionale del bene al servizio o godimento collettivo, mentre in questo caso (a parere appunto del condomino) solo la sua proprietà poteva trarre profitto dall'utilizzo di tale parte del sottosuolo.
Le argomentazioni del condòmino, tuttavia, venivano respinte dalla Suprema corte sulla base, anzitutto, di precedenti decisioni (da ultimo Cassazione 22835/2006) che avevano chiarito come lo spazio sottostante al suolo su cui sorge un edificio in condominio, in mancanza di titolo che ne attribuisca la proprietà esclusiva ad uno dei condomini, deve considerarsi di proprietà comune indipendentemente dalla sua destinazione.
Applicando il predetto principio al caso di specie, pertanto, la Suprema corte confermava appunto la decisione della Corte d'appello che aveva ritenuto illegittimo il comportamento del singolo condomino per essersi quest'ultimo appropriato (violando così la disposizione di cui all'art. 1102 Cod. civ.) di un bene comune (il sottosuolo) definitivamente sottraendolo ad ogni possibilità di godimento da parte di altri condomini.
Quale breve commento, si può osservare come non abbiano trovato risposta le eccezioni formulate dal condòmino ricorrente in merito all'essere di fatto lui l'unico che potesse utilizzare e trarre godimento dalla parte (ritenuta) comune del sottosuolo: criterio che in altri casi anche recentemente la stessa Cassazione ha utilizzato per ritenere legittimo, appunto, l'utilizzo di una parte comune da parte di un singolo condòmino purché, di fatto, egli fosse l'unico per la particolare conformazione dello stabile a poterne fare un qualche uso.
In altre parole, la Corte avrebbe forse potuto esaminare la richiesta del condòminio anche da questo ulteriore punto di vista: e cioè verificare se effettivamente lui fosse o meno l'unico che potesse utilizzare il bene, anche perché in caso di risposta positiva non si vede che danno la sua opera potesse apportare agli altri condòmini privandoli di un utilizzo del bene in questione che essi in ogni caso non avrebbero mai potuto porre in essere.

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