Gestione Affitti

Vanno provati i danni subiti in conseguenza di rumori molesti provenienti dall’appartamento soprastante

In ogni caso responsabili sono sia il proprietario che l’affittuario perché sull’immobile resta un potere di vigilanza a carico del locatore

di Selene Pascasi

Con il contratto di locazione il proprietario trasferisce all'inquilino l'uso ed il godimento sia della singola unità immobiliare, che dei servizi accessori e delle parti comuni dell'edificio. Tuttavia, conservando poteri di controllo e di custodia del bene, sarà comunque tenuto a vigilare sullo stato di conservazione delle strutture edilizie e sull'efficienza degli impianti con conseguente responsabilità per i danni eventualmente subiti da terzi.

Ma, se ad accendere la lite siano delle immissioni sonore prodotte dagli inquilini, la condanna al ristoro dei danni scatterà solo su prove adeguate salvo che si tratti di attività lavorative espressamente vietate dal regolamento. Lo puntualizza il Tribunale di Roma con sentenza 3187 del primo marzo 2022.

La vicenda
Apre lo scontro, il chiasso – spostamenti di mobilio, dialoghi a voce alta, urla, utilizzo di elettrodomestici nelle ore notturne o diurne destinate al riposo – provocato da tre studentesse. Fastidi che, contesta la proprietaria dell'appartamento sottostante, le avevano causato seri problemi viste le sue condizioni di salute già minate da patologie pressorie ed emodinamiche. Molestie, proseguite nonostante le ripetute rimostranze e gli inviti a rispettare le regole, che neanche la proprietaria dell'alloggio locato alle ragazze aveva tentato di far cessare, in ottemperanza al divieto di attività moleste sancito dal regolamento ed al più generale dovere di non danneggiare terzi previsto dall'articolo 2043 del Codice civile in tema di responsabilità extracontrattuale.

Quelle immissioni con connesse vibrazioni, marca la danneggiata, avevano leso sia la tranquillità del proprio ambiente domestico che la sua salute. Di qui, la richiesta di condanna al risarcimento dei danni patrimoniali e morali per grave alterazione dell'andamento dell'esistenza, del riposo e della tranquillità della dimora, per difficoltà a coltivare le relazioni, necessità di ricorrere a più frequenti cure, aggravarsi della patologia pressoria, aumento del presidio farmacologico e grave stress psichico. La proprietaria dell'abitazione rumorosa si difende: aveva sempre elevato vibranti proteste e, in ogni caso, nessun altro condomino si era lamentato. Le universitarie, invece, contestano i fatti rivendicando il ruolo di vittime della vicenda.

La previsione regolamentare
Domanda risarcitoria respinta per assoluta genericità delle richieste e mancata prova sia del superamento delle soglie di normale tollerabilità che del nesso causale tra il chiasso e le patologie evidenziate. La presunta danneggiata, chiarisce il Tribunale, aveva invocato l'inosservanza non solo della soglia di normale tollerabilità ma anche di una specifica clausola del regolamento. In realtà, nella fattispecie non si discuteva della violazione di una clausola del regolamento che vietasse di esercitare determinate attività. Se così fosse stato, per ritenere l'attività rumorosa illegittima non sarebbe servito indagare e la tutela si sarebbe potuta esperire anche contro la locatrice.

Del resto, il proprietario tollerante degli abusi provenienti dall'immobile locato ne risponde a titolo proprio posto che – seppur la locazione trasferisca all'inquilino l'uso ed il godimento della singola unità, dei servizi accessori e delle parti comuni – tale detenzione non esclude i poteri di controllo, vigilanza e custodia spettanti al proprietario-locatore, che conserva un vero potere fisico sul bene con tutte le conseguenze per i danni subiti da terzi. Ecco che, in solido con il conduttore, sarebbe tenuto a risarcire i danni da questi cagionati agli altri condòmini. Nella fattispecie, però, questo non si era verificato e mancavano altresì perizie o documentazioni mediche attestanti il denunciato danno alla salute, e prove dell'avvenuto superamento delle soglie di usuale tollerabilità. Inevitabile, allora, la decisione del Tribunale di Roma di respingere la pretesa.

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