Gestione Affitti

Affitti brevi e piattaforme, legittimo l’obbligo di trasmettere i dati

di Cristiano Dell’Oste e Giuseppe Latour

Una legge può obbligare gli intermediari di servizi immobiliari a conservare i dati sulle transazioni turistiche e a trasmetterli all’amministrazione finanziaria. L’importante principio è stato affermato dalla Corte di Giustizia Ue con una sentenza nella causa C-674/20.

Tutto parte da un obbligo previsto da una legge della Regione di Bruxelles: Airbnb è stata invitata a comunicare all’autorità tributaria alcune informazioni relative alle transazioni turistiche. Questo obbligo, secondo Airbnb, contrasta con il diritto Ue e con il principio della libera prestazione di servizi. Per questo, la vicenda è finita davanti alla Corte costituzionale belga, che a sua volta ha girato il problema ai giudici lussemburghesi.

Il punto centrale della sentenza è legato proprio alla libera circolazione dei servizi. Secondo la Corte, l’obbligo di fornire dati sulle transazioni delle strutture turistiche riguarda tutti i prestatori di servizi di intermediazione immobiliare, indipendentemente dal luogo in cui tali prestatori sono stabiliti e dal modo in cui essi prestano i loro servizi. Per la Corte, allora, la legge belga non è discriminatoria.

La decisione arriva mentre la Corte di giustizia Ue è impegnata ad affrontare la vertenza “italiana” di Airbnb. I giudici europei, in particolare, sono chiamati a valutare la compatibilità con il diritto comunitario della normativa nazionale (Dl 50/2017, articolo 4) che impone ai portali di effettuare una ritenuta fiscale del 21% sulle somme incassate dai locatori.

Oggi è in calendario un’udienza. Poi nelle prossime settimane sono attese le conclusioni dell’avvocato generale e, a seguire, la sentenza. La Corte Ue è stata investita della questione nel 2019 dal Consiglio di Stato (ordinanza 6219/2019). Sotto esame, tra l’altro, c’è la possibile violazione della direttiva sul mercato interno (2006/123/Ce) e di quella sul commercio elettronico (2000/31/Ce).

La società, comunque, sottolinea la diversità tra le due vicende. «Il caso belga - spiegano da Airbnb Italia - differisce sensibilmente da quello italiano discusso oggi perché non riguardava aspetti come il sostituto d’imposta o la necessità di nominare un rappresentante fiscale nell’ordinamento. Si tratta di elementi cruciali che riteniamo essere incompatibili con il diritto europeo che regola le piattaforme digitali».

Airbnb ha contestato fin dall’inizio la normativa italiana e – come molti altri portali – non ha mai applicato la ritenuta fiscale, né trasmesso in modo massivo i dati alle Entrate. Ad oggi Airbnb coopera solo sul fronte delle richieste specifiche indirizzate alla sede irlandese in base ai meccanismi di collaborazione fiscale vigenti. Ma bisogna ricordare che dal 2023 entrerà in vigore la direttiva Dac 7 (2021/514/UE) che imporrà ai gestori delle piattaforme di segnalare alle amministrazioni fiscali i dettagli relativi ai soggetti che utilizzano i loro canali per vendere prodotti e servizi.

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