Condominio

Sì all'affittacamere se il divieto non è previsto dal regolamento contrattuale

Lo stop deve essere ben specificato e non compreso in una generica previsione perché rappresenta un limite alle facoltà di godimento del bene

di Fulvio Pironti

È inopponibile il divieto di affittacamere nel caso in cui non venga provata la natura contrattuale del regolamento di condominio. È il principio espresso dal Tribunale di Roma con sentenza numero 80 pubblicata il 4 gennaio 2022. Un condominio convenne dinanzi alla curia capitolina la locatrice e locataria di un appartamento adibito ad affittacamere chiedendo l'accertamento del divieto espresso dalla clausola regolamentare, l'inibizione della attività illegittima e la condanna al risarcimento dei danni subiti.

Motivi della pronuncia
È stata appurata la circostanza che l'inquilina svolgeva nell'appartamento locato l'attività di affittacamere. Le ragioni del condominio si sono articolate sulla clausola regolamentare che vieta la destinazione degli immobili alla specifica attività di affittacamere. Il decidente ha ritenuto il divieto inopponibile alle convenute in quanto il condominio non ha provato la natura contrattuale del regolamento. Infatti, non ha prodotto la relativa delibera approvativa da cui poter evincere la natura contrattuale dello stesso. Il sodalizio, invece, si è limitato ad asserire che il deliberato era stato adottato con l'assenso di tutti i partecipanti al condominio.

Consegue che il divieto di destinazione è opponibile al singolo condomino solo quando il regolamento esprime valenza contrattuale per essere stato predisposto dall'originario proprietario dell'edificio e richiamato nei distinti rogiti d'acquisto oppure qualora sia stato approvato dall'assemblea con il consenso unanime di tutti i condòmini.Ha rilevato, altresì, che il regolamento di condominio prescrive il divieto di destinare gli alloggi a qualsiasi altro uso lesivo della tranquillità dei residenti o contrario all'igiene, alla moralità e al decoro dell'edificio. Il giudicante ha poi osservato che l'attività di affittacamere non può considerarsi compresa in una generica previsione. A sostegno, ha richiamato una pronuncia (Cassazione 21307/2016) secondo cui i divieti di destinazione alle facoltà dominicali sulle unità immobiliari devono risultare da espressioni incontrovertibili rivelatrici di chiari intenti.

Non valido un divieto generico
Perciò l'individuazione del divieto dettato dal regolamento di condominio non può avallare interpretazioni estensive.Inoltre, ha evidenziato che sporadici disturbi alla tranquillità dei condòmini causati da clienti ed avventori non possono determinare l'inibizione dell'attività di affittacamere. D'altronde, l'escussione testimoniale non ha restituito elementi significativi né, infine, sono stati documentati e monetizzati i danni cagionati alle parti comuni riconducibili all'attività di affittacamere.

Inopponibilità del divieto regolamentare
Il divieto regolamentare di esercitare l'attività di affittacamere è opponibile ai condòmini che hanno acquistato l'immobile mediante atto di vendita nel quale il regolamento risulta espressamente richiamato ed accettato (Tribunale Roma 12 maggio 2020, n. 7105). L'attività di affittacamere è incompatibile con la destinazione dell'immobile ad uso abitativo per cui non può essere intrapresa nel caso in cui il regolamento contrattuale di condominio vieti utilizzi differenti da quello abitativo (Cassazione 704/2015 e 11609/2018). La clausola del regolamento contrattuale contenente il divieto di adibire gli appartamenti ad uso diverso da quello di civile abitazione, va interpretata nel senso di consentire l'utilizzo solo per finalità residenziale con esclusione del servizio di affittacamere.

Si è anche ribadito che tutte le clausole regolamentari che vietino determinati usi o attività, per essere opponibili ai terzi acquirenti devono essere trascritte nei registri immobiliari o espressamente richiamate nei rogiti (Cassazione 6769/2018). Vale a dire che se si è acquistato l'appartamento da un condomino, le clausole contenute nel regolamento che limitano gli usi degli immobili spiegheranno efficacia nei confronti dell'acquirente qualora siano state trascritte nei registri immobiliari (devono essere trascritte le singole clausole non essendo bastevole la sola trascrizione del regolamento) oppure espressamente richiamate nei rogiti di acquisto. Se, invece, le clausole regolamentari non vennero trascritte nei registri immobiliari, né richiamate negli atti di compravendita, i divieti non saranno applicabili e l'acquirente avrà il diritto di usare l'immobile anche per destinarlo ad attività di affittacamere.

Natura contrattuale del divieto regolamentare
Il divieto deve essere contemplato in un regolamento di chiara formazione contrattuale. Se vieta le attività commerciali, non è possibile esercitare l'attività di affittacamere in quanto equiparabile alla attività imprenditoriale alberghiera. È stato precisato che «ciò che rende l'attività ricompresa fra le attività vietate è il suo caratterizzarsi quale attività commerciale, assimilabile a quella alberghiera» (Cassazione 21562/2020).Il divieto di esercitare l'attività di affittacamere rappresenta un limite alle facoltà di godimento. L'articolo 1138 Codice civile esclude che le clausole regolamentari di matrice assembleare menomino i diritti di ogni condomino risultanti dagli atti di acquisto e dalle convenzioni. Tale previsione esclude che il regolamento incida sulle situazioni soggettive dei condòmini. Solo la fonte contrattuale del regolamento può limitare l'esercizio dei poteri e facoltà dominicali traendo forza ed efficacia dal consenso degli interessati.

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