Gestione Affitti

Senza certificato di agibilità il conduttore può invocare la risoluzione del contratto

La carenza dei certificati, ivi compreso quello di agibilità, non è però argomento da far valere sul piano del vizio

di Ivana Consolo

Non è del tutto peregrina, nella quotidianità, l'ipotesi della sottoscrizione di un contratto di locazione avente ad oggetto un immobile privo del cosiddetto certificato di agibilità. Ma fino a che punto tale carenza può incidere sulla prosecuzione del rapporto contrattuale? Ce lo spiega magistralmente la nostra suprema Corte, con l'ordinanza numero 41744, emessa dalla terza sezione civile il 28 dicembre ultimo scorso .

Il caso
La conduttrice di un contratto di locazione ad uso non abitativo, conveniva in giudizio la società proprietaria dell'immobile, per chiedere l'annullamento del contratto per vizio incidente sulle qualità essenziali del bene concesso in locazione oppure, in via subordinata, la risoluzione contrattuale per inadempimento. La ricorrente, chiedeva altresì la condanna di parte locatrice al pagamento in suo favore dell'indennità di avviamento, ed alla liquidazione dell'equivalente in danaro delle migliorie apportate all'immobile; infine chiedeva la risoluzione della fideiussione bancaria sottoscritta per garantire le obbligazioni assunte con il contratto.

Vediamo per quale motivo la conduttrice era così infuriata con l'altra parte contraente. Ebbene, il motivo sta tutto nell'avere scoperto che l'immobile locato risultava privo del certificato di agibilità. Giova precisare che l'immobile in parola era la risultante del frazionamento di un immobile ben più grande, per il quale esisteva in origine l'agibilità. La società locatrice aveva fornito la certificazione relativa all'immobile originario (non frazionato), e nel contratto era presente una clausola essenziale con cui si garantiva la perfetta agibilità del locale. Secondo la conduttrice, la mancanza di un certificato di agibilità relativo specificatamente alla frazione da lei presa in fitto, si traduceva in un errore vizio; in pratica, se lei avesse saputo fin dal primo momento che la documentazione fornitale riguardava la situazione dell'immobile prima del suo frazionamento, non avrebbe mai sottoscritto il contratto, e non si sarebbe esposta al potenziale rischio di incorrere in sanzioni per avere svolto la propria attività commerciale in un locale sprovvisto del titolo di agibilità. Ecco perché invocava l'annullamento per vizio, oppure, la risoluzione del contratto per altrui inadempienza. Tuttavia, sia in primo grado che in appello, i giudici non riconoscevano come fondate le doglianze della ricorrente, che dunque si determina a rivolgersi alla nostra suprema Corte.

Errore di diritto ed errore su qualita' essenziali dell'oggetto del contratto
I giudici di Piazza Cavour, nell'esaminare la vicenda sottoposta al loro autorevole vaglio, partono anzitutto con il dare la giusta dimensione alle tesi sostenute dalla ricorrente circa la presenza di un errore tale da incidere sulla validità del contratto. Nella loro disamina, gli ermellini si soffermano su due tipologie di errore: l'errore di diritto e l'errore sulle qualità essenziali dell'oggetto contrattuale.

L'errore di diritto, ricorre ogni volta che un contraente forma la propria volontà contrattuale sulla base di un'erronea rappresentazione circa l'esistenza, l'applicabilità, o la portata di una norma di legge, e tale vizio della volontà può essere ravvisato dall'altro contraente facendo ricorso alla normale diligenza. Sulla scorta di codesta ineccepibile definizione, appare decisamente chiaro che, nel caso di specie, la ricorrente non è incorsa in alcun errore di diritto.

Veniamo ora all'errore sulle qualità essenziali dell'oggetto del contratto, che sarebbe proprio l'errore invocato dalla conduttrice fin dal primo grado di giudizio. Ebbene, secondo costante giurisprudenza, il vizio del bene concesso in locazione, per essere legittimamente invocabile, deve attenere alla struttura dell'immobile, non già al fatto che lo stesso sia corredato o meno dai titoli amministrativi necessari o indispensabili per la sua utilizzazione. La carenza dei certificati, ivi compreso quello di agibilità, non è argomento da far valere sul piano del vizio; bensì solo ed esclusivamente su quello delle reciproche obbligazioni assunte in contratto tra le parti.Secondo la Cassazione, nel caso di specie, la volontà contrattuale, il contratto medesimo, nonché il bene immobile locato, appaiono del tutto esenti da qualsivoglia vizio e/o errore; pertanto, nessuna argomentazione della ricorrente può, sotto questo punto di vista, trovare accoglimento.

La decisione della cassazione
Ma la conduttrice, ha torto su tutti i fronti? Pare proprio di no.Difatti, secondo la nostra suprema Corte, la ricorrente ha pienamente ragione nel sostenere una responsabilità per inadempienza della locatrice, da far valere ai sensi dell'articolo 1453 del Codice civile.

L'articolo citato, prevede la possibilità di chiedere ed ottenere la risoluzione del contratto se una delle parti contraenti non adempie alle obbligazioni nascenti dallo stesso, o comunque assunte con esso. Il contratto in questione, conteneva un articolo ritenuto essenziale, che prevedeva l'obbligo della locatrice a garantire che l'immobile fosse in regola con le norme edilizie ed urbanistiche, in quanto dotato di ogni titolo/certificazione necessaria per l'edificazione e l'agibilità.

Tale articolo riceveva tutela da un altro articolo del contratto, che prevedeva la risoluzione contrattuale di diritto nel caso di violazione delle clausole essenziali. La circostanza che la conduttrice si sia dovuta rivolgere ai giudici per far valere l'assenza del certificato di agibilità, la dice lunga sull'inosservanza di una clausola essenziale da parte della locatrice, e può certamente giustificare la risoluzione di diritto del contratto. Ecco quindi che la Cassazione accoglie tale unico motivo di censura, cassando con rinvio la sentenza emessa dai giudici d'appello, colpevoli di non avere dato la giusta rilevanza al contenuto essenziale del contratto.

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